Com’è stato indicato nel Libro verde della Commissione europea sui PPP e il diritto degli appalti pubblici e delle concessioni del 2004, con l’espressione partenariato pubblico-privato si fa generalmente riferimento alle varie forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il settore delle imprese, che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di una infrastruttura o la fornitura di un servizio. Il partenariato nasce dall’esigenza delle autorità pubbliche, nell’ambito di interventi complessi, di acquisire capacità propositive, ideative, progettuali, tecniche, economiche, finanziarie, di operatori economici privati. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e la successiva ripresa negli Stati europei, a partire soprattutto dal 2013, del mercato dei project financing, una particolare attenzione è stata rivolta al Value for money (VfM), che impone di valutare i benefici ottenibili dalla collettività con riferimento all’intero ciclo di vita del progetto, benefici che debbono risultare superiori nel caso di un PPP rispetto a quelli ottenibili con forme di affidamento e realizzazione alternative (ad es. appalto). Il VfM può ormai considerarsi una metodologia da utilizzare per la valutazione dei progetti non più soltanto sotto il profilo della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, ma anche in termini di non financial benefit per la collettività. Quest’ultimo profilo, che comporta una valutazione dell’innovatività e della qualità dei beni e dei servizi offerti dagli operatori privati, dei tempi di realizzazione dei progetti e del loro impatto sui soggetti beneficiari, presuppone comunque che il rischio operativo debba essere assunto dall’operatore privato, in conformità alle decisioni Eurostat sulla contabilizzazione pubblica delle operazioni di PPP (si v. Eurostat, Manual on Government Deficit and Debt - Implementation of ESA 2010, ed. 2016, §§ VI.4 e ss.). Nel dare attuazione alla direttiva 2014/23/UE il Codice dei contratti del 2016 ha specificato che deve essere trasferito all’operatore privato il rischio di costruzione e quello di disponibilità, ovvero il rischio di domanda nei casi in cui la gestione dell’opera o dei servizi possa risultare remunerativa. Nel caso in cui siano i primi due tipi di rischi ad essere trasferiti sul partner privato, l’amministrazione può versare un canone a fronte della disponibilità dell’opera o della domanda di servizi, da ridursi proporzionalmente per i periodi di mancata o insufficiente disponibilità dell’opera o dei servizi. Ai sensi dell’articolo 181, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, la scelta di ricorrere a forme di PPP deve essere preceduta da un’adeguata istruttoria con riferimento alla natura e all’intensità dei diversi rischi connessi all’operazione. La matrice dei rischi va utilizzata sin dalla fase della programmazione della procedura di gara, per la redazione del documento di fattibilità economica e finanziaria, al fine di verificare la maggiore convenienza del contratto di PPP rispetto ad un appalto. Assumono particolare rilevanza ai fini dell’allocazione dei rischi anche i fattori relativi al finanziamento pubblico dei costi di investimento, le misure agevolative previste dalla normativa vigente, la presenza di garanzie pubbliche, le clausole di fine contratto e il valore di riscatto dell’asset alla conclusione del rapporto contrattuale. Il grado di successo delle operazioni di PPP - stante la complessità delle stesse - è strettamente connesso al fatto che siano individuabili all’interno delle Amministrazioni aggiudicatrici adeguate competenze tecniche, nonché alla qualità dei progetti. Con riguardo a questo secondo versante, deve rilevarsi, innanzitutto, che con la legge di bilancio 2019 è stata estesa l’operatività del fondo rotativo per la progettualità, ex l. n. 549/1995, e si è stabilito altresì l’erogazione di finanziamenti a fondo perduto al fine di potenziare il finanziamento della progettazione di fattibilità tecnico-economica e definitiva relativa ad opere da realizzare mediante contratti di PPP. Inoltre, con l’ultima modifica apportata dal d.l. n. 76/2020 (“decreto semplificazioni”) all’art. 183 del Codice dei contratti si è previsto, da un lato, che gli operatori economici possano presentare progetti alternativi, migliorati e affinati, relativi a lavori da realizzare mediante contratti di partenariato, quand’anche i medesimi siano stati inseriti negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice, dall’altro, che gli operatori economici possano presentare progetti di fattibilità che, qualora non presenti, sono inseriti negli strumenti di programmazione. Nel settore della sanità, nel periodo 2002-2014, il valore dei PPP, a cui si è fatto ricorso soprattutto per il rinnovo di ospedali, è stato pari a 4,6 miliardi di Euro (si v. Corte conti, su dati PCM-DIPE, Il project financing, 2015, dati Cresme). Occorre considerare che più del 60% degli ospedali in Italia sono stati costruiti prima del 1970, il che rende evidente come le infrastrutture ospedaliere siano in avanzato stato di obsolescenza, anche tenuto conto dei mutamenti intervenuti sul piano dell’assistenza sanitaria, nell’ambito della quale sono state potenziate soprattutto le cure in day hospital e day surgery. Occorre poi considerare che si sono accresciute negli anni le esigenze di assistenza medica per la riabilitazione e la lungodegenza, con riferimento alle quali le infrastrutture sanitarie debbono essere in grado di assicurare anche determinati comfort di tipo alberghiero. Nel nostro paese, diversamente da altri Stati (ad es. Regno Unito) per la 35 la realizzazione di infrastrutture sanitarie si è fatto ricorso più che altro alla concessione di lavori pubblici e alla finanza di progetto. Ad eccezione delle prestazioni sanitarie, la cui organizzazione ed erogazione sono di competenza esclusiva delle amministrazioni sanitarie, diversi servizi no core possono essere svolti da operatori economici privati, quali ad es.: i servizi ospedalieri generali (i.e.: servizi informativi ospedalieri, servizi multimediali di informazione, disinfezioni degli ambienti, magazzino ospedaliero, ecc.), il servizio farmaceutico, i servizi sanitari non medicali (i.e.: la gestione e la manutenzione di impianti ed apparecchiature medicali, ecc.), i servizi alberghieri (i.e.: il servizio prenotazioni e reception, la gestione mensa per i degenti, il servizio ristorazione per il personale medico e paramedico, i servizi di pulizia dei locali, la gestione di parcheggi, ecc.), le manutenzioni delle opere e degli impianti. All’interno delle nuove strutture ospedaliere è possibile creare spazi - che non sono stati invece progettati in quelle costruite diversi anni fa - per la gestione di svariate attività commerciali. Possono essere forniti servizi accessori al funzionamento delle infrastrutture ospedaliere, mediante, ad esempio, la locazione di spazi per convegni, da adibire ad esercizi commerciali, di spazi pubblicitari, ecc. Nel settore sanitario i servizi no core, di regola, non generano flussi di cassa in grado di rimborsare gli investimenti e assicurare un profitto agli operatori privati, di tal che occorre prevedere un contributo pubblico in conto investimento, oltre al pagamento di un canone di disponibilità e di un canone di servizio per l’erogazione di servizi connessi all’infrastruttura realizzata. Tuttavia, con riferimento ai contratti di PPP che sono in corso di esecuzione, l’emergenza dovuta alla pandemia, che costituisce un evento straordinario ed imprevedibile non imputabile agli operatori privati, impone una revisione del PEF, gravando altrimenti soltanto sui medesimi le conseguenze negative che si sono prodotte. Con riguardo a detti PPP nel settore sanitario gli effetti negativi derivanti dall’evento pandemico sono da porsi in relazione soprattutto alla riduzione della domanda di alcuni servizi accessori.

