SCIENZE DELLA TERRA ED ARCHEOLOGIA ( PREISTORICA) IN ITALIA – GLI ULTIMI 50 ANNI L’anno ( il 1962) che apre l’intervallo cronologico della IV sessione di questo convegno, riecheggia – per una scelta, più che condivisibile – un capitolo del manuale ‘ Storia della Paletnologia’ di A Guidi. Il 1962 oltre ad essere l’anno del VI, Congresso Internazionale di Scienze Preistoriche e Protostoriche tenutosi a ROMA , anche e soprattutto viene scelto dal l’Autore come inizio della diffusione delle idee della NEW ARCHAEOLOGY. A quella corrente di pensiero l’integrazione fra Scienze della terra ed Archeologia deve le sue basi teoriche, ancora oggi pienamente valide, anzi con essa sono nati i termini, Geoarcheologia ed Archeometria con i quali si definiscono le discipline di ambito delle ST che fanno ricerca in campo archeologico. Le Scienze della Terra sono coinvolte sia sul piano dell’acquisizione del dato ( Le testimonianze archeologiche sono sequenza di azioni fossilizzate ed il loro significato culturale emerge qualora vengano ripulite dalle sovrimpressioni che hanno subito nel loro prolungato permanere all’interno delle coltri sedimentarie e pedologiche ) ed anche sul piano dell’analisi del dato stesso , vista l’ attenzione che la NA presta ai contesti ( fauna, flora, geologia ) che interagiscono a vari livelli con i sistemi socio culturali. Tuttavia Prima che per gli aspetti teorici, le interconnessioni fra scienze della terra ed archeologia hanno una ragione pratica che è sempre esistita talora sotto traccia, poiché le Scienze sussidiarie come sono stati chiamati le applicazioni delle SC in Arch. in ultima analisi favoriscono una più ricca raccolta di dati ed una loro più fine interpretazione Fin dalle origini entrambe le discipline condividono molti strumenti di lavoro, esempio il metodo stratigrafico, ma i progressi tecnologici nei campi delle scienze matematiche fisiche e naturali del secondo dopoguerra offrono tra gli anni 50 e 60 dello scorso secolo un ampio spettro interdisciplinare di applicazioni innovative, tra le quali particolarmente significativa è la scoperta dei metodi di datazione radiometrica , principalmente il radiocarbonio. Paradigmatico è il volume di Brotwell e Higg , SCIENCE IN ARCHAEOLOGY - A SURVEY OF PROGRESS AND RESEARCH - , la cui prima edizione risale al 1963. Sessanta diversi divisi in sette sezioni contributi nel ponderoso volume, costituiscono sostanzialmente l’inventario dello strumentario tecnico multidisciplinare applicabile allora alla ricerca archeologica valido fino ai nostri giorni – pur con notevoli progressi in alcuni specifici settori - vedi la riedizione del volume nel : Quindi Sezione uno DATAZIONI, Sezione due Ambiente ( clima , pedologia, geomorfologia sedimentologia ), Piante Animali , Sezione tre Antropologia .. le ossa…Sezione 4 Microscopy and Radiography Sezione 5 Artifacts ( Archeometria ) , Sezione 6 Statistica , Sezione 7 Prospezioni geofisiche. A parte le datazioni i cui metodi non appartengono neppure ai geologi che sono anch’essi dei semplici utilizzatori, ma dalle restanti sezioni dell’opera appaiono già sono evidenti le linee le due strade che prenderanno gli interesse della scienze della terra in Archeologia nei decenni successivi : -l’indirizzo archeometrico che applica tecniche mineralogico petrografiche ai materiali archeologici per diagnosticarne provenienza e tecniche di produzione - indirizzo geoarcheologico che applicat tecniche geofisiche, geomorfologiche , pedologiche allo studio/ ricostruzione dei paesaggi antichi , allo studio dei depositi archeologici formazione del sito. L’ Italia non rimane estranea a questi sviluppi. Va ricordata innanzi tutto l’attività svolta da C M Lerici nell’ ambito della sua Fondazione nel politecnico di Milano che ha elaborato una ampia serie di metodi geofisici e foto geologici . Le applicazioni più famose dei primi sono certo le indagini legate alla localizzazione delle tombe etrusche di toscana e lazio, le seconde riguardano i segni indotti nei paesaggi dalle strutture sepolte individuate mediante i cropp marks, il volo radente, il colore dei terreni. Esemplare il caso delle immagini foto geologiche dell’area della Val Pega, allora recentemente bonificata che