The European monetary system, from Charlemagne to Napoleon, was characterized by the distinction between the measure of value (imaginary money) and the means of payment (real money). This is generally regarded as a defect of realism, doomed to end with the consolidation of the gold standard, i.e. with the definition of a fixed ratio between the unit of account and a certain amount of metal. A careful analysis of the historical sources shows that, up to the French Revolution, there was no institutional context where the ideal money confronted directly with the metal. The fulcrum of ancien-régime monetary systems was rather the third element: the real money. A simple system of equations allows to describe, in a three-dimensional Cartesian space, the relation between real money and metal (i.e. the intrinsic value, determined in the mint) and between real money and imaginary money (the nominal value, determined in the tariff). These two planes delimit the room of action of public authority, through monetary alteration (debasement); whereas the relation between imaginary money and precious metal (i.e. the metallic parity of the unit of account) appears as the reduction to a third plane, that will start to be effective only with the gold standard. This model allows to describe the dynamics of monetary alteration, giving account, in particular, of the distinction between “raising” (the nominal value) and “allaying” (the intrinsic value) of money, which is often neglected, but is in effect far-reaching. In the light of such distinction, the model explains alterations as expression and tool of a monetary authority, that worked according to principles of its own; not as a defect, but as the key of an articulated monetary system, which allowed to distinguish different monies (small vs. big) for different areas of payment (local vs. universal) responding to different principles of justice (distribution vs. commutation). In this perspective, it is the Gold Standard that might appear as a defective system, implying a loss of degrees of freedom.

Il sistema monetario europeo, da Carlomagno a Napoleone, è caratterizzato dalla distinzione fra misura del valore (moneta immaginaria) e mezzo di pagamento (moneta reale). In genere, questo è considerato retrospettivamente come un difetto del sistema, destinato a correggersi con il consolidamento del gold standard, ovvero con la definizione di un rapporto fisso tra unità di conto e peso di metallo fino. Tuttavia, un’attenta analisi delle fonti mostra che, fino alla Rivoluzione francese, non esiste un àmbito istituzionale che ponga in diretta relazione la moneta ideale col metallo. Il fulcro del sistema monetario d’antico regime è piuttosto il terzo termine: la moneta metallica. Un semplice sistema d’equazioni consente di descrivere, in uno spazio cartesiano tridimensionale, il rapporto della moneta reale con il metallo (il contenuto metallico, stabilito nella zecca) e con l’unità di conto (il valore numerario, stabilito dalla tariffa). Sono questi i piani che definiscono lo spazio di manovra dell’autorità monetaria, attraverso le mutazioni; mentre il rapporto fra moneta immaginaria e metallo (la parità) appare come la proiezione su un piano che diverrà operante solo col gold standard. Il modello consente di descrivere le mutazioni in maniera fedele e articolata, dando conto, in particolare, della distinzione fra alzamento (del valore in tariffa) e indebolimento (del contenuto metallico) della moneta – una distinzione perlopiù trascurata, che emerge tuttavia con chiarezza dagli scritti monetari dell’epoca e che ha implicazioni cruciali. La distinzione tra mezzo di scambio e misura del valore appare, non come un difetto, ma come la chiave di volta di un sistema monetario articolato, con diverse monete (immaginarie e reali, piccole e grosse) utilizzate in àmbiti di scambio diversi (locale e universale) secondo principi di giustizia differenti (distributiva e commutativa). In questa prospettiva, è il gold standard ad apparire come un sistema difettivo, dal momento che comporta una perdita di gradi di libertà nella definizione delle funzioni monetarie, nel governo della moneta e, più in generale, nella definizione dei possibili rapporti fra politico ed economico.

