Il trasferimento all’industria farmaceutica del sistema di produzione in continuo (Continuous Manufacturing, CM) rappresenta una delle attuali linee di ricerca più innovative ed ambiziose. Tale approccio consentirebbe di ridurre costi e tempi di sviluppo dei medicinali evitando da un lato l’interruzione, la riconfigurazione e la convalida tra lotti successivi, così come le operazioni di scale-up, e garantendo, dall’altro, un sensibile incremento dell’efficienza grazie al monitoraggio in tempo reale del processo e della qualità del prodotto. Nell’unico esempio di impianto totalmente in continuo, dalla sintesi del farmaco allo sviluppo della forma di dosaggio, realizzato all’interno dei laboratori del Massachusetts Institute of Technology, è stata solo recentemente dimostrata la possibilità di ottenere una forma finita contenente un principio attivo modello mediante estrusione a caldo (Hot Melt Extrusion, HME) e stampaggio ad iniezione (Injection Molding, IM) [1,2]. Queste tecniche che, tra le poche, soddisfano le necessità del CM, sono tuttavia ancora scarsamente utilizzate in campo farmaceutico e proposte quasi esclusivamente per la realizzazione di drug delivery systems. Scopo del presente lavoro è stato quindi la valutazione delle potenzialità di tecniche di lavorazione a caldo, quali HME e IM, per la produzione di compresse a pronto rilascio (convenzionali), alla cui dimostrazione di fattibilità e più ampia applicabilità è strettamente legato il successo del CM. È stato preliminarmente condotto uno screening di veicoli polimerici termoplastici basato sulla valutazione della lavorabilità del materiale e della performance del prodotto estruso/stampato in termini di perdita di massa. Sono stati investigati sia polimeri solubili, comunemente impiegati per la realizzazione di dispersioni solide via HME o di rivestimenti cosmetici, sia diluenti tradizionali quale l’amido la cui termoplasticità, quando estruso in particolari condizioni di temperatura e umidità, è già stata ampiamente dimostrata. È stato anche preso in considerazione un derivato dell’amido (sodio amido glicolato), impiegato come superdisgregante in forme solide e mai lavorato per HME o IM, che si è dimostrato anch’esso termoplastico ed in grado di mantenere il proprio potenziale disgregante dopo lavorazione a caldo. Con la maggior parte dei polimeri testati è stato sufficiente individuare le corrette condizioni di plasticizzazione (tipo e quantità di plasticizzante) per ottenere prototipi di compresse estruse o stampate. Da questo punto di vista le tecniche di HME e IM potrebbero favorire un’importante semplificazione formulativa rispetto all’allestimento tradizionale di compresse mediante compattazione di polveri. Dalla fase di screening sono stati individuati due materiali particolarmente promettenti, l’idrossipropilcellulosa (HPC) e il sodio amido glicolato (EXPCLV) caratterizzati da un diverso comportamento di interazione con i fluidi acquosi, l’uno di graduale solubilizzazione e l’altro di disaggregazione o erosione. Allo scopo di aumentare la velocità di perdita di massa dei prototipi di compresse placebo realizzati mediante HME o IM, sono stati allestiti materiali compositi a base di HPC o EXPCLV contenenti possibili modificatori di rilascio (eccipienti solubili, insolubili, disgreganti ed effervescenti). I risultati ottenuti sono stati in generale molto incoraggianti; le formulazioni a base di EXPCLV si sono dimostrate particolarmente promettenti in virtù della evidente tendenza all’erosione. È stato infine approcciato il problema dell’introduzione del principio attivo nella formulazione di compresse, tenendo conto delle sue caratteristiche di solubilità e del comportamento alle temperature di lavorazione (temperatura di fusione/degradazione). I dati ottenuti dai test di dissoluzione lasciano intravedere ottime possibilità di sviluppo di compresse convenzionali. In particolare, per quanto riguarda i prodotti contenenti farmaci poco solubili (e.g. furosemide) è stata confermata la maggiore efficienza nel promuoverne la liberazione delle formulazioni a base di EXPCLV: anche nel caso di compresse stampate, infatti, caratterizzate da una maggiore densità apparente, il passaggio in soluzione del principio attivo si completa in circa un’ora. [1] https://novartis-mit.mit.edu/ [2] Mascia S. et al., Angewandte Chemie International Edition 52, 12359-12363 (2013).

Valutazione preliminare dell'applicabilità di tecniche di lavorazione a caldo alla produzione di compresse convenzionali / A. Melocchi, G. Loreti, A. Foppoli, A. Maroni, A. Gazzaniga, L. Zema - In: Atti del 54° Simposio AFI[s.l] : Tipolitografia Manfredi, 2014 Jun. (( Intervento presentato al 54. convegno AFI tenutosi a Rimini nel 2014.