mettevano in rilievo strutture allora attribuite alla città etrusca di Spina , ma oggi sappiamo invece più probabilmente appartenere alla parcellazione agraria di età alto medievale. A parte questo l’interesse per le immagini foto geologiche in archeologia è stato l’inizio di numerose significative applicazioni in anni più recenti: fra queste mi piace particolarmente ricordare lo studio geomorfologico del progetto finalizzato CNR Neotettonica ad esempio, promosso in verità per identificare e datare le deformazioni recenti delle pianure italiane. Ma è stato proprio grazie a questo che ci si che ci si è accorti come le terramare, dimenticate ormai da molti decenni, ben lungi dall’essere state esaurite dalle cave del XIX secolo, ancora comparissero, con vivido risalto, sulle foto aeree della pianura padana. Applicazioni di carattere geologico principalmente nell’ambito di un approccio multidisciplinare comprendente anche gli aspetti paleontologici e paleobotanici vengono promosse dal gruppo di ricerca che si costituisce fin dall’inizio degli anni ’60 attorno all’Istituto di Paleontologia Umana dell’Università di Ferrara ( di cui più diffusamente vi parlerà Peretto ), al Museo di Storia Naturale di Verona. Il campo d’indagine preferito è il paleolitico – in stretta relazione con le problematiche sviluppate in ambiente francese - e le aree di indagine sono principalmente locali: suoli dell’altipiano dei Lessini grotte e ripari della stessa area e dei colli Berici, ma si estendono anche fino al Gargano. Ricordo particolarmente la figura di Angelo Pasa che utilizza sia pure in modo non sempre tecnicamente coerente gli strumenti della pedologia e della geologia nella ricostruzione degli ambienti archeologici e proprio per questa sua conclamata interdisciplinarità viene chiamato da F. Mori a far parte della missione italiana nel Tadrat Acacus. Significativo è l’affacciarsi al mondo della geoarcheologia di Fiorenzo Mancini, pedologo di Firenze, che introduce con successo la paleo pedologia allo studio dei depositi glaciali dell’Italia settentrionale con S.Venzo. Qui interessa particolarmente il fatto che applichi i suoi strumenti di indagini allo studio dei depositi in grotta ( nel riparo della romita di S. Asciano , già negli anni cinquanta). Ed è un suo allievo Donatello Magaldi che si interpreta su di una base strettamente mineralogica, pedologica il riempimento della GROTTA DEL BROIN , studiato dal punto divistra archeologico da Broglio e paleontologico da Bartolomei. Poco dopo GA Ferrara si occupa ai depositi in in grotta ed alle dune fossili dove operava il gruppo di preistorici dell’ Università di Siena anch’essi assai sensibili all’aprocco pluridisciplinare nello studio del paleolitico. Introducendo credo per la prima volta in italia l’osservazione dei suoli in sezione sottile. In questo periodo tuttavia la percezione dell’interdisciplinarità non è sempre lineare: un esempio negativo è dato dal volume Scritti sul quaternario Volume in Onore di Angelo Pasa ( 1969) i cui contributi sono tutti rigorosamente disciplinari ( paleontologici, geomorfologici, archeologici), senza che venga mai evidenziato il legame fra le discipline che tanto caro era stato allo studioso in questione. Se nelle ricerche dell’Istituto Ferrarese ed al Museo di Verona , almeno all’inizio traspare un interesse specialmente locale, ben diversi sono da subito gli orientamenti de gli studiosi che si sono raccolti attorno A. C. Blanc e all’Istituto di Paleontologia Umana da lui fondato, e che dopo la sua prematura morte hanno continuato attorno alla rivista Quaternaria. I temi di ricerca come chiaramente espresso nel sottitolo della rivista - STORIA NATURALE E CULTURALE DEL QUATERNARIO - sono focalizzati sul paleolitico, ma non solo e spaziano su tutte le applicazioni archeometriche e geoarcheologiche dalle datazioni, alle analisi sui sedimenti. Le aree di ricerca non si limitano a quelle del lazio, pur con gli aspetti di grande interesse che manifestano, ma si estendono’Africa al Medio oriente ed alle Americhe. Quaternaria negli anni ’60 attira gli autori più prestigiosi nel panorama quaternaristico e preistorico internazionale ( Emiliani, Bonifay ed anche Butzer uno dei padri della Geoarcheologia ). Per la seconda metà degli anni sessanta va ricordata l’attività di Tiziano Mannoni minerologo di formazione che si svolge nell’ambito dell’Istituto di Storia la Cultura Materiale ed il Dipartimento di Scienze della Terra dell’ Università di Genova Univ e si che applica geoarcheologia e archeometria al territorio montano ed urbano della Liguria. Tra gli studiosi di quei decenni è forse il più vicino alle problematiche processualiste e di archeologia ambientale di ambiente anglosassone dal quale lo studioso ha probabilmente derivato anche il suo personale Understatement. Anche se i collegamenti con i geoarcheologi del paleolitico che ho citato fin ora è in apparenza labile, lo studioso diventa un punto di riferimento per l’Archeologia Medievale ed un paradigma per le più recenti ricerche sul pastoralismo ( Arene candide e Archeologia dell’ Appennino ligure) in aree montane sviluppato da più giovani studiosi che si sono riconosciuti nei suoi metodi e che hanno introdotto nell’ambiente italiano in modo sistematico lo studio geoarcheologico dei dei depositi archeologici olocenici anche con la tecnica allora innovativa della Micromorfologia. E’ anche doveroso ricordare , ma non posso analizzarlo per ragioni di tempo come gli aspetti interdisciplinari della ricerca archeologica siano stati sviluppati in molte occasioni nelle attività di ricerca che hanno fatto capo dell’Istituto italiano di Preistoria e Protostoria. A partire dagli anni ’70 , parallelamente ai primi scavi preventivi si larga scala esempio la metropolitana di Londra in Inghilterra e in Italia gli scavi urbani a Pavia e Verona, la pratica geoarcheologica si va affermando nei cantieri di scavo, ( sia in Italia che nelle missioni all’estero) dove un discreto numero di laureati in scienze della terra trova lavoro ed il modo di collaborare con le Soprintendenze archeologiche che tali scavi gestiscono. La loro preparazione si rivela utile specialmente sul terreno per decifrare le stratigrafie ed individuare i processi di formazione . Non sempre il confronto fra i saperi è avvenuto senza difficoltà, ma sempre ha portato ad un avanzamento delle conoscenze. Posso offrire una mia esperienza nello scavo di porta Reno War Perkins , i sottili livelli di sabbia alla base delle case di legno hanno causato lunghe discussioni sulla loro natura pavimenti ? o episodi alluvionali del vicino Po. Nell’ambito della archeologia professionale, vi è un buon numero di geoarcheologi professionisti ( ricordo , ma senza citarli tutti i colleghi, Balista, Arnoldus .. Pavia ) che non solo hanno guidato significativi progetti , ma hanno anche contribuito a mettere l’ampio protocollo di interventi che la geoarcheologia è in grado di offrire alla ricerca archeologica applicata: dalla localizzazione dei siti archeologici mediante remote sensing, alla stima della loro forma e consistenza mediante geofisica, carotaggi; alla diagnosi dei processi di formazione mediante una lettura delle stratigrafie con criteri sedimentologici e pedologici. Vedete che questa serie di interventi ben corrispondono a quelli che la recente la recente legge detta dell’ ‘Archeologia preventiva’ prevede nell’ambito delle Procedure preliminari a livello territoriale Con La lettura geomorfologica del territorio e d) La fotointerpretazione e nell’ambito delle Procedure integrative a livello di sito Con la fase integrativa della progettazione preliminare Che prevede carotaggi prospezioni geofisiche e geochimiche. Come alcuni colleghi qui presenti sanno, ho cercato, insieme ad altri a suo tempo di oppormi al mancato inserimento tra le figure aventi i requisiti per svolgere valutazioni del rischio archeologico previste dalla attuale legge quella del geoarcheologo e dei Dipartimenti di Scienze della Terra , insieme a quelle previste degli Archeologici e dei Dipartimenti di Archeologia. Oggi però preferisco considerare gli elementi positivi che sono certamente prevalenti nella Legge dell’Archeologia Preventiva, anche per quanto riguarda i geoarcheologi, poiché nella prassi le competenze di scienze della terra continuano ad essere richieste apprezzate ed ampiamente utilizzate. Sarebbe però auspicabile che come avviene in Francia , la loro presenza fosse