Nel ricostruire l’orientamento della Corte di Giustizia in ordine al requisito dell’attività svolta in via prevalente a favore dell’autorità o delle autorità controllanti si è evidenziato come i giudici di Lussemburgo avessero ritenuto necessaria una valutazione da parte dei giudici nazionali rimettenti, caso per caso, tanto del profilo quantitativo, i.e. inerente al fatturato realizzato dall’ente in house in virtù di decisioni di affidamento adottate dall’ente o dagli enti controllanti (ivi compreso quello ottenuto con utenti in attuazione di dette decisioni), quanto del profilo qualitativo. Le direttive europee del 2014, individuando un preciso criterio per stabilire quando il requisito dell’attività svolta in via prevalente a favore dell’amministrazione o delle amministrazioni controllanti possa considerarsi soddisfatto, hanno indubbiamente segnato un cambiamento che ha comportato una significativa discontinuità con il diritto europeo di matrice giurisprudenziale. Pertanto, se per la giurisprudenza europea e quella nazionale, nella valutazione delle circostanze da prendere in esame per accertare la sussistenza di detto requisito – necessaria per poter qualificare un ente come in house – doveva essere preso in considerazione anche il profilo qualitativo, in base alle predette direttive europee non può che attribuirsi esclusiva rilevanza al profilo quantitativo. Tuttavia, il legislatore del TUSPP ha rivalutato il profilo qualitativo, con riguardo non a tutti gli enti bensì soltanto alle società in house. Diversi sono i problemi che alcune disposizioni del TUSPP – che disciplinano le c.d. “attività ulteriori” svolte dalle società in house – pongono sul piano interpretativo. Inoltre, si è argomentato, per un verso come le previsioni inerenti alle “attività ulteriori” non risultino applicabili alla società holding in house, per l’altro come soltanto le attività svolte in via prevalente siano sottoposte al “vincolo dell’attività” e a quello dell’intramoenia – da individuarsi con riferimento all’ambito territoriale proprio dei diversi enti pubblici soci affidanti –, mentre le attività “ulteriori”, allorquando riguardino la produzione/gestione di SIEG a rete, possano essere svolte a condizione che le stesse siano state aggiudicate in esito ad una procedura di evidenza pubblica. Infine, si è posto in rilievo che una normativa nazionale (i.e. quella contenuta nel testo unico) abbia finito per frammentare la disciplina unitaria in tema di affidamenti diretti di appalti e concessioni agli enti in house, con cui è stato recepito il diritto europeo. L’indicata frammentazione della disciplina crea in particolare un’ingiustificata disparità di trattamento tra gli affidamenti diretti a società in house e quelli effettuati ad enti in house non societari, non risultando la differente regolamentazione fondata su un qualche elemento distintivo in grado di giustificarla. Ciò, congiuntamente ad altri aspetti critici, induce a ritenere che la differente regolamentazione degli affidamenti a società in house, delineata da alcune disposizioni del TUSPPP, risulti difficilmente conciliabile col rispetto tanto del diritto europeo quanto del diritto costituzionale interno.
L’attività svolta in via prevalente a favore dell’ente o degli enti controllanti / A. Maltoni - In: Le società in house[s.l] : Editoriale Scientifica, 2020. - ISBN 978-88-9391-803-9. - pp. 179-194
L’attività svolta in via prevalente a favore dell’ente o degli enti controllanti
A. Maltoni
2020
Abstract
Nel ricostruire l’orientamento della Corte di Giustizia in ordine al requisito dell’attività svolta in via prevalente a favore dell’autorità o delle autorità controllanti si è evidenziato come i giudici di Lussemburgo avessero ritenuto necessaria una valutazione da parte dei giudici nazionali rimettenti, caso per caso, tanto del profilo quantitativo, i.e. inerente al fatturato realizzato dall’ente in house in virtù di decisioni di affidamento adottate dall’ente o dagli enti controllanti (ivi compreso quello ottenuto con utenti in attuazione di dette decisioni), quanto del profilo qualitativo. Le direttive europee del 2014, individuando un preciso criterio per stabilire quando il requisito dell’attività svolta in via prevalente a favore dell’amministrazione o delle amministrazioni controllanti possa considerarsi soddisfatto, hanno indubbiamente segnato un cambiamento che ha comportato una significativa discontinuità con il diritto europeo di matrice giurisprudenziale. Pertanto, se per la giurisprudenza europea e quella nazionale, nella valutazione delle circostanze da prendere in esame per accertare la sussistenza di detto requisito – necessaria per poter qualificare un ente come in house – doveva essere preso in considerazione anche il profilo qualitativo, in base alle predette direttive europee non può che attribuirsi esclusiva rilevanza al profilo quantitativo. Tuttavia, il legislatore del TUSPP ha rivalutato il profilo qualitativo, con riguardo non a tutti gli enti bensì soltanto alle società in house. Diversi sono i problemi che alcune disposizioni del TUSPP – che disciplinano le c.d. “attività ulteriori” svolte dalle società in house – pongono sul piano interpretativo. Inoltre, si è argomentato, per un verso come le previsioni inerenti alle “attività ulteriori” non risultino applicabili alla società holding in house, per l’altro come soltanto le attività svolte in via prevalente siano sottoposte al “vincolo dell’attività” e a quello dell’intramoenia – da individuarsi con riferimento all’ambito territoriale proprio dei diversi enti pubblici soci affidanti –, mentre le attività “ulteriori”, allorquando riguardino la produzione/gestione di SIEG a rete, possano essere svolte a condizione che le stesse siano state aggiudicate in esito ad una procedura di evidenza pubblica. Infine, si è posto in rilievo che una normativa nazionale (i.e. quella contenuta nel testo unico) abbia finito per frammentare la disciplina unitaria in tema di affidamenti diretti di appalti e concessioni agli enti in house, con cui è stato recepito il diritto europeo. L’indicata frammentazione della disciplina crea in particolare un’ingiustificata disparità di trattamento tra gli affidamenti diretti a società in house e quelli effettuati ad enti in house non societari, non risultando la differente regolamentazione fondata su un qualche elemento distintivo in grado di giustificarla. Ciò, congiuntamente ad altri aspetti critici, induce a ritenere che la differente regolamentazione degli affidamenti a società in house, delineata da alcune disposizioni del TUSPPP, risulti difficilmente conciliabile col rispetto tanto del diritto europeo quanto del diritto costituzionale interno.Pubblicazioni consigliate
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