Le parole che la moda cuce addosso agli abiti, prendendole da oltreconfine o creandole da sé, raccontano una storia che alterna dipendenze ed emancipazioni. Questa storia viene raccontata principalmente a Milano, la città che dalla fine del Settecento occupa una posizione centrale sia nel campo delle attività manifatturiere legate al tessile e all’abbigliamento, sia nell’editoria di moda. Il dibattito sulla moda italiana si sviluppa con le Esposizioni Universali di Milano (1906) e di Torino (1911); ma il più energico supporto al settore giungerà dalla politica autarchica del fascismo, non insensibile alle sollecitazioni futuriste volte alla valorizzazione del made in Italy; al regime si deve anche la fondazione dell’Ente Nazionale della Moda (1935), con la missione di conquistare il mercato interno e frenare le mode d’importazione. Finita la guerra, e rientrate le aspirazioni autarchiche, la moda rinascerà a Parigi; ma se la moda ricomincerà a parlare francese, il Ventennio ha però insegnato qualcosa: nel 1951 si organizzerà la prima sfilata a Palazzo Pitti, mentre Roma, anche grazie al rapporto privilegiato con l’industria cinematografica, si specializzerà nell’alta moda. Milano riconfermerà il suo ruolo d’avamposto, sul terreno del prêt-à-porter, grazie alla miscela vincente di design, fiuto imprenditoriale, editoria (“Vogue Italia” viene lanciato nel 1965), risorse industriali e competenza nel tessile, preparando il terreno alla futura sfida della globalizzazione.
Il vestito delle parole : la lingua italiana della moda dalle origini al Novecento / G. Sergio. ((Intervento presentato al 6. convegno La storia contemporanea in Italia oggi : ricerche e tendenze : Convegno Cantieri di storia tenutosi a Forlì nel 2011.
Il vestito delle parole : la lingua italiana della moda dalle origini al Novecento
G. Sergio
2011
Abstract
Le parole che la moda cuce addosso agli abiti, prendendole da oltreconfine o creandole da sé, raccontano una storia che alterna dipendenze ed emancipazioni. Questa storia viene raccontata principalmente a Milano, la città che dalla fine del Settecento occupa una posizione centrale sia nel campo delle attività manifatturiere legate al tessile e all’abbigliamento, sia nell’editoria di moda. Il dibattito sulla moda italiana si sviluppa con le Esposizioni Universali di Milano (1906) e di Torino (1911); ma il più energico supporto al settore giungerà dalla politica autarchica del fascismo, non insensibile alle sollecitazioni futuriste volte alla valorizzazione del made in Italy; al regime si deve anche la fondazione dell’Ente Nazionale della Moda (1935), con la missione di conquistare il mercato interno e frenare le mode d’importazione. Finita la guerra, e rientrate le aspirazioni autarchiche, la moda rinascerà a Parigi; ma se la moda ricomincerà a parlare francese, il Ventennio ha però insegnato qualcosa: nel 1951 si organizzerà la prima sfilata a Palazzo Pitti, mentre Roma, anche grazie al rapporto privilegiato con l’industria cinematografica, si specializzerà nell’alta moda. Milano riconfermerà il suo ruolo d’avamposto, sul terreno del prêt-à-porter, grazie alla miscela vincente di design, fiuto imprenditoriale, editoria (“Vogue Italia” viene lanciato nel 1965), risorse industriali e competenza nel tessile, preparando il terreno alla futura sfida della globalizzazione.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Si tratta dell'abstract della relazione presentata al convegno.
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