sistematicamente prevista in ciascun progetto , e la direzione del progetto venisse affidata per curriculum e non semplicemente per qualifiche accademiche Il punto non è contrapporre gli archeologi di formazione umanistica a quelli di formazione geologica, quanto piuttosto formare una nuova figura di archeologo che abbia l’adeguato bagaglio tecnico scientifico per esumare STORIE DALLA TERRA ma che nella terra sono e che per tanto questa deve essere adeguatamente conosciuta. Oggi però anche sul piano della ricerca , l’interesse delle scienze della Terra per l’archeologia stà superando posizioni derivate dalla New Archeology e sta dirigendosi verso obiettivi diversi. Le recenti preoccupazioni circa il riscaldamento globale in atto e le sue probabili conseguenze sul futuro dell’umanità , hanno portato gli studiosi ad interrogarsi sul il ruolo che l’attività dell’uomo ha esercitato a lungo termine sull’ ambiente, modificandolo profondamente fino ad influire sulla macchina climatica. Poiché paesaggi e siti archeologici sono gli archivi privilegiati per indagare su questo tema, si è aperto alla ricerca congiunta fra Scienze della Terra ed Archeologia un campo di indagine di grande interesse . Questo comprende sostanzialmente su due linee a) Le indagine sulle catastrofi – che hanno interessato le civiltà archeologiche in luoghi e tempi diversi come possibili esiti di sfruttamento dell’ambiente non sostenibili b ) l’indagine sugli effetti di lunga durata dell’uso del suolo (disboscamento, agricoltura, pastorizia) che potrebbe aver provocato ben prima della rivoluzione industriale un sostanziale contributo attraverso l’accumulo dei gas serra nell’atmosfera, al cambiamento climatico in atto. Nella letteratura internazionale sono sempre pi numerosi i climatologi, gli ambientalisti, i pedologi, i sedimentologi, i geomorfologi che pubblicano su questo tema lavori di grande rilievo in riviste prestigiose: anche in Italia questa tendenza avvertibile: il programma del Congresso FIST ( Federazione Italiana di Scienze della Terra ) tenutosi a Torino in ottobre sono dedicati a tali tematiche 4 sessioni , e 2 workshops , minoritarie naturalmente rispetto ai al congresso, ma indice di un crescente interesse ( anche per un altro aspetto che qui non trattiamo le applicazioni ai beni culturali , anche archeologici per la conservazione e la valorizzazione). Un positivo riscontro a questo fatto sul piano accademico è che la Geoarcheologia ( oggi prevista nell’ SSD GEO 4 ) è praticata ormai in diverse sedi ed è insegnata nei corsi di laurea di Scienze della Terra, di Scienze Naturali e Scienze dei Beni Culturali. Su 24 Dipartimenti di Scienze della Terra (esistenti oggi), almeno 10 menzionano la geoarcheologia spesso associata con l’archeometria tra le linee di ricerca sostenuti. Vanno segnalati centri particolarmente attivi come il DST dell’Università Federico II di Napoli , nato attorno alla figura di Aldo Cinque e basato sull’area campana ricchissima di evidenze di grande interesse, ed ancora il DST modena che ospitera il prossimo congresso Nazionale di Archeometria. Ci sono poi geoarcheologi inseriti nellSSd 08 che operano in Dipartimenti Biologici Cosa voglio dire con tutto questo? che ci troviamo ancora una volta alla vigilia di un divorzio fra la ricerca archeologica e scienze della terra come nel tanto deprecato inizio del XX secolo, che la geoarcheologia e le altre ‘ Scienze Sussidiarie’ stanno aprendosi un loro percorso autonomo.? Spero proprio di no: Oggi il mondo dell’ Archeologia ha la necessità di affermare con forza la propria visibilità nel tessuto sociale anche per meglio gestire grandi responsabilità che ha nella tutela patrimonio archeologico. Queste però investano un ben più ampio bacino di interessi e di. Secondo me quindi non è il momento per le Archeologie ( Preprotostorica , Classica , Medievale Post Classica ) , di chiudersi in se ma di promuovere sinergie con ambienti che abbiano interessi comuni e promuovere insieme ad essi una più influente immagine culturale.

SCienze della Terra ed Archeologia / M. Cremaschi. ((Intervento presentato al 46. convegno 150 Anni di Preistoria e Protostoria in Italia tenutosi a Roma nel 2011.

SCienze della Terra ed Archeologia.

