The doctoral research aims to give an answer to a series different questions arising at a first impact with the new Italian discipline regulating self-employed work as provided for by the legislative decree 81/2015, concerning the reform of the contractual models, and by the law 81/2017, concerning the protection of self-employed «non-entrepreneurial» work. The combination of these new provisions produced indeed a little “earthquake” in the system of Italian labour law, and, in particular. The innovations represented by the discussed introduction of a new discipline regarding bogus self-employment (so called hetero-organized collaborations: art. 2, d.lgs. 81/2015) together with the specification of the elements of a genuine self-employed collaboration (art. 15, l. 81/2017) calls for a rethinking of the traditional notions of labour law, as they introduce new categories in the area comprehended by the two poles represented by autonomous work and dependent (subordinate) work. On the other hand, the label «non-entrepreneurial» that the Legislator used to individuate the beneficiaries of the new discipline calls for an investigation regarding the border between (self-employed) work and (medium and small) businesses. Therefore, it seems necessary to individuate, in the first place, the external borders of the complex legal situation «self-employed work», which has traditionally been considered as a residual area compressed by the world of employment and the world of small businesses. In the second place, it seems also necessary to individuate the internal borders of self-employed work, which is articulated in several subcategories covering the area of those self-employed workers who devote the main part of their activity to a main client on a continuative basis. Meanwhile, the introduction on a universalistic basis of a protective regulation, which is structured as the private law remedies applicable to contractual relations characterized by the imbalance of bargaining power of the parties, requires a rethinking of the techniques of protection of «genuine» self-employed work. It is in the combination of these two different elements of innovation that it is possible to appreciate the title chosen (The «new» self-employed work. Qualification and legal protection after the legislative decree n. 81/2015 and the law 81/2017) and the articulation of the thesis in four chapters. In the first chapter, after some introductive reflexions about the concept of «autonomy» and its legal characterization under Italian law, we tried to make a genealogical analysis of the subject, in order to appreciate how during the XXth century self-employed work was compressed by the predominant figure of the employment contract and that for a long time the regulatory approach has been conceived mainly in terms of repressing bogus self-employment. In the second chapter we try to individuate the main characteristics of self-employed work and its internal and external borders. To this end, after having underlined that the dichotomy autonomy-subordination is still a cornerstone of the Italian labour law system, the dissertation continues examining the internal partitions of the figure – hetero-organized work, coordinated work – and its constitutive elements and then investigating the complex relation between the world of (self-employed) work and the world of (medium and small) businesses, expressly excluded from the new protective measures dedicated to «non-entrepreneurial» work. The third chapter deals more in particular with the new protective measures introduced in 2017 and it is articulated in three sections. The first section regards the contractual protection of self-employed work and it analyses the elements of the new discipline that recall closely the innovations coming from the field of private law, with particular regard to the B2b contractual relationships. The second section examines the innovations brought in the field of social security and tax regulation. The third section deals with the instruments of collective protection applicable to self-employed workers, in order to verify, also under European law, potentialities and limits of collective dialogue and conflict in the field of non-subordinate work. The last chapter, finally, deals with the phaenomenon of the so-called gig economy. The decision to dedicate the final part of the dissertation to this topic derives from the fact that insofar as the new forms of work emerged in the gig economy are qualified as self-employed relationship – and it seems that this is the direction taken by Italian case law – they represent the perfect prototype of “weak” self-employed work that shall look at the new protective provisions.

