Nel 1990 Woody Vasulka (1937-2019), pioniere della videoarte mondiale e tra gli artefici della computer art, nonché ideatore con la moglie Steina (1940) di molti dispositivi e programmi di manipolazione audio e video, inaugura sei ambienti tecnologici completamente automatizzati e collegati tematicamente, dal titolo The Brotherhood (contenenti: Translocations, Automata, Friendly Fire, Stealth, Scribe, e The Maiden); in questo spazio veniva proposto un percorso tra installazioni sonore, video e robotiche per visualizzare la relazione tra spazio reale e spazio virtuale. La serie The Brotherhood ha assunto nel tempo forme diverse – set teatrale o installazione – a seconda dello spazio espositivo utilizzato: l’installazione Automata diventava così, Theatre of the Hybrid Automata, con il performer posto al centro di un quadrato di schermi, oggetto di riprese da parte di telecamere robotizzate mentre il pubblico osservava il live dell’artista contestualmente a una serie di immagini generate sul momento, rilevate da telecamere tramite sensori invisibili o recuperate in maniera casuale dal sistema informatico. Si tratta della messa in pratica dei concetti di “spazio epistemico” e “spazio non-centrico” (Vasulka 1995) teorizzati dall’artista cecoslovacco nel corso della sua lunga attività: questi esperimenti si concluderanno nel 1998, anno in cui verranno presentati, completi di tutte le sezioni, a Tokyo. The Maiden (l’ultima produzione della serie) vede protagonista Steina Vasulka in qualità di violinista: la musica, tramite il sistema Midi collegato allo strumento, permetteva a una scultura-automa creata da Woody Vasulka di “ballare” in un duetto con la musicista. L’esecuzione cinematica di performer e macchine, lontana dall’idea di indeterminatezza e casualità, era frutto di quello che oggi si definirebbe un sapiente co-design: Woody cercava di rivelare e definire la capacità di creazione delle macchine (produttrici non più solo di calcolo) e quella di influenzare la percezione umana; per dirla poeticamente con le sue stesse parole, cercava di trovare i "demoni" che operano al loro interno per dialogarvi.
Il teatro degli automi ibridi di Woody Vasulka / A. Monteverdi - In: Digital storytelling e racconto non lineare : Spazializzazione e fine del dramma / [a cura di] M. De Feo. - Milano : Meltemi, 2024 Nov. - ISBN 9791256150946. - pp. 247-262
Il teatro degli automi ibridi di Woody Vasulka
A. Monteverdi
2024
Abstract
Nel 1990 Woody Vasulka (1937-2019), pioniere della videoarte mondiale e tra gli artefici della computer art, nonché ideatore con la moglie Steina (1940) di molti dispositivi e programmi di manipolazione audio e video, inaugura sei ambienti tecnologici completamente automatizzati e collegati tematicamente, dal titolo The Brotherhood (contenenti: Translocations, Automata, Friendly Fire, Stealth, Scribe, e The Maiden); in questo spazio veniva proposto un percorso tra installazioni sonore, video e robotiche per visualizzare la relazione tra spazio reale e spazio virtuale. La serie The Brotherhood ha assunto nel tempo forme diverse – set teatrale o installazione – a seconda dello spazio espositivo utilizzato: l’installazione Automata diventava così, Theatre of the Hybrid Automata, con il performer posto al centro di un quadrato di schermi, oggetto di riprese da parte di telecamere robotizzate mentre il pubblico osservava il live dell’artista contestualmente a una serie di immagini generate sul momento, rilevate da telecamere tramite sensori invisibili o recuperate in maniera casuale dal sistema informatico. Si tratta della messa in pratica dei concetti di “spazio epistemico” e “spazio non-centrico” (Vasulka 1995) teorizzati dall’artista cecoslovacco nel corso della sua lunga attività: questi esperimenti si concluderanno nel 1998, anno in cui verranno presentati, completi di tutte le sezioni, a Tokyo. The Maiden (l’ultima produzione della serie) vede protagonista Steina Vasulka in qualità di violinista: la musica, tramite il sistema Midi collegato allo strumento, permetteva a una scultura-automa creata da Woody Vasulka di “ballare” in un duetto con la musicista. L’esecuzione cinematica di performer e macchine, lontana dall’idea di indeterminatezza e casualità, era frutto di quello che oggi si definirebbe un sapiente co-design: Woody cercava di rivelare e definire la capacità di creazione delle macchine (produttrici non più solo di calcolo) e quella di influenzare la percezione umana; per dirla poeticamente con le sue stesse parole, cercava di trovare i "demoni" che operano al loro interno per dialogarvi.File | Dimensione | Formato | |
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