M. Cremaschi
Primo
2011

Abstract

SCIENZE DELLA TERRA ED ARCHEOLOGIA ( PREISTORICA) IN ITALIA – GLI ULTIMI 50 ANNI L’anno ( il 1962) che apre l’intervallo cronologico della IV sessione di questo convegno, riecheggia – per una scelta, più che condivisibile – un capitolo del manuale ‘ Storia della Paletnologia’ di A Guidi. Il 1962 oltre ad essere l’anno del VI, Congresso Internazionale di Scienze Preistoriche e Protostoriche tenutosi a ROMA , anche e soprattutto viene scelto dal l’Autore come inizio della diffusione delle idee della NEW ARCHAEOLOGY. A quella corrente di pensiero l’integrazione fra Scienze della terra ed Archeologia deve le sue basi teoriche, ancora oggi pienamente valide, anzi con essa sono nati i termini, Geoarcheologia ed Archeometria con i quali si definiscono le discipline di ambito delle ST che fanno ricerca in campo archeologico. Le Scienze della Terra sono coinvolte sia sul piano dell’acquisizione del dato ( Le testimonianze archeologiche sono sequenza di azioni fossilizzate ed il loro significato culturale emerge qualora vengano ripulite dalle sovrimpressioni che hanno subito nel loro prolungato permanere all’interno delle coltri sedimentarie e pedologiche ) ed anche sul piano dell’analisi del dato stesso , vista l’ attenzione che la NA presta ai contesti ( fauna, flora, geologia ) che interagiscono a vari livelli con i sistemi socio culturali. Tuttavia Prima che per gli aspetti teorici, le interconnessioni fra scienze della terra ed archeologia hanno una ragione pratica che è sempre esistita talora sotto traccia, poiché le Scienze sussidiarie come sono stati chiamati le applicazioni delle SC in Arch. in ultima analisi favoriscono una più ricca raccolta di dati ed una loro più fine interpretazione Fin dalle origini entrambe le discipline condividono molti strumenti di lavoro, esempio il metodo stratigrafico, ma i progressi tecnologici nei campi delle scienze matematiche fisiche e naturali del secondo dopoguerra offrono tra gli anni 50 e 60 dello scorso secolo un ampio spettro interdisciplinare di applicazioni innovative, tra le quali particolarmente significativa è la scoperta dei metodi di datazione radiometrica , principalmente il radiocarbonio. Paradigmatico è il volume di Brotwell e Higg , SCIENCE IN ARCHAEOLOGY - A SURVEY OF PROGRESS AND RESEARCH - , la cui prima edizione risale al 1963. Sessanta diversi divisi in sette sezioni contributi nel ponderoso volume, costituiscono sostanzialmente l’inventario dello strumentario tecnico multidisciplinare applicabile allora alla ricerca archeologica valido fino ai nostri giorni – pur con notevoli progressi in alcuni specifici settori - vedi la riedizione del volume nel : Quindi Sezione uno DATAZIONI, Sezione due Ambiente ( clima , pedologia, geomorfologia sedimentologia ), Piante Animali , Sezione tre Antropologia .. le ossa…Sezione 4 Microscopy and Radiography Sezione 5 Artifacts ( Archeometria ) , Sezione 6 Statistica , Sezione 7 Prospezioni geofisiche. A parte le datazioni i cui metodi non appartengono neppure ai geologi che sono anch’essi dei semplici utilizzatori, ma dalle restanti sezioni dell’opera appaiono già sono evidenti le linee le due strade che prenderanno gli interesse della scienze della terra in Archeologia nei decenni successivi : -l’indirizzo archeometrico che applica tecniche mineralogico petrografiche ai materiali archeologici per diagnosticarne provenienza e tecniche di produzione - indirizzo geoarcheologico che applicat tecniche geofisiche, geomorfologiche , pedologiche allo studio/ ricostruzione dei paesaggi antichi , allo studio dei depositi archeologici formazione del sito. L’ Italia non rimane estranea a questi sviluppi. Va ricordata innanzi tutto l’attività svolta da C M Lerici nell’ ambito della sua Fondazione nel politecnico di Milano che ha elaborato una ampia serie di metodi geofisici e foto geologici . Le applicazioni più famose dei primi sono certo le indagini legate alla localizzazione delle tombe etrusche di toscana e lazio, le seconde riguardano i segni indotti nei paesaggi dalle strutture sepolte individuate mediante i cropp marks, il volo radente, il colore dei terreni. Esemplare il caso delle immagini foto geologiche dell’area della Val Pega, allora recentemente bonificata che mettevano in rilievo