Il contributo dapprima esplora il rapporto, non privo di frizioni, tra il lessico della moda e i dizionari dell’uso, con un focus particolare sul GRADIT; successivamente si sofferma sul GRADIT come fonte per lo studio del lessico della moda. Viene messa in luce la natura inevitabilmente selettiva dei dizionari dell’uso, spesso poco idonei a restituire la complessità di un lessico come quello della moda, contraddistinto da una spiccata tendenza alla neologia, al tecnicismo, all’esotismo e alla formazione delle parole, peraltro spesso più orientate da suggestioni connotative o persuasive che da esigenze di precisione denotativa. Attraverso un’esemplificazione ad hoc, nel saggio si riflette anche sul fatto che l’instabilità del lessico della moda, che ne spiega la refrattarietà rispetto ai dizionari dell’uso, sia dovuto anche alla sua polisemia, sia sincronica sia diacronica, e all’instabilità grafica che caratterizza soprattutto la resa di voci di origine straniera. I dizionari dell’uso mostrano un’utilità solo relativa anche per quanto riguarda l’etimologia e la data di prima attestazione delle parole della moda (e dicono ancor meno rispetto alla loro scomparsa dall’uso), mentre gli spogli sulle diverse fonti che parlano, scrivono e trasmettono il lessico della moda permettono con grande facilità di retrodatare e di attestare per la prima volta numerose parole della moda. Per quanto riguarda nello specifico il lessico della moda nel GRADIT, questo dizionario, seppur di impianto apertamente descrittivo, rivela lacune nella rappresentazione del lessico della moda (in particolare quello, più superficiale, rintracciabile nelle riviste specializzate), oltre che problematicità nella marcatura, che rendono solo orientativa un’analisi condotta considerando i lemmi marcati come “TS abbigl.”. Quest’ultima analisi restituisce un lessico prevalentemente costituito da nomi, che in circa la metà dei casi sono di origine straniera, nelle varie forme del prestito integrale o adattato o del calco. Il francese si conferma la lingua modello più frequente, ma a partire dalla seconda metà dell’Ottocento prende quota l’inglese, che negli ultimi decenni diventa pressoché esclusivo; una novità sono i migratismi. Quanto alla stratigrafia diacronica, i primi secoli della nostra lingua apportano poche voci della moda (anche perché prevalentemente sfuggite al computo, essendo marcate da GRADIT come CO, AU, AD…); un primo incremento significativo si ha nel corso dell’Ottocento, ma il nucleo maggiore è novecentesco, cui risalgono quasi 200 delle circa 500 parole “di moda” marcate da GRADIT come “TS abbigl.”.
Lessico della moda e vocabolari dell'uso / G. Sergio (QUADERNI DELLA RASSEGNA). - In: La moda francese e italiana (1880-1980) : Fonti, strumenti e metodi / [a cura di] P. D'Achille, M.T. Zanola. - [s.l] : Franco Cesati, 2025. - ISBN 979-12-5496-232-9. - pp. 159-178
Lessico della moda e vocabolari dell'uso
G. Sergio
2025
Abstract
Il contributo dapprima esplora il rapporto, non privo di frizioni, tra il lessico della moda e i dizionari dell’uso, con un focus particolare sul GRADIT; successivamente si sofferma sul GRADIT come fonte per lo studio del lessico della moda. Viene messa in luce la natura inevitabilmente selettiva dei dizionari dell’uso, spesso poco idonei a restituire la complessità di un lessico come quello della moda, contraddistinto da una spiccata tendenza alla neologia, al tecnicismo, all’esotismo e alla formazione delle parole, peraltro spesso più orientate da suggestioni connotative o persuasive che da esigenze di precisione denotativa. Attraverso un’esemplificazione ad hoc, nel saggio si riflette anche sul fatto che l’instabilità del lessico della moda, che ne spiega la refrattarietà rispetto ai dizionari dell’uso, sia dovuto anche alla sua polisemia, sia sincronica sia diacronica, e all’instabilità grafica che caratterizza soprattutto la resa di voci di origine straniera. I dizionari dell’uso mostrano un’utilità solo relativa anche per quanto riguarda l’etimologia e la data di prima attestazione delle parole della moda (e dicono ancor meno rispetto alla loro scomparsa dall’uso), mentre gli spogli sulle diverse fonti che parlano, scrivono e trasmettono il lessico della moda permettono con grande facilità di retrodatare e di attestare per la prima volta numerose parole della moda. Per quanto riguarda nello specifico il lessico della moda nel GRADIT, questo dizionario, seppur di impianto apertamente descrittivo, rivela lacune nella rappresentazione del lessico della moda (in particolare quello, più superficiale, rintracciabile nelle riviste specializzate), oltre che problematicità nella marcatura, che rendono solo orientativa un’analisi condotta considerando i lemmi marcati come “TS abbigl.”. Quest’ultima analisi restituisce un lessico prevalentemente costituito da nomi, che in circa la metà dei casi sono di origine straniera, nelle varie forme del prestito integrale o adattato o del calco. Il francese si conferma la lingua modello più frequente, ma a partire dalla seconda metà dell’Ottocento prende quota l’inglese, che negli ultimi decenni diventa pressoché esclusivo; una novità sono i migratismi. Quanto alla stratigrafia diacronica, i primi secoli della nostra lingua apportano poche voci della moda (anche perché prevalentemente sfuggite al computo, essendo marcate da GRADIT come CO, AU, AD…); un primo incremento significativo si ha nel corso dell’Ottocento, ma il nucleo maggiore è novecentesco, cui risalgono quasi 200 delle circa 500 parole “di moda” marcate da GRADIT come “TS abbigl.”.| File | Dimensione | Formato | |
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