Nel 1935 Edward Dent lamentava la scarsa presenza delle opere di Handel sui cartelloni delle stagioni liriche tedesche. Oggi i suoi lavori teatrali non solo sono i più diffusi ed apprezzati nel panorama dell’opera seria settecentesca, ma sono anche quelli che propongono alcune tra le migliori soluzioni registiche attuali. È dunque davvero una questione di testi superati, di una drammaturgia avvertita come improponibile, se non a costo di pesanti riscritture? Che ruolo può svolgere lo storico nel passaggio che dal libretto e dalla partitura porta alla messinscena? Da questo punto di vista, la Salustia di Pergolesi è emblematica per differenti ragioni. Prima opera del compositore, doveva andare in scena nel 1732 con il castrato Nicolini tra i personaggi principali. Sfortunatamente il cantante morì alcuni giorni prima della prima e Pergolesi fu così obbligato a ridistribuire le voci e cambiare alcune arie e pezzi d’insieme. Tre anni fa, per l’inizio delle celebrazioni del terzo centenario dalla nascita del compositore, Salustia, così come tutte le altre sue opere, ha rivisto le scene al Festival Pergolesi di Jesi (nella regia di Jean Paul Scarpitta). Quale versione è stata adottata e perché? Con quali conseguenze? La drammaturgia subisce dei cambiamenti quando si taglia un recitativo? E perché il lieto fine diventa tragico in scena? Lo sguardo dello storico, nelle vesti di Dramaturg può forse guidare questo delicato passaggio dal testo alla performance, alla ricerca di un equilibrio tra filologia ed invenzione creativa.

Salustia and us, or The Tragic Happy Ending. Opera Seria Between Dramaturgy and Stage Direction / B. DE MARIO - In: Philology and Performing Arts : A Challenge / [a cura di] M. Cavagna, C. Maeder. - Louvain : UCK Presses univeristaires de Louvain, 2014. - ISBN 2875583204. - pp. 113-136 (( convegno Philology and Performing Arts: A Challenge tenutosi a Louvain-la-Neuve nel 2011.

Salustia and us, or The Tragic Happy Ending. Opera Seria Between Dramaturgy and Stage Direction

B. DE MARIO
2014

Abstract

Nel 1935 Edward Dent lamentava la scarsa presenza delle opere di Handel sui cartelloni delle stagioni liriche tedesche. Oggi i suoi lavori teatrali non solo sono i più diffusi ed apprezzati nel panorama dell’opera seria settecentesca, ma sono anche quelli che propongono alcune tra le migliori soluzioni registiche attuali. È dunque davvero una questione di testi superati, di una drammaturgia avvertita come improponibile, se non a costo di pesanti riscritture? Che ruolo può svolgere lo storico nel passaggio che dal libretto e dalla partitura porta alla messinscena? Da questo punto di vista, la Salustia di Pergolesi è emblematica per differenti ragioni. Prima opera del compositore, doveva andare in scena nel 1732 con il castrato Nicolini tra i personaggi principali. Sfortunatamente il cantante morì alcuni giorni prima della prima e Pergolesi fu così obbligato a ridistribuire le voci e cambiare alcune arie e pezzi d’insieme. Tre anni fa, per l’inizio delle celebrazioni del terzo centenario dalla nascita del compositore, Salustia, così come tutte le altre sue opere, ha rivisto le scene al Festival Pergolesi di Jesi (nella regia di Jean Paul Scarpitta). Quale versione è stata adottata e perché? Con quali conseguenze? La drammaturgia subisce dei cambiamenti quando si taglia un recitativo? E perché il lieto fine diventa tragico in scena? Lo sguardo dello storico, nelle vesti di Dramaturg può forse guidare questo delicato passaggio dal testo alla performance, alla ricerca di un equilibrio tra filologia ed invenzione creativa.
Opera seria; Pergolesi; performance contemporanea; drammaturgia operistica
Settore L-ART/07 - Musicologia e Storia della Musica
2014
Université catholique de Louvain
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