strutture allora attribuite alla città etrusca di Spina , ma oggi sappiamo invece più probabilmente appartenere alla parcellazione agraria di età alto medievale. A parte questo l’interesse per le immagini foto geologiche in archeologia è stato l’inizio di numerose significative applicazioni in anni più recenti: fra queste mi piace particolarmente ricordare lo studio geomorfologico del progetto finalizzato CNR Neotettonica ad esempio, promosso in verità per identificare e datare le deformazioni recenti delle pianure italiane. Ma è stato proprio grazie a questo che ci si che ci si è accorti come le terramare, dimenticate ormai da molti decenni, ben lungi dall’essere state esaurite dalle cave del XIX secolo, ancora comparissero, con vivido risalto, sulle foto aeree della pianura padana. Applicazioni di carattere geologico principalmente nell’ambito di un approccio multidisciplinare comprendente anche gli aspetti paleontologici e paleobotanici vengono promosse dal gruppo di ricerca che si costituisce fin dall’inizio degli anni ’60 attorno all’Istituto di Paleontologia Umana dell’Università di Ferrara ( di cui più diffusamente vi parlerà Peretto ), al Museo di Storia Naturale di Verona. Il campo d’indagine preferito è il paleolitico – in stretta relazione con le problematiche sviluppate in ambiente francese - e le aree di indagine sono principalmente locali: suoli dell’altipiano dei Lessini grotte e ripari della stessa area e dei colli Berici, ma si estendono anche fino al Gargano. Ricordo particolarmente la figura di Angelo Pasa che utilizza sia pure in modo non sempre tecnicamente coerente gli strumenti della pedologia e della geologia nella ricostruzione degli ambienti archeologici e proprio per questa sua conclamata interdisciplinarità viene chiamato da F. Mori a far parte della missione italiana nel Tadrat Acacus. Significativo è l’affacciarsi al mondo della geoarcheologia di Fiorenzo Mancini, pedologo di Firenze, che introduce con successo la paleo pedologia allo studio dei depositi glaciali dell’Italia settentrionale con S.Venzo. Qui interessa particolarmente il fatto che applichi i suoi strumenti di indagini allo studio dei depositi in grotta ( nel riparo della romita di S. Asciano , già negli anni cinquanta). Ed è un suo allievo Donatello Magaldi che si interpreta su di una base strettamente mineralogica, pedologica il riempimento della GROTTA DEL BROIN , studiato dal punto divistra archeologico da Broglio e paleontologico da Bartolomei. Poco dopo GA Ferrara si occupa ai depositi in in grotta ed alle dune fossili dove operava il gruppo di preistorici dell’ Università di Siena anch’essi assai sensibili all’aprocco pluridisciplinare nello studio del paleolitico. Introducendo credo per la prima volta in italia l’osservazione dei suoli in sezione sottile. In questo periodo tuttavia la percezione dell’interdisciplinarità non è sempre lineare: un esempio negativo è dato dal volume Scritti sul quaternario Volume in Onore di Angelo Pasa ( 1969) i cui contributi sono tutti rigorosamente disciplinari ( paleontologici, geomorfologici, archeologici), senza che venga mai evidenziato il legame fra le discipline che tanto caro era stato allo studioso in questione. Se nelle ricerche dell’Istituto Ferrarese ed al Museo di Verona , almeno all’inizio traspare un interesse specialmente locale, ben diversi sono da subito gli orientamenti de gli studiosi che si sono raccolti attorno A. C. Blanc e all’Istituto di Paleontologia Umana da lui fondato, e che dopo la sua prematura morte hanno continuato attorno alla rivista Quaternaria. I temi di ricerca come chiaramente espresso nel sottitolo della rivista - STORIA NATURALE E CULTURALE DEL QUATERNARIO - sono focalizzati sul paleolitico, ma non solo e spaziano su tutte le applicazioni archeometriche e geoarcheologiche dalle datazioni, alle analisi sui sedimenti. Le aree di ricerca non si limitano a quelle del lazio, pur con gli aspetti di grande interesse che manifestano, ma si estendono’Africa al Medio oriente ed alle Americhe. Quaternaria negli anni ’60 attira gli autori più prestigiosi nel panorama quaternaristico e preistorico internazionale ( Emiliani, Bonifay ed anche Butzer uno dei padri della Geoarcheologia ). Per la seconda metà degli anni sessanta va ricordata l’attività di