La relazione propone una rapida rassegna della storia recente della lingua della cucina, a partire dalla Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene. Manuale pratico per le famiglie (I ed. 1891) di Pellegrino Artusi, prima della quale la lingua della cucina presentava caratteri estremamente disuniformi, prevalendovi da un lato le parole straniere e dall’altro quelle dialettali. L’uniformazione linguistica orientata da Artusi si basa su di un fiorentino di tono medio, in cui la vivacità del parlato viene temperata dall’uso letterario, inserendosi nella tradizione segnata dall’edizione quarantana dei Promessi Sposi e poi percorsa da Pinocchio (1881-1883) e da Cuore (1886). Artusi orienta la terminologia culinaria novecentesca, senza tuttavia dirigerla. L’italianizzazione della lingua della cucina sarà infatti una chimera almeno per tutta la prima metà del Novecento, come dimostrano i quasi 300 forestierismi di area enogastronomica presentati nei fascisti Elenchi di sostituzioni (1941-1943). “Sostituti” italiani avevano d’altra parte già proposto i futuristi (cfr. per es. il Piccolo dizionario aggiunto in appendice alla Cucina futurista [1932] di Marinetti e Fillìa), che peraltro proponevano ricette alquanto stravaganti tanto nelle denominazioni quanto negli ingredienti e nelle preparazioni. Più che questi frondismi, dagli esiti pressoché ininfluenti – anche linguisticamente – sulla cucina italiana, nel pieno Novecento sarà ancora l’Artusi a essere ampiamente ripreso, con la disinvoltura tipica dei ricettari e più in generale dei prodotti paraletterari, come si mostra attraverso il Cuciniere militare. Manuale ad uso dei cucinieri della truppa del R. E. e degli altri corpi armati di Dario Fornari ([1930] 1932) e la Guida gastronomica d’Italia del Touring Club Italiano (1931). Il fenomeno più appariscente degli ultimi decenni riguarda però le parole straniere, che si diffondono con velocità e modalità inedite rispetto al passato. Da un lato rimane indubbia la preponderanza dei francesismi e, dalla metà del secolo scorso, degli anglismi, ma appare evidente la disponibilità dell’italiano ad accogliere gastronimi, e pietanze, dai quattro angoli del globo, come mostra uno spoglio linguistico sui numeri di maggio 2017 di due riviste dedicate alla cucina, La cucina italiana e La prova del cuoco Magazine, rivolte rispettivamente a un target medio-alto e medio-basso. Ancora piuttosto significativo l’arricchimento lessicale attraverso la formazione delle parole, come viene mostrato attraverso uno spoglio ad hoc sul volume dei Neologismi pubblicato dall’Istituto dell’Enciclopedia Treccani nel 2008.
L'italiano a tavola / G. Sergio. ((Intervento presentato al convegno Parole in tavola : lingue e culture nei discorsi del cibo tenutosi a Milano nel 2017.
L'italiano a tavola
G. Sergio
2017
Abstract
La relazione propone una rapida rassegna della storia recente della lingua della cucina, a partire dalla Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene. Manuale pratico per le famiglie (I ed. 1891) di Pellegrino Artusi, prima della quale la lingua della cucina presentava caratteri estremamente disuniformi, prevalendovi da un lato le parole straniere e dall’altro quelle dialettali. L’uniformazione linguistica orientata da Artusi si basa su di un fiorentino di tono medio, in cui la vivacità del parlato viene temperata dall’uso letterario, inserendosi nella tradizione segnata dall’edizione quarantana dei Promessi Sposi e poi percorsa da Pinocchio (1881-1883) e da Cuore (1886). Artusi orienta la terminologia culinaria novecentesca, senza tuttavia dirigerla. L’italianizzazione della lingua della cucina sarà infatti una chimera almeno per tutta la prima metà del Novecento, come dimostrano i quasi 300 forestierismi di area enogastronomica presentati nei fascisti Elenchi di sostituzioni (1941-1943). “Sostituti” italiani avevano d’altra parte già proposto i futuristi (cfr. per es. il Piccolo dizionario aggiunto in appendice alla Cucina futurista [1932] di Marinetti e Fillìa), che peraltro proponevano ricette alquanto stravaganti tanto nelle denominazioni quanto negli ingredienti e nelle preparazioni. Più che questi frondismi, dagli esiti pressoché ininfluenti – anche linguisticamente – sulla cucina italiana, nel pieno Novecento sarà ancora l’Artusi a essere ampiamente ripreso, con la disinvoltura tipica dei ricettari e più in generale dei prodotti paraletterari, come si mostra attraverso il Cuciniere militare. Manuale ad uso dei cucinieri della truppa del R. E. e degli altri corpi armati di Dario Fornari ([1930] 1932) e la Guida gastronomica d’Italia del Touring Club Italiano (1931). Il fenomeno più appariscente degli ultimi decenni riguarda però le parole straniere, che si diffondono con velocità e modalità inedite rispetto al passato. Da un lato rimane indubbia la preponderanza dei francesismi e, dalla metà del secolo scorso, degli anglismi, ma appare evidente la disponibilità dell’italiano ad accogliere gastronimi, e pietanze, dai quattro angoli del globo, come mostra uno spoglio linguistico sui numeri di maggio 2017 di due riviste dedicate alla cucina, La cucina italiana e La prova del cuoco Magazine, rivolte rispettivamente a un target medio-alto e medio-basso. Ancora piuttosto significativo l’arricchimento lessicale attraverso la formazione delle parole, come viene mostrato attraverso uno spoglio ad hoc sul volume dei Neologismi pubblicato dall’Istituto dell’Enciclopedia Treccani nel 2008.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Si tratta dell'abstract della relazione presentata al convegno.
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