In piena età comunale, dal tardo XII secolo, si verifica un cambiamento radicale nel processo civile come in quello criminale: con la nascita dei comuni e la rinascita del diritto romano nell’Università si rinnova infatti, insieme al diritto sostanziale, anche il diritto processuale, per realizzare nelle nuove realtà cittadine la migliore giustizia, nell’interesse sia sociale che privato. La rinascita della procedura civile (su cui mi soffermerò in particolare) era essenzialmente volta a rispondere alle esigenze della nuova economia monetaria che si afferma sempre più vigorosamente nel corso del Duecento. Fino a tutto il XII secolo venivano infatti portate davanti ai giudici quasi esclusivamente controversie relative a possedimenti terrieri, che si potevano facilmente risolvere con quel procedimento orale semplice e rapido fondato sulle prove ordaliche, introdotto nell’età dei regni germanici ed ereditato dai tribunali feudali. All’epoca dei Comuni, invece, col crescere e il predominare di un’economia fondata sul commercio, si intensificò il diritto delle obbligazioni che doveva trovare il suo logico completamento in un procedimento più perfezionato, che venne così ripreso da quello che Giustiniano aveva fissato nelle sue leggi. Questo diritto processuale romanistico, insegnato nell’Università fin dai tempi di Irnerio, non tardò dunque ad essere proposto dai dottori anche per la pratica forense e ad imporsi nei tribunali cittadini, attuato da consoli e podestà. Il procedimento romano non era del resto del tutto tramontato nell’alto medioevo, mantenuto in vita soprattutto presso i tribunali ecclesiastici. A partire dunque dagli inizi del 200, si incontrano due tendenze perfettamente concordi nella volontà di perfezionare il procedimento e di fondarlo sulle basi del processo romano, quella dei civilisti e quella dei canonisti, che concorsero nella creazione di un sistema procedurale nuovo e originale, i cui massimi artefici furono i papi e i dottori; nacque così il procedimento romano-canonico che dai tribunali italiani ecclesiastici e civili si diffuse in tutta Europa, venendo a costituire il processo di diritto comune, funzionante fino a tutto il Settecento nell’intero contesto europeo.
Ne lites fiant immortales. Il processo romano-canonico tra aneliti di giustizia e istanze di economia dei processi / A. Santangelo. ((Intervento presentato al convegno Per la storia della giustizia tenutosi a Milano nel 2009.
Ne lites fiant immortales. Il processo romano-canonico tra aneliti di giustizia e istanze di economia dei processi
A. SantangeloPrimo
2009
Abstract
In piena età comunale, dal tardo XII secolo, si verifica un cambiamento radicale nel processo civile come in quello criminale: con la nascita dei comuni e la rinascita del diritto romano nell’Università si rinnova infatti, insieme al diritto sostanziale, anche il diritto processuale, per realizzare nelle nuove realtà cittadine la migliore giustizia, nell’interesse sia sociale che privato. La rinascita della procedura civile (su cui mi soffermerò in particolare) era essenzialmente volta a rispondere alle esigenze della nuova economia monetaria che si afferma sempre più vigorosamente nel corso del Duecento. Fino a tutto il XII secolo venivano infatti portate davanti ai giudici quasi esclusivamente controversie relative a possedimenti terrieri, che si potevano facilmente risolvere con quel procedimento orale semplice e rapido fondato sulle prove ordaliche, introdotto nell’età dei regni germanici ed ereditato dai tribunali feudali. All’epoca dei Comuni, invece, col crescere e il predominare di un’economia fondata sul commercio, si intensificò il diritto delle obbligazioni che doveva trovare il suo logico completamento in un procedimento più perfezionato, che venne così ripreso da quello che Giustiniano aveva fissato nelle sue leggi. Questo diritto processuale romanistico, insegnato nell’Università fin dai tempi di Irnerio, non tardò dunque ad essere proposto dai dottori anche per la pratica forense e ad imporsi nei tribunali cittadini, attuato da consoli e podestà. Il procedimento romano non era del resto del tutto tramontato nell’alto medioevo, mantenuto in vita soprattutto presso i tribunali ecclesiastici. A partire dunque dagli inizi del 200, si incontrano due tendenze perfettamente concordi nella volontà di perfezionare il procedimento e di fondarlo sulle basi del processo romano, quella dei civilisti e quella dei canonisti, che concorsero nella creazione di un sistema procedurale nuovo e originale, i cui massimi artefici furono i papi e i dottori; nacque così il procedimento romano-canonico che dai tribunali italiani ecclesiastici e civili si diffuse in tutta Europa, venendo a costituire il processo di diritto comune, funzionante fino a tutto il Settecento nell’intero contesto europeo.File | Dimensione | Formato | |
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