La ricerca mira a rispondere a due quesiti che sorgono per così dire spontaneamente a un “primo impatto” con il nuovo formante normativo risultante dagli interventi legislativi che hanno caratterizzato la stagione – forse appena conclusa – dei Jobs Act, secondo una linea che parte idealmente dal decreto legislativo n. 81 del 2015, recante la disciplina organica dei contratti di lavoro per culminare nella legge n. 81 del 2017, recante misure per la tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale». L’intreccio tra le novità introdotte da tali interventi ha prodotto – come è stato da più parti osservato – un piccolo “sisma”, che ha interessato tanto la dimensione della qualificazione dei rapporti di lavoro, quanto quella della tutela applicabile ai rapporti di lavoro non subordinato. Le discussa riconduzione alla disciplina del lavoro subordinato dei rapporti di collaborazione c.d. etero-organizzata (art. 2, d.lgs. 81/2015), la successiva ma parallela norma di interpretazione autentica della nozione di coordinamento, introdotta in calce all’art. 409, n. 3, c.p.c. (art. 15, l. 81/2017) e il contestuale riconoscimento di forme di lavoro subordinato organizzato per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro (art. 18, l. 81/2017) impongono una rimeditazione delle nozioni tradizionali, in quanto finiscono per innestare sulla (pur sempre fondamentale) summa divisio tra lavoro subordinato e autonomo una serie di ulteriori partizioni, che si declinano secondo un continuum dai confini spesso difficilmente individuabili. La previsione di forme di tutela destinate a rispondere alle esigenze del lavoro autonomo purché «non imprenditoriale», poi, richiede di interrogarsi sul senso dell’etichetta adoperata dal legislatore e di esplorare la linea di confine intercorrente tra mondo del lavoro (autonomo) e mondo della (piccola) impresa. Si tratta dunque innanzitutto, questo il primo itinerario di ricerca, di individuare i confini esterni della fattispecie del lavoro autonomo, tradizionalmente raffigurato come un’area residuale compressa tra il mondo del lavoro salariato e quello della piccola impresa, nonché i confini interni tra il lavoro autonomo “puro” e quello variamente coordinato, su base più o meno consensuale, rispetto a un committente principale. Tale operazione richiede inoltre di interrogarsi sulla persistente attualità della grande dicotomia autonomia-subordinazione – a tutt’oggi oggetto di una giurisprudenza che fatica a trovare punti di riferimento più solidi che non siano le copiose massime tralatizie, tanto rigorose quanto circolari – e di chiedersi se le recenti riforme abbiano individuato partizioni interne al sistema del lavoro autonomo (lavoro autonomo etero-organizzato, lavoro autonomo coordinato e continuativo, lavoro autonomo non coordinato ma continuativo, lavoro autonomo “puro”), per consentire una graduazione delle tutele, ovvero se esse abbiano solo spostato la linea di confine tra rapporti di lavoro soggetti alla disciplina protettiva del lavoro subordinato e rapporti che ne sono esclusi. Al contempo, dal punto di vista della disciplina applicabile, l’introduzione su base universalistica di una disciplina a tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale», modellata sulla falsariga delle regole e dei principi che presiedono alla tutela civilistica del contraente debole, si candida, quantomeno nelle intenzioni del legislatore, a riempire lo spazio vuoto in cui il decreto di riordino dei contratti di lavoro aveva lasciato i collaboratori «genuini». È nell’intreccio di queste diverse dimensioni di «novità» che si spiegano la scelta del titolo Il «nuovo» lavoro autonomo e quella di articolare il lavoro nei quattro capitoli che lo compongono. Nel primo capitolo, dopo avere svolto alcune riflessioni introduttive sul concetto di «autonomia» e sulla sua caratterizzazione normativa in termini negativi impressa dalla codificazione del 1942, si tenta di effettuare una ricostruzione genealogica dell’istituto oggetto dell’indagine, per apprezzare come nel secolo breve il lavoro autonomo