Partenariato pubblico e privato e realizzazione di infrastrutture sanitarie / A. Maltoni. - In: QUESTIONE COMUNE. - 2021:1(2021), pp. 34-45.

Partenariato pubblico e privato e realizzazione di infrastrutture sanitarie

A. Maltoni
2021

Abstract

Com’è stato indicato nel Libro verde della Commissione europea sui PPP e il diritto degli appalti pubblici e delle concessioni del 2004, con l’espressione partenariato pubblico-privato si fa generalmente riferimento alle varie forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il settore delle imprese, che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di una infrastruttura o la fornitura di un servizio. Il partenariato nasce dall’esigenza delle autorità pubbliche, nell’ambito di interventi complessi, di acquisire capacità propositive, ideative, progettuali, tecniche, economiche, finanziarie, di operatori economici privati. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e la successiva ripresa negli Stati europei, a partire soprattutto dal 2013, del mercato dei project financing, una particolare attenzione è stata rivolta al Value for money (VfM), che impone di valutare i benefici ottenibili dalla collettività con riferimento all’intero ciclo di vita del progetto, benefici che debbono risultare superiori nel caso di un PPP rispetto a quelli ottenibili con forme di affidamento e realizzazione alternative (ad es. appalto). Il VfM può ormai considerarsi una metodologia da utilizzare per la valutazione dei progetti non più soltanto sotto il profilo della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, ma anche in termini di non financial benefit per la collettività. Quest’ultimo profilo, che comporta una valutazione dell’innovatività e della qualità dei beni e dei servizi offerti dagli operatori privati, dei tempi di realizzazione dei progetti e del loro impatto sui soggetti beneficiari, presuppone comunque che il rischio operativo debba essere assunto dall’operatore privato, in conformità alle decisioni Eurostat sulla contabilizzazione pubblica delle operazioni di PPP (si v. Eurostat, Manual on Government Deficit and Debt - Implementation of ESA 2010, ed. 2016, §§ VI.4 e ss.). Nel dare attuazione alla direttiva 2014/23/UE il Codice dei contratti del 2016 ha specificato che deve essere trasferito all’operatore privato il rischio di costruzione e quello di disponibilità, ovvero il rischio di domanda nei casi in cui la gestione dell’opera o dei servizi possa risultare remunerativa. Nel caso in cui siano i primi due tipi di rischi ad essere trasferiti sul partner privato, l’amministrazione può versare un canone a fronte della disponibilità dell’opera o della domanda di servizi, da ridursi proporzionalmente per i periodi di mancata o insufficiente disponibilità dell’opera o dei servizi. Ai sensi dell’articolo 181, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, la scelta di ricorrere a forme di PPP deve essere preceduta da un’adeguata istruttoria con riferimento alla natura e all’intensità dei diversi rischi connessi all’operazione. La matrice dei rischi va utilizzata sin dalla fase della programmazione della procedura di gara, per la redazione del documento di fattibilità economica e finanziaria, al fine di verificare la maggiore convenienza del contratto di PPP rispetto ad un appalto. Assumono particolare rilevanza ai fini dell’allocazione dei rischi anche i fattori relativi al finanziamento pubblico dei costi di investimento, le misure agevolative previste dalla normativa vigente, la presenza di garanzie pubbliche, le clausole di fine contratto e il valore di riscatto dell’asset alla conclusione del rapporto contrattuale. Il grado di successo delle operazioni di PPP - stante la complessità delle stesse - è strettamente connesso al fatto che siano individuabili all’interno delle Amministrazioni aggiudicatrici adeguate competenze tecniche, nonché alla qualità dei progetti. Con riguardo a questo secondo versante, deve rilevarsi, innanzitutto, che con la legge di bilancio 2019 è stata estesa l’operatività del fondo rotativo per la progettualità, ex l. n. 549/1995, e si è stabilito altresì l’erogazione