Lo studio si articola in tre paragrafi. Nel primo, Poeti in campo, si mostra come la lirica abbia spazio per il motivo bellico, spesso con esortazioni a perseguire la pace (Sacchetti), ma anche con coraggiosi interventi patriottici (poetesse senesi del Cinquecento); e si faccia celebrazione di atti eroici (dalla puella pisana di Castiglione alla pubblicistica su Lepanto). La seconda parte, L’immaginario guerresco, indaga il gusto per la descrizione (Bertran de Born, caccia del Sacchetti, Bisbidis di Immanuel Romano, milites gloriosi di Folgore, Rustico, Guittone) e la duplice valenza del campo semantico (Petrarca e Vittoria Colonna). Il terzo paragrafo, Arma e chartae, a partire dallo stereotipo specialmente cinquecentesco del poeta-soldato (Alfonso d’Avalos e altri) e dall’esperienza particolare di Luigi da Porto, risale a riconoscere già nei classici latini (Properzio, Tibullo) un “fossato guadabile” fra epica e ed elegia e giunge infine a discutere la contrapposizione fra armi e studi (Pontano, Bembo) e loro conciliazione (Berardino Rota, Garcilaso de la Vega).
Haec chartas, haec ferat arma manus : cantare la guerra nella lirica / C. Zampese - In: Boiardo, Ariosto e i libri di battaglia : atti del convegno, Scandiano – Reggio Emilia – Bologna, 3-6 ottobre 2005 / [a cura di] A. Canova, P. Vecchi Galli. - Novara : Interlinea, 2007. - ISBN 978-88-8212-574-5. - pp. 235-257 (( convegno Boiardo, Ariosto e i libri di battaglia tenutosi a Scandiano – Reggio Emilia – Bologna nel 2005.
Haec chartas, haec ferat arma manus : cantare la guerra nella lirica
C. ZampesePrimo
2007
Abstract
Lo studio si articola in tre paragrafi. Nel primo, Poeti in campo, si mostra come la lirica abbia spazio per il motivo bellico, spesso con esortazioni a perseguire la pace (Sacchetti), ma anche con coraggiosi interventi patriottici (poetesse senesi del Cinquecento); e si faccia celebrazione di atti eroici (dalla puella pisana di Castiglione alla pubblicistica su Lepanto). La seconda parte, L’immaginario guerresco, indaga il gusto per la descrizione (Bertran de Born, caccia del Sacchetti, Bisbidis di Immanuel Romano, milites gloriosi di Folgore, Rustico, Guittone) e la duplice valenza del campo semantico (Petrarca e Vittoria Colonna). Il terzo paragrafo, Arma e chartae, a partire dallo stereotipo specialmente cinquecentesco del poeta-soldato (Alfonso d’Avalos e altri) e dall’esperienza particolare di Luigi da Porto, risale a riconoscere già nei classici latini (Properzio, Tibullo) un “fossato guadabile” fra epica e ed elegia e giunge infine a discutere la contrapposizione fra armi e studi (Pontano, Bembo) e loro conciliazione (Berardino Rota, Garcilaso de la Vega).Pubblicazioni consigliate
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