tenda a muoversi nel “solco” del lavoro subordinato, compresso dapprima dalla cosiddetta «tendenza espansiva» del diritto del lavoro e quindi da un approccio regolativo concepito in termini che rimarranno a lungo di carattere spiccatamente antiabusivo, di repressione cioè del «falso» lavoro autonomo. Tale indugio preliminare richiederà inevitabilmente di dare conto, sia pure per sommi capi, della speculare evoluzione della figura del contratto di lavoro subordinato, nelle cui pieghe il lavoro autonomo è stato dapprima fagocitato, fino quasi a scomparire, e quindi riemerso, orfano di tutele, richiedendone le più svariate, a tratti con grida e più spesso sottovoce. Nel secondo capitolo si cerca invece di ricostruire i tratti caratterizzanti la fattispecie posta ad oggetto dell’indagine e, in particolare, i suoi confini esterni e interni. A tal fine, dopo avere dato conto della perdurante attualità del binomio autonomia / subordinazione e dell’assetto attualmente raggiunto dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, il lavoro prosegue in una sorta di climax, passando in rassegna le partizioni interne al mondo dell’autonomia – lavoro etero-organizzato e coordinato – delle quali vengono analizzati gli elementi costitutivi, per poi soffermarsi sul confine esterno rappresentato dall’universo contermine dell’imprenditorialità, la cui analisi si rende necessaria in virtù dell’espressa esclusione dei piccoli imprenditori dal novero dei beneficiari delle nuove tutele statutarie. Il terzo capitolo, dedicato alle tutele del «nuovo» lavoro autonomo, si articola in tre sezioni, aventi ad oggetto tre nuclei concettuali, e, in particolare: i) la tutela contrattuale del lavoro autonomo disegnata dal nuovo Statuto, che attinge a piene mani dagli approdi raggiunti del diritto civile di “seconda generazione” nella tutela dei rapporti negoziali caratterizzati dallo squilibrio di forza contrattuale delle parti; ii) le tutele “fuori dal rapporto”, vale a dire quelle di carattere previdenziale, fiscale e promozionale introdotte dalla novella, rispetto alle quali si cercherà di accompagnare l’analisi puntuale delle disposizioni rilevanti all’individuazione del fil rouge che le lega; iii) le tutele collettive, rispetto alle quali pare opportuno valutare, anche in riferimento ai vincoli provenienti dal diritto europeo, gli spazi di agibilità sindacale e le potenzialità nei diversi modelli di associazionismo delle varie categorie di lavoratori autonomi. I primi due nuclei individuano, pur senza sovrapporvisi, le principali direttrici d’intervento dello Statuto, anche se vi saranno ricomprese questioni trascurate dallo stesso (come il nodo dell’equo compenso, che verrà invece affrontato anche alla luce delle ultime novità relative al mondo del lavoro libero professionale); l’ultimo è invece dalla novella quasi del tutto omesso, nonostante le mai sopite sollecitazioni sul punto lo rendano oggi un oggetto di studio obbligato nell’ambito di una ricerca sulle tutele del lavoro autonomo. Il quarto e ultimo capitolo, infine, ha ad oggetto il fenomeno della gig economy, sul quale gli interpreti si affaticano ormai da qualche anno a questa parte. La scelta di destinare il capitolo conclusivo al tema del lavoro “digitale” si spiega con il fatto che esso, nella misura in cui viene ricondotto, a ragione o a torto, al mondo dell’autonomia – opzione per nulla scontata, ma pare sia questa la direzione imboccata dalla nostra giurisprudenza – si candida a costituire il prototipo di quel lavoro economicamente debole, che, orfano delle tutele del lavoro a progetto (in primis in materia di compenso), non può che guardare alle nuove tutele statutarie, rappresentando, in altri termini, un privilegiato “banco di prova” per saggiarne le potenzialità applicative.

IL «NUOVO» LAVORO AUTONOMO. QUALIFICAZIONE E TUTELE DOPO IL D.LGS. N. 81/2015 E LA L. N. 81/2017 / G.g. Cavallini ; tutor: M. T. Carinci ; coordinator: M. T. Carinci. Università degli Studi di Milano, 2019 Feb 13. 31. ciclo, Anno Accademico 2018. [10.13130/cavallini-gionata-golo_phd2019-02-13].