Teoria della moneta immaginaria nel tempo da Carlomagno a Richard Nixon / L. Fantacci. - In: RIVISTA DI STORIA ECONOMICA. - ISSN 0393-3415. - 18:3(2002 Dec), pp. 301-326. [10.1410/8158]

Teoria della moneta immaginaria nel tempo da Carlomagno a Richard Nixon

L. Fantacci
2002

Abstract

The European monetary system, from Charlemagne to Napoleon, was characterized by the distinction between the measure of value (imaginary money) and the means of payment (real money). This is generally regarded as a defect of realism, doomed to end with the consolidation of the gold standard, i.e. with the definition of a fixed ratio between the unit of account and a certain amount of metal. A careful analysis of the historical sources shows that, up to the French Revolution, there was no institutional context where the ideal money confronted directly with the metal. The fulcrum of ancien-régime monetary systems was rather the third element: the real money. A simple system of equations allows to describe, in a three-dimensional Cartesian space, the relation between real money and metal (i.e. the intrinsic value, determined in the mint) and between real money and imaginary money (the nominal value, determined in the tariff). These two planes delimit the room of action of public authority, through monetary alteration (debasement); whereas the relation between imaginary money and precious metal (i.e. the metallic parity of the unit of account) appears as the reduction to a third plane, that will start to be effective only with the gold standard. This model allows to describe the dynamics of monetary alteration, giving account, in particular, of the distinction between “raising” (the nominal value) and “allaying” (the intrinsic value) of money, which is often neglected, but is in effect far-reaching. In the light of such distinction, the model explains alterations as expression and tool of a monetary authority, that worked according to principles of its own; not as a defect, but as the key of an articulated monetary system, which allowed to distinguish different monies (small vs. big) for different areas of payment (local vs. universal) responding to different principles of justice (distribution vs. commutation). In this perspective, it is the Gold Standard that might appear as a defective system, implying a loss of degrees of freedom.
Il sistema monetario europeo, da Carlomagno a Napoleone, è caratterizzato dalla distinzione fra misura del valore (moneta immaginaria) e mezzo di pagamento (moneta reale). In genere, questo è considerato retrospettivamente come un difetto del sistema, destinato a correggersi con il consolidamento del gold standard, ovvero con la definizione di un rapporto fisso tra unità di conto e peso di metallo fino. Tuttavia, un’attenta analisi delle fonti mostra che, fino alla Rivoluzione francese, non esiste un àmbito istituzionale che ponga in diretta relazione la moneta ideale col metallo. Il fulcro del sistema monetario d’antico regime è piuttosto il terzo termine: la moneta metallica. Un semplice sistema d’equazioni consente di descrivere, in uno spazio cartesiano tridimensionale, il rapporto della moneta reale con il metallo (il contenuto metallico, stabilito nella zecca) e con l’unità di conto (il valore numerario, stabilito dalla tariffa). Sono questi i piani che definiscono lo spazio di manovra dell’autorità monetaria, attraverso le mutazioni; mentre il rapporto fra moneta immaginaria e metallo (la parità) appare come la proiezione su un piano che diverrà operante solo col gold standard. Il modello consente di descrivere le mutazioni in maniera fedele e articolata, dando conto, in particolare, della distinzione fra alzamento (del valore in tariffa) e indebolimento (del contenuto metallico) della moneta – una distinzione perlopiù trascurata, che emerge tuttavia con chiarezza dagli scritti monetari dell’epoca e che ha implicazioni cruciali. La distinzione tra mezzo di scambio e misura del valore appare, non come un difetto, ma come la chiave di volta di un sistema monetario articolato, con diverse monete (immaginarie e reali, piccole e grosse) utilizzate in àmbiti di scambio diversi (locale e universale) secondo principi di giustizia differenti (distributiva e commutativa). In questa prospettiva, è il gold standard ad apparire come un sistema difettivo, dal momento che comporta una perdita di gradi di libertà nella definizione delle funzioni monetarie, nel governo della moneta e, più in generale, nella definizione dei possibili rapporti fra politico ed economico.
storia monetaria; mutazioni monetarie; funzioni monetarie
Settore SECS-P/12 - Storia Economica
dic-2002
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