Numerosi studi, hanno dimostrato una correlazione tra obesità e fluidità di membrana [1, 2]. Alcune recenti ricerche da noi condotte hanno messo in evidenza che gli eritrociti di donne obese rispetto a quelli dei controlli normopeso presentavano una significativa riduzione dei livelli dei principali antiossidanti, della fluidità e del rapporto tra gli acidi grassi omega-3 e omega-6 delle loro membrane, e che le tali alterazioni strutturali e funzionali erano significativamente più marcate nelle obese con sindrome metabolica [3]. La letteratura scientifica ha dimostrato che la fluidità e la composizione fosfolipidica delle membrane eritrocitarie correla significativamente con quella delle cellule neuronali e di molti altri tessuti, e che l’alterata fluidità delle membrane neuronali concorre a ridurre l’efficienza dei recettori per i mediatori del controllo della sazietà e della termogenesi dell’asse “gut-brain” (anandamide, 2-o-arachidonoil-glicerolo, neuropetide Y, Agouti-related peptide, etc.). Da tutto ciò si evince che queste alterazioni strutturali e funzionali delle membrane degli obesi possono contribuire a peggiorare ulteriormente il controllo del peso corporeo ed il rischio di insorgenza della sindrome metabolica. Inoltre, la perdita di fluidità delle membrane e la riduzione dei livelli dei principali antiossidanti diminuisce a livello mitocondriale l’efficienza degli enzimi della catena respiratoria nel produrre ATP. Di conseguenza si riduce l’attività delle ATP-asi per lo ione Ca e ciò comporta un aumento della sua concentrazione intracellulare. L’aumento del Ca attiva la fosfolipasi A2 e promuove il rilascio dai fosfolipidi degli acidi grassi polinsaturi della serie omega-6 (ac. Arachidonico) e della serie omega-3 (ac. Docosaesanoico, DHA). Numerose sono le correlazioni tra queste alterazioni metaboliche e l’obesità. In particolare, le evidenze della letteratura dimostrano che: • A livello cerebrale, il calo del DHA legato ai fosfolipidi (DHA-PL) concorre a promuovere: a) un ulteriore irrigidimento delle membrane e di conseguenza un aumento della resistenza all’insulina; b) l’attivazione delle lipo- e delle ciclo-ossigenasi e di conseguenza un aumento dell’infiammazione e della vasocostrizione tissutale; c) il rilascio (DHA-PL- indotto) di diversi mediatori che concorrono ad aumentare la sensazione di fame ed a regolare la termogenesi. • A livello epatico, il calo del DHA-PL diminuisce sia la beta-ossidazione perossisomale degli acidi grassi che l’attività della stearoil-coenzima A desaturasi; un calo d’attività di quest’ultimo enzima si è dimostrato strettamente correlato con l’aumento della steatosi epatica, dell’insulino- resistenza e del peso corporeo. • A livello eritrocitario, infine, il calo di DHA-PL, promuovendo un irrigidimento della membrana rallenta le velocità di cessione dell’ossigeno ai diversi tessuti. Da qui, una diminuzione del metabolismo ossidativo e della termogenesi ed un aumento dell’infiammazione. Alla luce di tutte queste evidenze scientifiche si può dunque concludere che uno degli obiettivi più importanti da perseguire per assicurare il corretto funzionamento dei mediatori dell’asse “gut- brain”, atto a prevenire sia l’obesità che la sindrome metabolica, è quello di contrastare il calo del DHA-PL conseguente alla diminuzione di fluidità delle membrane ed all’aumento del Ca e dei processi d’infiammazione e di perossidazione ad esso correlati. [1] D.A. Pan, A.J. Hulbert, L.H. Storlien, J Nutr 124 (1994) 1555-1565. [2] A. Scalbert, G. Williamson, J Nutr 130 (2000) 2073S-2085S. [3] R. Cazzola, M. Rondanelli, R. Trotti, B. Cestaro, J Nutr Biochem. Available online 8 July 2010 doi:10.1016/j.jnutbio.2010.03.007

Obesità, omega-3 e fluidità di membrana / B. Cestaro, R. Cazzola. ((Intervento presentato al 2. convegno Atti Congresso Nazionale della Società Italiana di Nutraceutica - SINUT tenutosi a Milano nel 2011.