IL «NUOVO» LAVORO AUTONOMO. QUALIFICAZIONE E TUTELE DOPO IL D.LGS. N. 81/2015 E LA L. N. 81/2017

G.G. Cavallini
2019

Abstract

The doctoral research aims to give an answer to a series different questions arising at a first impact with the new Italian discipline regulating self-employed work as provided for by the legislative decree 81/2015, concerning the reform of the contractual models, and by the law 81/2017, concerning the protection of self-employed «non-entrepreneurial» work. The combination of these new provisions produced indeed a little “earthquake” in the system of Italian labour law, and, in particular. The innovations represented by the discussed introduction of a new discipline regarding bogus self-employment (so called hetero-organized collaborations: art. 2, d.lgs. 81/2015) together with the specification of the elements of a genuine self-employed collaboration (art. 15, l. 81/2017) calls for a rethinking of the traditional notions of labour law, as they introduce new categories in the area comprehended by the two poles represented by autonomous work and dependent (subordinate) work. On the other hand, the label «non-entrepreneurial» that the Legislator used to individuate the beneficiaries of the new discipline calls for an investigation regarding the border between (self-employed) work and (medium and small) businesses. Therefore, it seems necessary to individuate, in the first place, the external borders of the complex legal situation «self-employed work», which has traditionally been considered as a residual area compressed by the world of employment and the world of small businesses. In the second place, it seems also necessary to individuate the internal borders of self-employed work, which is articulated in several subcategories covering the area of those self-employed workers who devote the main part of their activity to a main client on a continuative basis. Meanwhile, the introduction on a universalistic basis of a protective regulation, which is structured as the private law remedies applicable to contractual relations characterized by the imbalance of bargaining power of the parties, requires a rethinking of the techniques of protection of «genuine» self-employed work. It is in the combination of these two different elements of innovation that it is possible to appreciate the title chosen (The «new» self-employed work. Qualification and legal protection after the legislative decree n. 81/2015 and the law 81/2017) and the articulation of the thesis in four chapters. In the first chapter, after some introductive reflexions about the concept of «autonomy» and its legal characterization under Italian law, we tried to make a genealogical analysis of the subject, in order to appreciate how during the XXth century self-employed work was compressed by the predominant figure of the employment contract and that for a long time the regulatory approach has been conceived mainly in terms of repressing bogus self-employment. In the second chapter we try to individuate the main characteristics of self-employed work and its internal and external borders. To this end, after having underlined that the dichotomy autonomy-subordination is still a cornerstone of the Italian labour law system, the dissertation continues examining the internal partitions of the figure – hetero-organized work, coordinated work – and its constitutive elements and then investigating the complex relation between the world of (self-employed) work and the world of (medium and small) businesses, expressly excluded from the new protective measures dedicated to «non-entrepreneurial» work. The third chapter deals more in particular with the new protective measures introduced in 2017 and it is articulated in three sections. The first section regards the contractual protection of self-employed work and it analyses the elements of the new discipline that recall closely the innovations coming from the field of private law, with particular regard to the B2b contractual relationships. The second section examines the innovations brought in the field of social security and tax regulation. The third section deals with the instruments of collective protection applicable to self-employed workers, in order to verify, also under European law, potentialities and limits of collective dialogue and conflict in the field of non-subordinate work. The last chapter, finally, deals with the phaenomenon of the so-called gig economy. The decision to dedicate the final part of the dissertation to this topic derives from the fact that insofar as the new forms of work emerged in the gig economy are qualified as self-employed relationship – and it seems that this is the direction taken by Italian case law – they represent the perfect prototype of “weak” self-employed work that shall look at the new protective provisions.