Valutazione preliminare dell'applicabilità di tecniche di lavorazione a caldo alla produzione di compresse convenzionali

A. Melocchi
Primo
;
G. Loreti
Secondo
;
A. Foppoli;A. Maroni;A. Gazzaniga
Penultimo
;
L. Zema
Ultimo
2014

Abstract

Il trasferimento all’industria farmaceutica del sistema di produzione in continuo (Continuous Manufacturing, CM) rappresenta una delle attuali linee di ricerca più innovative ed ambiziose. Tale approccio consentirebbe di ridurre costi e tempi di sviluppo dei medicinali evitando da un lato l’interruzione, la riconfigurazione e la convalida tra lotti successivi, così come le operazioni di scale-up, e garantendo, dall’altro, un sensibile incremento dell’efficienza grazie al monitoraggio in tempo reale del processo e della qualità del prodotto. Nell’unico esempio di impianto totalmente in continuo, dalla sintesi del farmaco allo sviluppo della forma di dosaggio, realizzato all’interno dei laboratori del Massachusetts Institute of Technology, è stata solo recentemente dimostrata la possibilità di ottenere una forma finita contenente un principio attivo modello mediante estrusione a caldo (Hot Melt Extrusion, HME) e stampaggio ad iniezione (Injection Molding, IM) [1,2]. Queste tecniche che, tra le poche, soddisfano le necessità del CM, sono tuttavia ancora scarsamente utilizzate in campo farmaceutico e proposte quasi esclusivamente per la realizzazione di drug delivery systems. Scopo del presente lavoro è stato quindi la valutazione delle potenzialità di tecniche di lavorazione a caldo, quali HME e IM, per la produzione di compresse a pronto rilascio (convenzionali), alla cui dimostrazione di fattibilità e più ampia applicabilità è strettamente legato il successo del CM. È stato preliminarmente condotto uno screening di veicoli polimerici termoplastici basato sulla valutazione della lavorabilità del materiale e della performance del prodotto estruso/stampato in termini di perdita di massa. Sono stati investigati sia polimeri solubili, comunemente impiegati per la realizzazione di dispersioni solide via HME o di rivestimenti cosmetici, sia diluenti tradizionali quale l’amido la cui termoplasticità, quando estruso in particolari condizioni di temperatura e umidità, è già stata ampiamente dimostrata. È stato anche preso in considerazione un derivato dell’amido (sodio amido glicolato), impiegato come superdisgregante in forme solide e mai lavorato per HME o IM, che si è dimostrato anch’esso termoplastico ed in grado di mantenere il proprio potenziale disgregante dopo lavorazione a caldo. Con la maggior parte dei polimeri testati è stato sufficiente individuare le corrette condizioni di plasticizzazione (tipo e quantità di plasticizzante) per ottenere prototipi di compresse estruse o stampate. Da questo punto di vista le tecniche di HME e IM potrebbero favorire un’importante semplificazione formulativa rispetto all’allestimento tradizionale di compresse mediante compattazione di polveri. Dalla fase di screening sono stati individuati due materiali particolarmente promettenti, l’idrossipropilcellulosa (HPC) e il sodio amido glicolato (EXPCLV) caratterizzati da un diverso comportamento di interazione con i fluidi acquosi, l’uno di graduale solubilizzazione e l’altro di disaggregazione o erosione. Allo scopo di aumentare la velocità di perdita di massa dei prototipi di compresse placebo realizzati mediante HME o IM, sono stati allestiti materiali compositi a base di HPC o EXPCLV contenenti possibili modificatori di rilascio (eccipienti solubili, insolubili, disgreganti ed effervescenti). I risultati ottenuti sono stati in generale molto incoraggianti; le formulazioni a base di EXPCLV si sono dimostrate particolarmente promettenti in virtù della evidente tendenza all’erosione. È stato infine approcciato il problema dell’introduzione del principio attivo nella formulazione di compresse, tenendo conto delle sue caratteristiche di solubilità e del comportamento alle temperature di lavorazione (temperatura di fusione/degradazione). I dati ottenuti dai test di dissoluzione lasciano intravedere ottime possibilità di sviluppo di compresse convenzionali. In particolare, per quanto riguarda i prodotti contenenti farmaci poco solubili (e.g. furosemide) è stata confermata la maggiore efficienza nel promuoverne la liberazione delle formulazioni a base di EXPCLV: anche nel caso di compresse stampate, infatti, caratterizzate da una maggiore densità apparente, il passaggio in soluzione del principio attivo si completa in circa un’ora. [1] https://novartis-mit.mit.edu/ [2] Mascia S. et al., Angewandte Chemie International Edition 52, 12359-12363 (2013).
Settore CHIM/09 - Farmaceutico Tecnologico Applicativo
giu-2014
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