La qualità degli alimenti assume una valenza sempre più rilevante nelle scelte dei consumatori. La determinazione del contenuto in metalli pesanti nel latte e nei suoi derivati, rientra nell'esigenza della tutela della qualità della vita, considerando l'impatto negativo che tali contaminanti hanno sulla nostra salute. In particolare il Piombo e il Cadmio sono elementi altamente tossici, derivanti da molti processi industriali. Conseguentemente, in un contesto ambientale che vede la presenza di insediamenti industriali e urbani in prossimità delle aree a vocazione agricola, possono essere ritrovati quali inquinanti del latte. Per questo motivo a livello legislativo sono stati fissati i contenuti massimi di Pb per il latte (20 ppb) (reg. CEE 466/2001) e sono stati proposti livelli di riferimento restrittivi anche per il Cd (5-10 ppb). Il presente lavoro ha inteso verificare sia il contenuto di Pb e Cd nel latte prelevato in zone a rischio di contaminazione, sia la loro ripartizione in funzione della tecnologia di trasformazione applicata. Le analisi sono state effettuate mediante spettrofotometria di assorbimento atomico con fornetto di grafite. I risultati dei campioni di latte di massa provenienti da due province della Lombardia, non hanno evidenziato situazioni a rischio per quanto riguarda il contenuto di questi metalli pesanti. È da rilevare una più spiccata problematica legata al Cd nella provincia a sud (53,6% di campioni positivi) rispetto alla provincia a nord (28,1%), mentre quest'ultima ha fatto registrare i livelli maggiori di Pb nel latte (circa 12 ppb nel 9.4% dei campioni). Diversa è stata la risposta di tali metalli alle trasformazioni applicate. Le cagliate ottenute per precipitazione presamica trattengono la maggior parte dei metalli aggiunti al latte e in particolare il Pb. L'acidificazione del mezzo favorisce il rilascio di Pb e Cd, anche se il secondo risulta meno sensibile. Infatti, nel caso di coagulazione acida a pH 4.5, si ha una distribuzione del Pb tra siero e cagliata pari a circa 1:1, mentre per il Cd essa è pari a circa 1:6. Questo risultato lascia ipotizzare interazioni di diversa natura tra i due metalli e la componente proteica del latte. La contaminazione da metalli pesanti nel latte non risulta costituire attualmente un rischio per la salute dei consumatori, ma può diventare un problema quando masse di latte, contenenti anche solo tracce di Pb o di Cd, vengano destinate alla trasformazione. Sebbene la situazione risulti tranquillizzante, i dati ottenuti evidenziano una inadeguatezza della legislazione attuale che considera solo i tenori massimi di Pb nel latte, ma che non pone limiti e quindi non prevede controlli, a livello dei prodotti di trasformazione.
Livelli di contaminazione di piombo e cadmio nel latte lombardo / G. Civardi, S. Gobbi, P.M. Toppino, M. Riva, G. Contarini. - In: LA RIVISTA DEL LATTE. - ISSN 0392-3827. - 2005:1(2005 Feb), pp. 20-24.
Livelli di contaminazione di piombo e cadmio nel latte lombardo
S. Gobbi;M. RivaPenultimo
;
2005
Abstract
La qualità degli alimenti assume una valenza sempre più rilevante nelle scelte dei consumatori. La determinazione del contenuto in metalli pesanti nel latte e nei suoi derivati, rientra nell'esigenza della tutela della qualità della vita, considerando l'impatto negativo che tali contaminanti hanno sulla nostra salute. In particolare il Piombo e il Cadmio sono elementi altamente tossici, derivanti da molti processi industriali. Conseguentemente, in un contesto ambientale che vede la presenza di insediamenti industriali e urbani in prossimità delle aree a vocazione agricola, possono essere ritrovati quali inquinanti del latte. Per questo motivo a livello legislativo sono stati fissati i contenuti massimi di Pb per il latte (20 ppb) (reg. CEE 466/2001) e sono stati proposti livelli di riferimento restrittivi anche per il Cd (5-10 ppb). Il presente lavoro ha inteso verificare sia il contenuto di Pb e Cd nel latte prelevato in zone a rischio di contaminazione, sia la loro ripartizione in funzione della tecnologia di trasformazione applicata. Le analisi sono state effettuate mediante spettrofotometria di assorbimento atomico con fornetto di grafite. I risultati dei campioni di latte di massa provenienti da due province della Lombardia, non hanno evidenziato situazioni a rischio per quanto riguarda il contenuto di questi metalli pesanti. È da rilevare una più spiccata problematica legata al Cd nella provincia a sud (53,6% di campioni positivi) rispetto alla provincia a nord (28,1%), mentre quest'ultima ha fatto registrare i livelli maggiori di Pb nel latte (circa 12 ppb nel 9.4% dei campioni). Diversa è stata la risposta di tali metalli alle trasformazioni applicate. Le cagliate ottenute per precipitazione presamica trattengono la maggior parte dei metalli aggiunti al latte e in particolare il Pb. L'acidificazione del mezzo favorisce il rilascio di Pb e Cd, anche se il secondo risulta meno sensibile. Infatti, nel caso di coagulazione acida a pH 4.5, si ha una distribuzione del Pb tra siero e cagliata pari a circa 1:1, mentre per il Cd essa è pari a circa 1:6. Questo risultato lascia ipotizzare interazioni di diversa natura tra i due metalli e la componente proteica del latte. La contaminazione da metalli pesanti nel latte non risulta costituire attualmente un rischio per la salute dei consumatori, ma può diventare un problema quando masse di latte, contenenti anche solo tracce di Pb o di Cd, vengano destinate alla trasformazione. Sebbene la situazione risulti tranquillizzante, i dati ottenuti evidenziano una inadeguatezza della legislazione attuale che considera solo i tenori massimi di Pb nel latte, ma che non pone limiti e quindi non prevede controlli, a livello dei prodotti di trasformazione.Pubblicazioni consigliate
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