di finanziamenti a fondo perduto al fine di potenziare il finanziamento della progettazione di fattibilità tecnico-economica e definitiva relativa ad opere da realizzare mediante contratti di PPP. Inoltre, con l’ultima modifica apportata dal d.l. n. 76/2020 (“decreto semplificazioni”) all’art. 183 del Codice dei contratti si è previsto, da un lato, che gli operatori economici possano presentare progetti alternativi, migliorati e affinati, relativi a lavori da realizzare mediante contratti di partenariato, quand’anche i medesimi siano stati inseriti negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice, dall’altro, che gli operatori economici possano presentare progetti di fattibilità che, qualora non presenti, sono inseriti negli strumenti di programmazione. Nel settore della sanità, nel periodo 2002-2014, il valore dei PPP, a cui si è fatto ricorso soprattutto per il rinnovo di ospedali, è stato pari a 4,6 miliardi di Euro (si v. Corte conti, su dati PCM-DIPE, Il project financing, 2015, dati Cresme). Occorre considerare che più del 60% degli ospedali in Italia sono stati costruiti prima del 1970, il che rende evidente come le infrastrutture ospedaliere siano in avanzato stato di obsolescenza, anche tenuto conto dei mutamenti intervenuti sul piano dell’assistenza sanitaria, nell’ambito della quale sono state potenziate soprattutto le cure in day hospital e day surgery. Occorre poi considerare che si sono accresciute negli anni le esigenze di assistenza medica per la riabilitazione e la lungodegenza, con riferimento alle quali le infrastrutture sanitarie debbono essere in grado di assicurare anche determinati comfort di tipo alberghiero. Nel nostro paese, diversamente da altri Stati (ad es. Regno Unito) per la 35 la realizzazione di infrastrutture sanitarie si è fatto ricorso più che altro alla concessione di lavori pubblici e alla finanza di progetto. Ad eccezione delle prestazioni sanitarie, la cui organizzazione ed erogazione sono di competenza esclusiva delle amministrazioni sanitarie, diversi servizi no core possono essere svolti da operatori economici privati, quali ad es.: i servizi ospedalieri generali (i.e.: servizi informativi ospedalieri, servizi multimediali di informazione, disinfezioni degli ambienti, magazzino ospedaliero, ecc.), il servizio farmaceutico, i servizi sanitari non medicali (i.e.: la gestione e la manutenzione di impianti ed apparecchiature medicali, ecc.), i servizi alberghieri (i.e.: il servizio prenotazioni e reception, la gestione mensa per i degenti, il servizio ristorazione per il personale medico e paramedico, i servizi di pulizia dei locali, la gestione di parcheggi, ecc.), le manutenzioni delle opere e degli impianti. All’interno delle nuove strutture ospedaliere è possibile creare spazi - che non sono stati invece progettati in quelle costruite diversi anni fa - per la gestione di svariate attività commerciali. Possono essere forniti servizi accessori al funzionamento delle infrastrutture ospedaliere, mediante, ad esempio, la locazione di spazi per convegni, da adibire ad esercizi commerciali, di spazi pubblicitari, ecc. Nel settore sanitario i servizi no core, di regola, non generano flussi di cassa in grado di rimborsare gli investimenti e assicurare un profitto agli operatori privati, di tal che occorre prevedere un contributo pubblico in conto investimento, oltre al pagamento di un canone di disponibilità e di un canone di servizio per l’erogazione di servizi connessi all’infrastruttura realizzata. Tuttavia, con riferimento ai contratti di PPP che sono in corso di esecuzione, l’emergenza dovuta alla pandemia, che costituisce un evento straordinario ed imprevedibile non imputabile agli operatori privati, impone una revisione del PEF, gravando altrimenti soltanto sui medesimi le conseguenze negative che si sono prodotte. Con riguardo a detti PPP nel settore sanitario gli effetti negativi derivanti dall’evento pandemico sono da porsi in relazione soprattutto alla riduzione della domanda di alcuni servizi accessori.
Settore IUS/10 - Diritto Amministrativo
2021
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