13-feb-2019
La ricerca mira a rispondere a due quesiti che sorgono per così dire spontaneamente a un “primo impatto” con il nuovo formante normativo risultante dagli interventi legislativi che hanno caratterizzato la stagione – forse appena conclusa – dei Jobs Act, secondo una linea che parte idealmente dal decreto legislativo n. 81 del 2015, recante la disciplina organica dei contratti di lavoro per culminare nella legge n. 81 del 2017, recante misure per la tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale». L’intreccio tra le novità introdotte da tali interventi ha prodotto – come è stato da più parti osservato – un piccolo “sisma”, che ha interessato tanto la dimensione della qualificazione dei rapporti di lavoro, quanto quella della tutela applicabile ai rapporti di lavoro non subordinato. Le discussa riconduzione alla disciplina del lavoro subordinato dei rapporti di collaborazione c.d. etero-organizzata (art. 2, d.lgs. 81/2015), la successiva ma parallela norma di interpretazione autentica della nozione di coordinamento, introdotta in calce all’art. 409, n. 3, c.p.c. (art. 15, l. 81/2017) e il contestuale riconoscimento di forme di lavoro subordinato organizzato per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro (art. 18, l. 81/2017) impongono una rimeditazione delle nozioni tradizionali, in quanto finiscono per innestare sulla (pur sempre fondamentale) summa divisio tra lavoro subordinato e autonomo una serie di ulteriori partizioni, che si declinano secondo un continuum dai confini spesso difficilmente individuabili. La previsione di forme di tutela destinate a rispondere alle esigenze del lavoro autonomo purché «non imprenditoriale», poi, richiede di interrogarsi sul senso dell’etichetta adoperata dal legislatore e di esplorare la linea di confine intercorrente tra mondo del lavoro (autonomo) e mondo della (piccola) impresa. Si tratta dunque innanzitutto, questo il primo itinerario di ricerca, di individuare i confini esterni della fattispecie del lavoro autonomo, tradizionalmente raffigurato come un’area residuale compressa tra il mondo del lavoro salariato e quello della piccola impresa, nonché i confini interni tra il lavoro autonomo “puro” e quello variamente coordinato, su base più o meno consensuale, rispetto a un committente principale. Tale operazione richiede inoltre di interrogarsi sulla persistente attualità della grande dicotomia autonomia-subordinazione – a tutt’oggi oggetto di una giurisprudenza che fatica a trovare punti di riferimento più solidi che non siano le copiose massime tralatizie, tanto rigorose quanto circolari – e di chiedersi se le recenti riforme abbiano individuato partizioni interne al sistema del lavoro autonomo (lavoro autonomo etero-organizzato, lavoro autonomo coordinato e continuativo, lavoro autonomo non coordinato ma continuativo, lavoro autonomo “puro”), per consentire una graduazione delle tutele, ovvero se esse abbiano solo spostato la linea di confine tra rapporti di lavoro soggetti alla disciplina protettiva del lavoro subordinato e rapporti che ne sono esclusi. Al contempo, dal punto di vista della disciplina applicabile, l’introduzione su base universalistica di una disciplina a tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale», modellata sulla falsariga delle regole e dei principi che presiedono alla tutela civilistica del contraente debole, si candida, quantomeno nelle intenzioni del legislatore, a riempire lo spazio vuoto in cui il decreto di riordino dei contratti di lavoro aveva lasciato i collaboratori «genuini». È nell’intreccio di queste diverse dimensioni di «novità» che si spiegano la scelta del titolo Il «nuovo» lavoro autonomo e quella di articolare il lavoro nei quattro capitoli che lo compongono. Nel primo capitolo, dopo avere svolto alcune riflessioni introduttive sul concetto di «autonomia» e sulla sua caratterizzazione normativa in termini negativi impressa dalla codificazione del 1942, si tenta di effettuare una ricostruzione genealogica dell’istituto oggetto dell’indagine, per apprezzare come nel secolo breve il lavoro autonomo tenda a muoversi nel “solco” del lavoro subordinato, compresso dapprima dalla cosiddetta «tendenza espansiva» del diritto del lavoro e quindi da un approccio