Tra le molteplici manifestazioni della schiavitù lo sfruttamento sessuale rappresenta forse quella più esplicita e costante nel tempo: sfruttamento inteso anzitutto come accessibilità sessuale della donna da parte dell’uomo, dell’adolescente da parte dell’adulto, del povero da parte del ricco, in ultima analisi del debole da parte del potente. Come è stato correttamente osservato, il fatto che la funzione sessuale della schiavitù sia stata a lungo considerata prerogativa del mondo islamico si dimostra soltanto un pregiudizio. La disponibilità sessuale delle schiave da parte del padrone è, potremmo dire, un fatto insito nel fenomeno stesso della schiavitù femminile, tanto che, in storiografia, è stata rilevata l’esistenza di una analogia tra matrimonio e schiavitù, il cui perno consiste nel diritto all’accesso sessuale dell’uomo verso la donna (moglie o schiava), sebbene, naturalmente, tra la condizione di moglie legittima e quella di schiava-concubina passino sensibili differenze. Nel tentativo di delineare un quadro generale, necessariamente sommario, della schiavitù femminile in età moderna, ci si concentrerà in particolare sui casi di sfruttamento sessuale delle schiave, ‘adoperate’ non soltanto per il servizio domestico, bensì pure come concubine, la cui esistenza non è necessariamente sempre travagliata perché, talvolta, la schiava-concubina, soprattutto se partorisce figli del padrone, gode di alcuni privilegi all’interno della casa padronale. La schiava domestica è, in ogni caso, parte del gruppo familiare ‘allargato’, composto dal paterfamilias e dalla sua famiglia legittima, ma pure dall’insieme di schiavi e servitori, il cui numero simboleggia la maggiore o minore collocazione sociale del casato. La vicinanza tra padroni e schiavi nasce inevitabilmente dall’intimità della quotidiana convivenza, dal fatto di condividere gioie e dolori, ed il legame di natura quasi affettiva che poteva instaurarsi tra il padrone e la schiava – ma anche tra la padrona e la schiava – si riflette nelle numerose monomissioni, spesso inserite all’interno degli atti di ultima volontà. Si approfondirà, inoltre, il significativo contributo di alcune istituzioni religiose locali al cosiddetto riscatto degli schiavi, consistente nel pagamento di somme di denaro in cambio della liberazione degli schiavi. Mi riferisco, in particolare, alla Pia Opera del riscatto delle fanciulle more, fondata dal genovese Nicolò Olivieri (1792-1864), la cui attività fu proseguita con zelo dal sacerdote milanese Biagio Verri (1819-1884) attraverso il sistematico ‘prelevamento’ di giovani donne dal mercato egiziano affinchè fossero condotte in Europa, ove erano collocate in conventi e monasteri.

Donne, schiave e concubine in età moderna : Riflessioni storico-giuridiche / S.T. Salvi - In: Schiave e schiavi : Riflessioni storiche e giuridiche / [a cura di] A. Bassani, B. Del Bo. - Prima edizione. - Milano : Giuffrè Francis Lefebvre, 2020. - ISBN 9788828820932. - pp. 189-216 (( convegno Schiave e schiavi : Riflessioni storiche e giuridiche tenutosi a Milano nel 2018.

Donne, schiave e concubine in età moderna : Riflessioni storico-giuridiche

S.T. Salvi
2020

Abstract

Tra le molteplici manifestazioni della schiavitù lo sfruttamento sessuale rappresenta forse quella più esplicita e costante nel tempo: sfruttamento inteso anzitutto come accessibilità sessuale della donna da parte dell’uomo, dell’adolescente da parte dell’adulto, del povero da parte del ricco, in ultima analisi del debole da parte del potente. Come è stato correttamente osservato, il fatto che la funzione sessuale della schiavitù sia stata a lungo considerata prerogativa del mondo islamico si dimostra soltanto un pregiudizio. La disponibilità sessuale delle schiave da parte del padrone è, potremmo dire, un fatto insito nel fenomeno stesso della schiavitù femminile, tanto che, in storiografia, è stata rilevata l’esistenza di una analogia tra matrimonio e schiavitù, il cui perno consiste nel diritto all’accesso sessuale dell’uomo verso la donna (moglie o schiava), sebbene, naturalmente, tra la condizione di moglie legittima e quella di schiava-concubina passino sensibili differenze. Nel tentativo di delineare un quadro generale, necessariamente sommario, della schiavitù femminile in età moderna, ci si concentrerà in particolare sui casi di sfruttamento sessuale delle schiave, ‘adoperate’ non soltanto per il servizio domestico, bensì pure come concubine, la cui esistenza non è necessariamente sempre travagliata perché, talvolta, la schiava-concubina, soprattutto se partorisce figli del padrone, gode di alcuni privilegi all’interno della casa padronale. La schiava domestica è, in ogni caso, parte del gruppo familiare ‘allargato’, composto dal paterfamilias e dalla sua famiglia legittima, ma pure dall’insieme di schiavi e servitori, il cui numero simboleggia la maggiore o minore collocazione sociale del casato. La vicinanza tra padroni e schiavi nasce inevitabilmente dall’intimità della quotidiana convivenza, dal fatto di condividere gioie e dolori, ed il legame di natura quasi affettiva che poteva instaurarsi tra il padrone e la schiava – ma anche tra la padrona e la schiava – si riflette nelle numerose monomissioni, spesso inserite all’interno degli atti di ultima volontà. Si approfondirà, inoltre, il significativo contributo di alcune istituzioni religiose locali al cosiddetto riscatto degli schiavi, consistente nel pagamento di somme di denaro in cambio della liberazione degli schiavi. Mi riferisco, in particolare, alla Pia Opera del riscatto delle fanciulle more, fondata dal genovese Nicolò Olivieri (1792-1864), la cui attività fu proseguita con zelo dal sacerdote milanese Biagio Verri (1819-1884) attraverso il sistematico ‘prelevamento’ di giovani donne dal mercato egiziano affinchè fossero condotte in Europa, ove erano collocate in conventi e monasteri.
schiavitù; schiave; concubinato; concubine
Settore IUS/19 - Storia del Diritto Medievale e Moderno
2020
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