Tiziano Mannoni minerologo di formazione che si svolge nell’ambito dell’Istituto di Storia la Cultura Materiale ed il Dipartimento di Scienze della Terra dell’ Università di Genova Univ e si che applica geoarcheologia e archeometria al territorio montano ed urbano della Liguria. Tra gli studiosi di quei decenni è forse il più vicino alle problematiche processualiste e di archeologia ambientale di ambiente anglosassone dal quale lo studioso ha probabilmente derivato anche il suo personale Understatement. Anche se i collegamenti con i geoarcheologi del paleolitico che ho citato fin ora è in apparenza labile, lo studioso diventa un punto di riferimento per l’Archeologia Medievale ed un paradigma per le più recenti ricerche sul pastoralismo ( Arene candide e Archeologia dell’ Appennino ligure) in aree montane sviluppato da più giovani studiosi che si sono riconosciuti nei suoi metodi e che hanno introdotto nell’ambiente italiano in modo sistematico lo studio geoarcheologico dei dei depositi archeologici olocenici anche con la tecnica allora innovativa della Micromorfologia. E’ anche doveroso ricordare , ma non posso analizzarlo per ragioni di tempo come gli aspetti interdisciplinari della ricerca archeologica siano stati sviluppati in molte occasioni nelle attività di ricerca che hanno fatto capo dell’Istituto italiano di Preistoria e Protostoria. A partire dagli anni ’70 , parallelamente ai primi scavi preventivi si larga scala esempio la metropolitana di Londra in Inghilterra e in Italia gli scavi urbani a Pavia e Verona, la pratica geoarcheologica si va affermando nei cantieri di scavo, ( sia in Italia che nelle missioni all’estero) dove un discreto numero di laureati in scienze della terra trova lavoro ed il modo di collaborare con le Soprintendenze archeologiche che tali scavi gestiscono. La loro preparazione si rivela utile specialmente sul terreno per decifrare le stratigrafie ed individuare i processi di formazione . Non sempre il confronto fra i saperi è avvenuto senza difficoltà, ma sempre ha portato ad un avanzamento delle conoscenze. Posso offrire una mia esperienza nello scavo di porta Reno War Perkins , i sottili livelli di sabbia alla base delle case di legno hanno causato lunghe discussioni sulla loro natura pavimenti ? o episodi alluvionali del vicino Po. Nell’ambito della archeologia professionale, vi è un buon numero di geoarcheologi professionisti ( ricordo , ma senza citarli tutti i colleghi, Balista, Arnoldus .. Pavia ) che non solo hanno guidato significativi progetti , ma hanno anche contribuito a mettere l’ampio protocollo di interventi che la geoarcheologia è in grado di offrire alla ricerca archeologica applicata: dalla localizzazione dei siti archeologici mediante remote sensing, alla stima della loro forma e consistenza mediante geofisica, carotaggi; alla diagnosi dei processi di formazione mediante una lettura delle stratigrafie con criteri sedimentologici e pedologici. Vedete che questa serie di interventi ben corrispondono a quelli che la recente la recente legge detta dell’ ‘Archeologia preventiva’ prevede nell’ambito delle Procedure preliminari a livello territoriale Con La lettura geomorfologica del territorio e d) La fotointerpretazione e nell’ambito delle Procedure integrative a livello di sito Con la fase integrativa della progettazione preliminare Che prevede carotaggi prospezioni geofisiche e geochimiche. Come alcuni colleghi qui presenti sanno, ho cercato, insieme ad altri a suo tempo di oppormi al mancato inserimento tra le figure aventi i requisiti per svolgere valutazioni del rischio archeologico previste dalla attuale legge quella del geoarcheologo e dei Dipartimenti di Scienze della Terra , insieme a quelle previste degli Archeologici e dei Dipartimenti di Archeologia. Oggi però preferisco considerare gli elementi positivi che sono certamente prevalenti nella Legge dell’Archeologia Preventiva, anche per quanto riguarda i geoarcheologi, poiché nella prassi le competenze di scienze della terra continuano ad essere richieste apprezzate ed ampiamente utilizzate. Sarebbe però auspicabile che come avviene in Francia , la loro presenza fosse sistematicamente prevista in ciascun progetto , e la direzione del progetto venisse affidata per curriculum e non semplicemente per qualifiche