L’incremento demografico delle popolazioni di ungulati selvatici che si è registrato negli ultimi anni all’interno del territorio italiano ha fatto emergere la necessità di mettere a punto piani di gestione volti a porre un equilibrio tra le attività antropiche e la presenza faunistica, permettendo un utilizzo sostenibile di questa risorsa naturale rinnovabile. Partendo proprio da questo concetto, nell’ambito di un’iniziativa promossa dall’Associazione Ars.Uni.Vco. di Domodossola, con la collaborazione dell’Università di Milano (Dipartimenti VESPA e DISAA), Unione dei Comuni dell’Alta Ossola, con il contributo di Fondazione Cariplo e dei Comprensori Alpini VCO2-Ossola Nord e VCO3-Ossola Sud, si è costruito un progetto denominato “PROCESSI DI FILIERA ECO-ALIMENTARE: la gestione di un prodotto sostenibile per lo sviluppo dei territori alpini” che ha avuto come scopo la gestione sostenibile degli ungulati selvatici con la finalità di valorizzare le carni di selvaggina attraverso la creazione di una filiera di qualità certificata. Nell’ottica della creazione di un prodotto certificato di qualità sono state condotte analisi sul rilevamento dei valori di pH come importante mezzo per una prima valutazione della qualità e della salubrità delle carcasse di cervo. In linea con tale scopo, al fine di valutare l’idoneità del prodotto anche dal punto di vista sensoriale (caratteristica non irrilevante se consideriamo che è proprio questo l’aspetto che in primis viene valutato dal consumatore) è stata associata anche un’analisi colorimetrica delle carni di cervo su un campione di 181 capi prelevati nei CA VCO2-Ossola Nord e VCO3-Ossola Sud nella stagione venatoria 2017. Successivamente è stata effettuata un’analisi statistica dei valori di pH e degli indici colorimetrici L*, a* e b* confrontando classi di età, intervalli tra tempo di abbattimento e misurazione del pH, modalità di abbattimento e gestione della carcassa. L’indagine relativa alla valutazione del pH delle carni si è rilevata fondamentale sia per valutare i rischi connessi alla gestione della carcassa, sia per validare il prodotto finale con un metodo rapido, semplice e oggettivo, nell’ambito della verifica del rispetto delle procedure date dal disciplinare di produzione. Dalle analisi effettuate emerge, in maniera statisticamente significativa, che i valori di pH più bassi vengono registrati nei cervi abbattuti con colpi immediatamente mortali e correttamente dissanguati. Le misure colorimetriche hanno evidenziato una correlazione significativa con l’età dell’animale: i valori a* e b* sono risultati più alti nei soggetti Classe 0 rispetto agli adulti. Relativamente all’indice di luminosità, si è osservata una correlazione con le modalità di abbattimento e di manipolazione post-mortem dell’animale, evidenziando come gli animali prelevati correttamente e dissanguati rapidamente, abbiano carni più chiare. Tale aspetto è influenzato anche dal maggior abbassamento del pH in queste carcasse. Dai risultati ottenuti da queste valutazioni colorimetriche, interpolando i dati, è emerso che il valore ottimale di pH, quale limite discriminante della qualità delle carni di cervo, al fine di identificare i capi che possano essere destinati a far parte di una filiera certificata, è pari a 5,87. Al di sotto di tale valore la carne va infatti incontro a quei fenomeni fisici e biochimici che consentono di ottenere un prodotto dalle caratteristiche sensoriali relative al colore/aspetto ottimali. Inoltre, con tale valore di pH si osservano valori di luminosità, di indice di rosso e di giallo più elevati rispetto a quelli che non hanno raggiunto tali valori. Questa variazione nella colorazione delle carni può essere associata al cambiamento conformazionale che la struttura della mioglobina subisce in relazione ai valori di pH rilevati a carico del muscolo. Dai risultati ottenuti è emerso come sia fondamentale l’istituzione di corsi di formazione per i cacciatori che possono dare loro tutti gli strumenti utili ad eseguire tecniche di manipolazione, eviscerazione e trasporto dei capi al fine di ottenere, anche nell’ambito dell’attività venatoria, un prodotto con caratteristiche igienico-sanitarie e sensoriali ottimali. In ultima analisi questa indagine ha messo in evidenza come, per la creazione di una filiera di qualità, risulti indispensabile la creazione di piani volti alla legalizzazione e alla certificazione del prodotto selvaggina affinché questa carne possa essere opportunamente valorizzata e possa contribuire, attraverso un prodotto sostenibile a chilometro zero, al rilancio dell’economia rurale alpina.
Analisi colorimetrica delle carni di cervo (Cervus elaphus) in relazione ai valori di pH e alle buone pratiche di gestione / F. Riccardi, R. Viganò, M. Besozz, S. Iametti. ((Intervento presentato al 1. convegno La filiera delle carni di selvaggina selvatica tenutosi a Lodi nel 2019.