Obesità, omega-3 e fluidità di membrana

B. Cestaro;R. Cazzola
2011

Abstract

Numerosi studi, hanno dimostrato una correlazione tra obesità e fluidità di membrana [1, 2]. Alcune recenti ricerche da noi condotte hanno messo in evidenza che gli eritrociti di donne obese rispetto a quelli dei controlli normopeso presentavano una significativa riduzione dei livelli dei principali antiossidanti, della fluidità e del rapporto tra gli acidi grassi omega-3 e omega-6 delle loro membrane, e che le tali alterazioni strutturali e funzionali erano significativamente più marcate nelle obese con sindrome metabolica [3]. La letteratura scientifica ha dimostrato che la fluidità e la composizione fosfolipidica delle membrane eritrocitarie correla significativamente con quella delle cellule neuronali e di molti altri tessuti, e che l’alterata fluidità delle membrane neuronali concorre a ridurre l’efficienza dei recettori per i mediatori del controllo della sazietà e della termogenesi dell’asse “gut-brain” (anandamide, 2-o-arachidonoil-glicerolo, neuropetide Y, Agouti-related peptide, etc.). Da tutto ciò si evince che queste alterazioni strutturali e funzionali delle membrane degli obesi possono contribuire a peggiorare ulteriormente il controllo del peso corporeo ed il rischio di insorgenza della sindrome metabolica. Inoltre, la perdita di fluidità delle membrane e la riduzione dei livelli dei principali antiossidanti diminuisce a livello mitocondriale l’efficienza degli enzimi della catena respiratoria nel produrre ATP. Di conseguenza si riduce l’attività delle ATP-asi per lo ione Ca e ciò comporta un aumento della sua concentrazione intracellulare. L’aumento del Ca attiva la fosfolipasi A2 e promuove il rilascio dai fosfolipidi degli acidi grassi polinsaturi della serie omega-6 (ac. Arachidonico) e della serie omega-3 (ac. Docosaesanoico, DHA). Numerose sono le correlazioni tra queste alterazioni metaboliche e l’obesità. In particolare, le evidenze della letteratura dimostrano che: • A livello cerebrale, il calo del DHA legato ai fosfolipidi (DHA-PL) concorre a promuovere: a) un ulteriore irrigidimento delle membrane e di conseguenza un aumento della resistenza all’insulina; b) l’attivazione delle lipo- e delle ciclo-ossigenasi e di conseguenza un aumento dell’infiammazione e della vasocostrizione tissutale; c) il rilascio (DHA-PL- indotto) di diversi mediatori che concorrono ad aumentare la sensazione di fame ed a regolare la termogenesi. • A livello epatico, il calo del DHA-PL diminuisce sia la beta-ossidazione perossisomale degli acidi grassi che l’attività della stearoil-coenzima A desaturasi; un calo d’attività di quest’ultimo enzima si è dimostrato strettamente correlato con l’aumento della steatosi epatica, dell’insulino- resistenza e del peso corporeo. • A livello eritrocitario, infine, il calo di DHA-PL, promuovendo un irrigidimento della membrana rallenta le velocità di cessione dell’ossigeno ai diversi tessuti. Da qui, una diminuzione del metabolismo ossidativo e della termogenesi ed un aumento dell’infiammazione. Alla luce di tutte queste evidenze scientifiche si può dunque concludere che uno degli obiettivi più importanti da perseguire per assicurare il corretto funzionamento dei mediatori dell’asse “gut- brain”, atto a prevenire sia l’obesità che la sindrome metabolica, è quello di contrastare il calo del DHA-PL conseguente alla diminuzione di fluidità delle membrane ed all’aumento del Ca e dei processi d’infiammazione e di perossidazione ad esso correlati. [1] D.A. Pan, A.J. Hulbert, L.H. Storlien, J Nutr 124 (1994) 1555-1565. [2] A. Scalbert, G. Williamson, J Nutr 130 (2000) 2073S-2085S. [3] R. Cazzola, M. Rondanelli, R. Trotti, B. Cestaro, J Nutr Biochem. Available online 8 July 2010 doi:10.1016/j.jnutbio.2010.03.007
feb-2011
obesità ; omega_3 ; fluidità di membrana
Settore BIO/10 - Biochimica
Obesità, omega-3 e fluidità di membrana / B. Cestaro, R. Cazzola. ((Intervento presentato al 2. convegno Atti Congresso Nazionale della Società Italiana di Nutraceutica - SINUT tenutosi a Milano nel 2011.
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