regolativo concepito in termini che rimarranno a lungo di carattere spiccatamente antiabusivo, di repressione cioè del «falso» lavoro autonomo. Tale indugio preliminare richiederà inevitabilmente di dare conto, sia pure per sommi capi, della speculare evoluzione della figura del contratto di lavoro subordinato, nelle cui pieghe il lavoro autonomo è stato dapprima fagocitato, fino quasi a scomparire, e quindi riemerso, orfano di tutele, richiedendone le più svariate, a tratti con grida e più spesso sottovoce. Nel secondo capitolo si cerca invece di ricostruire i tratti caratterizzanti la fattispecie posta ad oggetto dell’indagine e, in particolare, i suoi confini esterni e interni. A tal fine, dopo avere dato conto della perdurante attualità del binomio autonomia / subordinazione e dell’assetto attualmente raggiunto dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, il lavoro prosegue in una sorta di climax, passando in rassegna le partizioni interne al mondo dell’autonomia – lavoro etero-organizzato e coordinato – delle quali vengono analizzati gli elementi costitutivi, per poi soffermarsi sul confine esterno rappresentato dall’universo contermine dell’imprenditorialità, la cui analisi si rende necessaria in virtù dell’espressa esclusione dei piccoli imprenditori dal novero dei beneficiari delle nuove tutele statutarie. Il terzo capitolo, dedicato alle tutele del «nuovo» lavoro autonomo, si articola in tre sezioni, aventi ad oggetto tre nuclei concettuali, e, in particolare: i) la tutela contrattuale del lavoro autonomo disegnata dal nuovo Statuto, che attinge a piene mani dagli approdi raggiunti del diritto civile di “seconda generazione” nella tutela dei rapporti negoziali caratterizzati dallo squilibrio di forza contrattuale delle parti; ii) le tutele “fuori dal rapporto”, vale a dire quelle di carattere previdenziale, fiscale e promozionale introdotte dalla novella, rispetto alle quali si cercherà di accompagnare l’analisi puntuale delle disposizioni rilevanti all’individuazione del fil rouge che le lega; iii) le tutele collettive, rispetto alle quali pare opportuno valutare, anche in riferimento ai vincoli provenienti dal diritto europeo, gli spazi di agibilità sindacale e le potenzialità nei diversi modelli di associazionismo delle varie categorie di lavoratori autonomi. I primi due nuclei individuano, pur senza sovrapporvisi, le principali direttrici d’intervento dello Statuto, anche se vi saranno ricomprese questioni trascurate dallo stesso (come il nodo dell’equo compenso, che verrà invece affrontato anche alla luce delle ultime novità relative al mondo del lavoro libero professionale); l’ultimo è invece dalla novella quasi del tutto omesso, nonostante le mai sopite sollecitazioni sul punto lo rendano oggi un oggetto di studio obbligato nell’ambito di una ricerca sulle tutele del lavoro autonomo. Il quarto e ultimo capitolo, infine, ha ad oggetto il fenomeno della gig economy, sul quale gli interpreti si affaticano ormai da qualche anno a questa parte. La scelta di destinare il capitolo conclusivo al tema del lavoro “digitale” si spiega con il fatto che esso, nella misura in cui viene ricondotto, a ragione o a torto, al mondo dell’autonomia – opzione per nulla scontata, ma pare sia questa la direzione imboccata dalla nostra giurisprudenza – si candida a costituire il prototipo di quel lavoro economicamente debole, che, orfano delle tutele del lavoro a progetto (in primis in materia di compenso), non può che guardare alle nuove tutele statutarie, rappresentando, in altri termini, un privilegiato “banco di prova” per saggiarne le potenzialità applicative.
Settore IUS/07 - Diritto del Lavoro
lavoro autonomo, lavoro a progetto, collaborazioni coordinate e continuative, piccolo imprenditore, compenso, abuso di dipendenza economica, sciopero, gig economy, dis-coll
CARINCI, MARIA TERESA
CARINCI, MARIA TERESA
Doctoral Thesis
IL «NUOVO» LAVORO AUTONOMO. QUALIFICAZIONE E TUTELE DOPO IL D.LGS. N. 81/2015 E LA L. N. 81/2017 / G.g. Cavallini ; tutor: M. T. Carinci ; coordinator: M. T. Carinci. Università degli Studi di Milano, 2019 Feb 13. 31. ciclo, Anno Accademico 2018. [10.13130/cavallini-gionata-golo_phd2019-02-13].
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