Analisi colorimetrica delle carni di cervo (Cervus elaphus) in relazione ai valori di pH e alle buone pratiche di gestione
S. Iametti
Supervision
2019
Abstract
L’incremento demografico delle popolazioni di ungulati selvatici che si è registrato negli ultimi anni all’interno del territorio italiano ha fatto emergere la necessità di mettere a punto piani di gestione volti a porre un equilibrio tra le attività antropiche e la presenza faunistica, permettendo un utilizzo sostenibile di questa risorsa naturale rinnovabile. Partendo proprio da questo concetto, nell’ambito di un’iniziativa promossa dall’Associazione Ars.Uni.Vco. di Domodossola, con la collaborazione dell’Università di Milano (Dipartimenti VESPA e DISAA), Unione dei Comuni dell’Alta Ossola, con il contributo di Fondazione Cariplo e dei Comprensori Alpini VCO2-Ossola Nord e VCO3-Ossola Sud, si è costruito un progetto denominato “PROCESSI DI FILIERA ECO-ALIMENTARE: la gestione di un prodotto sostenibile per lo sviluppo dei territori alpini” che ha avuto come scopo la gestione sostenibile degli ungulati selvatici con la finalità di valorizzare le carni di selvaggina attraverso la creazione di una filiera di qualità certificata. Nell’ottica della creazione di un prodotto certificato di qualità sono state condotte analisi sul rilevamento dei valori di pH come importante mezzo per una prima valutazione della qualità e della salubrità delle carcasse di cervo. In linea con tale scopo, al fine di valutare l’idoneità del prodotto anche dal punto di vista sensoriale (caratteristica non irrilevante se consideriamo che è proprio questo l’aspetto che in primis viene valutato dal consumatore) è stata associata anche un’analisi colorimetrica delle carni di cervo su un campione di 181 capi prelevati nei CA VCO2-Ossola Nord e VCO3-Ossola Sud nella stagione venatoria 2017. Successivamente è stata effettuata un’analisi statistica dei valori di pH e degli indici colorimetrici L*, a* e b* confrontando classi di età, intervalli tra tempo di abbattimento e misurazione del pH, modalità di abbattimento e gestione della carcassa. L’indagine relativa alla valutazione del pH delle carni si è rilevata fondamentale sia per valutare i rischi connessi alla gestione della carcassa, sia per validare il prodotto finale con un metodo rapido, semplice e oggettivo, nell’ambito della verifica del rispetto delle procedure date dal disciplinare di produzione. Dalle analisi effettuate emerge, in maniera statisticamente significativa, che i valori di pH più bassi vengono registrati nei cervi abbattuti con colpi immediatamente mortali e correttamente dissanguati. Le misure colorimetriche hanno evidenziato una correlazione significativa con l’età dell’animale: i valori a* e b* sono risultati più alti nei soggetti Classe 0 rispetto agli adulti. Relativamente all’indice di luminosità, si è osservata una correlazione con le modalità di abbattimento e di manipolazione post-mortem dell’animale, evidenziando come gli animali prelevati correttamente e dissanguati rapidamente, abbiano carni più chiare. Tale aspetto è influenzato anche dal maggior abbassamento del pH in queste carcasse. Dai risultati ottenuti da queste valutazioni colorimetriche, interpolando i dati, è emerso che il valore ottimale di pH, quale limite discriminante della qualità delle carni di cervo, al fine di identificare i capi che possano essere destinati a far parte di una filiera certificata, è pari a 5,87. Al di sotto di tale valore la carne va infatti incontro a quei fenomeni fisici e biochimici che consentono di ottenere un prodotto dalle caratteristiche sensoriali relative al colore/aspetto ottimali. Inoltre, con tale valore di pH si osservano valori di luminosità, di indice di rosso e di giallo più elevati rispetto a quelli che non hanno raggiunto tali valori. Questa variazione nella colorazione delle carni può essere associata al cambiamento conformazionale che la struttura della mioglobina subisce in relazione ai valori di pH rilevati a carico del muscolo. Dai risultati ottenuti è emerso come sia fondamentale l’istituzione di corsi di formazione per i cacciatori che possono dare loro tutti gli strumenti utili ad eseguire tecniche di manipolazione, eviscerazione e trasporto dei capi al fine di ottenere, anche nell’ambito dell’attività venatoria, un prodotto con caratteristiche igienico-sanitarie e sensoriali ottimali. In ultima analisi questa indagine ha messo in evidenza come, per la creazione di una filiera di qualità, risulti indispensabile la creazione di piani volti alla legalizzazione e alla certificazione del prodotto selvaggina affinché questa carne possa essere opportunamente valorizzata e possa contribuire, attraverso un prodotto sostenibile a chilometro zero, al rilancio dell’economia rurale alpina.Pubblicazioni consigliate
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