accademiche Il punto non è contrapporre gli archeologi di formazione umanistica a quelli di formazione geologica, quanto piuttosto formare una nuova figura di archeologo che abbia l’adeguato bagaglio tecnico scientifico per esumare STORIE DALLA TERRA ma che nella terra sono e che per tanto questa deve essere adeguatamente conosciuta. Oggi però anche sul piano della ricerca , l’interesse delle scienze della Terra per l’archeologia stà superando posizioni derivate dalla New Archeology e sta dirigendosi verso obiettivi diversi. Le recenti preoccupazioni circa il riscaldamento globale in atto e le sue probabili conseguenze sul futuro dell’umanità , hanno portato gli studiosi ad interrogarsi sul il ruolo che l’attività dell’uomo ha esercitato a lungo termine sull’ ambiente, modificandolo profondamente fino ad influire sulla macchina climatica. Poiché paesaggi e siti archeologici sono gli archivi privilegiati per indagare su questo tema, si è aperto alla ricerca congiunta fra Scienze della Terra ed Archeologia un campo di indagine di grande interesse . Questo comprende sostanzialmente su due linee a) Le indagine sulle catastrofi – che hanno interessato le civiltà archeologiche in luoghi e tempi diversi come possibili esiti di sfruttamento dell’ambiente non sostenibili b ) l’indagine sugli effetti di lunga durata dell’uso del suolo (disboscamento, agricoltura, pastorizia) che potrebbe aver provocato ben prima della rivoluzione industriale un sostanziale contributo attraverso l’accumulo dei gas serra nell’atmosfera, al cambiamento climatico in atto. Nella letteratura internazionale sono sempre pi numerosi i climatologi, gli ambientalisti, i pedologi, i sedimentologi, i geomorfologi che pubblicano su questo tema lavori di grande rilievo in riviste prestigiose: anche in Italia questa tendenza avvertibile: il programma del Congresso FIST ( Federazione Italiana di Scienze della Terra ) tenutosi a Torino in ottobre sono dedicati a tali tematiche 4 sessioni , e 2 workshops , minoritarie naturalmente rispetto ai al congresso, ma indice di un crescente interesse ( anche per un altro aspetto che qui non trattiamo le applicazioni ai beni culturali , anche archeologici per la conservazione e la valorizzazione). Un positivo riscontro a questo fatto sul piano accademico è che la Geoarcheologia ( oggi prevista nell’ SSD GEO 4 ) è praticata ormai in diverse sedi ed è insegnata nei corsi di laurea di Scienze della Terra, di Scienze Naturali e Scienze dei Beni Culturali. Su 24 Dipartimenti di Scienze della Terra (esistenti oggi), almeno 10 menzionano la geoarcheologia spesso associata con l’archeometria tra le linee di ricerca sostenuti. Vanno segnalati centri particolarmente attivi come il DST dell’Università Federico II di Napoli , nato attorno alla figura di Aldo Cinque e basato sull’area campana ricchissima di evidenze di grande interesse, ed ancora il DST modena che ospitera il prossimo congresso Nazionale di Archeometria. Ci sono poi geoarcheologi inseriti nellSSd 08 che operano in Dipartimenti Biologici Cosa voglio dire con tutto questo? che ci troviamo ancora una volta alla vigilia di un divorzio fra la ricerca archeologica e scienze della terra come nel tanto deprecato inizio del XX secolo, che la geoarcheologia e le altre ‘ Scienze Sussidiarie’ stanno aprendosi un loro percorso autonomo.? Spero proprio di no: Oggi il mondo dell’ Archeologia ha la necessità di affermare con forza la propria visibilità nel tessuto sociale anche per meglio gestire grandi responsabilità che ha nella tutela patrimonio archeologico. Queste però investano un ben più ampio bacino di interessi e di. Secondo me quindi non è il momento per le Archeologie ( Preprotostorica , Classica , Medievale Post Classica ) , di chiudersi in se ma di promuovere sinergie con ambienti che abbiano interessi comuni e promuovere insieme ad essi una più influente immagine culturale.
25-nov-2011
Settore GEO/04 - Geografia Fisica e Geomorfologia
Settore L-ANT/10 - Metodologie della Ricerca Archeologica
Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria
SCienze della Terra ed Archeologia / M. Cremaschi. ((Intervento presentato al 46. convegno 150 Anni di Preistoria e Protostoria in Italia tenutosi a Roma nel 2011.
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