Seguendo la metodologia postcoloniale, questo saggio argomenta come la decolonizzazione della parola dell’Africa sia cominciata molto prima dell’effettiva decolonizzazione politica delle colonie degli imperi europei, e come entrambe le forme di decolonizzazione vengano dall’Atlantico nero e dalla diaspora degli schiavi. Questa lettura si ispira all’analisi di Paul Gilroy in The Black Atlantic e osserva l’area geografica delle colonie britanniche dell’Africa occidentale. Dal tempo della tratta, la parola dell’Africa ha raccontato storie di migrazione, emancipazione, auspicata libertà e attivismo politico in numerosi scritti. In questo saggio se ne esaminano alcuni esempi per mostrare come la presa di parola dell’Africa sia iniziata con l’appropriazione della lingua dell’impero, l’inglese, da parte degli schiavi. Inserendosi nel canone letterario imperiale, le loro narratives hanno raccontato una storia diversa usando la voce dell’Africa. Su altro fronte, Edward Said ha teorizzato come la complicità tra cultura e imperialismo contenga i germi della disgregazione dei discorsi egemonici. E’ una strategia di decolonizzazione e di liberazione della parola subalterna che gli schiavi africani hanno sfruttato, avviando così anche la decolonizzazione politica. Si tratta di un percorso non concluso, che ancora oggi si sviluppa attraverso il mare, e che mira ad affermare la parola e la presenza dell’Africa nella storia, fuori dello stereotipo coloniale della dipendenza e dentro invece la modernità.
La decolonizzazione viene dall’Africa / C. Gualtieri. - In: ALTRE MODERNITÀ. - ISSN 2035-7680. - 2016:16(2016 Nov), pp. 17-28. [10.13130/2035-7680/7828]
La decolonizzazione viene dall’Africa
C. GualtieriPrimo
2016
Abstract
Seguendo la metodologia postcoloniale, questo saggio argomenta come la decolonizzazione della parola dell’Africa sia cominciata molto prima dell’effettiva decolonizzazione politica delle colonie degli imperi europei, e come entrambe le forme di decolonizzazione vengano dall’Atlantico nero e dalla diaspora degli schiavi. Questa lettura si ispira all’analisi di Paul Gilroy in The Black Atlantic e osserva l’area geografica delle colonie britanniche dell’Africa occidentale. Dal tempo della tratta, la parola dell’Africa ha raccontato storie di migrazione, emancipazione, auspicata libertà e attivismo politico in numerosi scritti. In questo saggio se ne esaminano alcuni esempi per mostrare come la presa di parola dell’Africa sia iniziata con l’appropriazione della lingua dell’impero, l’inglese, da parte degli schiavi. Inserendosi nel canone letterario imperiale, le loro narratives hanno raccontato una storia diversa usando la voce dell’Africa. Su altro fronte, Edward Said ha teorizzato come la complicità tra cultura e imperialismo contenga i germi della disgregazione dei discorsi egemonici. E’ una strategia di decolonizzazione e di liberazione della parola subalterna che gli schiavi africani hanno sfruttato, avviando così anche la decolonizzazione politica. Si tratta di un percorso non concluso, che ancora oggi si sviluppa attraverso il mare, e che mira ad affermare la parola e la presenza dell’Africa nella storia, fuori dello stereotipo coloniale della dipendenza e dentro invece la modernità.File | Dimensione | Formato | |
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