Il presente capitolo, proprio in considerazione dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di COVID-19, si è concentrato dapprima sulle implicazioni di natura giuridica (su scala nazionale, europea e mondiale), soprattutto dal punto di vista delle linee guida adottate dagli attori internazionali per contrastare il contagio del coronavirus. Secondariamente, proprio in riferimento alla diffusione della patologia, sebbene il quadro sia in costante aggiornamento e in mutamento, si sono analizzati i dati disponibili circa i contagi tra la popolazione di nazionalità straniera in Italia distinta per alcune cittadinanze. Poiché l’opinione pubblica è sempre molto sensibile in relazione ai comportamenti, atteggiamenti, nonché alle condizioni di salute dei migranti, abbiamo sintetizzato le azioni e reazioni di alcuni attori della società civile che si sono attivati per evitare che si diffondesse un nesso causale ingiustificato tra migranti e contagio da COVID-19. In effetti, in tempi di coronavirus, istintivamente a una parte consistente della società è sorta la domanda: gli immigrati col COVID-19 saranno essi stessi un ulteriore potenziale virus che si diffonde senza che si possa limitare il contagio? Da un lato, rispetto alla diffusione della malattia in gran parte dei paesi di origine (Africa su tutti) insufficienti sono le evidenze empiriche e le informazioni circa il contagio (anche se sembrerebbe che fino ad oggi i casi siano molto meno rispetto ai paesi occidentali); dall’altro, soprattutto per coloro che sono presenti (in maniera più o meno regolare) nei paesi occidentali, in considerazione di una loro minor visibilità sociale e politica e di una presenza “nascosta”, molti interrogativi, spesso non corroborati da verifiche empiriche, si sono creati in problemi di salute, sebbene – a fronte di una maggior precarietà dal punto di vista delle condizioni di vita – rientrino nella categoria delle persone fragili. Un’altra domanda riguarda invece la tenuta del nostro Servizio sanitario nazionale (SSN) di fronte a una domanda di salute anomala rispetto ai bisogni sanitari frequenti della popolazione, vale a dire la “rispondenza” dell’intero apparato socio-sanitario di fronte al COVID-19. Il presente capitolo ha quindi richiamato l’attenzione su due principali questioni: la maggior o minore predisposizione al contagio degli immigrati (divisi per etnia, età e status giuridico) e la possibilità di contagio tra la propria comunità di appartenenza e il resto della popolazione.
La salute / N. Pasini, V. Merotta - In: Ventiseiesimo Rapporto sulle migrazioni 2020Prima edizione. - Milano : Franco Angeli, 2021. - ISBN 978-88-351-1625-7. - pp. 159-171
La salute
N. Pasini
;
2021
Abstract
Il presente capitolo, proprio in considerazione dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di COVID-19, si è concentrato dapprima sulle implicazioni di natura giuridica (su scala nazionale, europea e mondiale), soprattutto dal punto di vista delle linee guida adottate dagli attori internazionali per contrastare il contagio del coronavirus. Secondariamente, proprio in riferimento alla diffusione della patologia, sebbene il quadro sia in costante aggiornamento e in mutamento, si sono analizzati i dati disponibili circa i contagi tra la popolazione di nazionalità straniera in Italia distinta per alcune cittadinanze. Poiché l’opinione pubblica è sempre molto sensibile in relazione ai comportamenti, atteggiamenti, nonché alle condizioni di salute dei migranti, abbiamo sintetizzato le azioni e reazioni di alcuni attori della società civile che si sono attivati per evitare che si diffondesse un nesso causale ingiustificato tra migranti e contagio da COVID-19. In effetti, in tempi di coronavirus, istintivamente a una parte consistente della società è sorta la domanda: gli immigrati col COVID-19 saranno essi stessi un ulteriore potenziale virus che si diffonde senza che si possa limitare il contagio? Da un lato, rispetto alla diffusione della malattia in gran parte dei paesi di origine (Africa su tutti) insufficienti sono le evidenze empiriche e le informazioni circa il contagio (anche se sembrerebbe che fino ad oggi i casi siano molto meno rispetto ai paesi occidentali); dall’altro, soprattutto per coloro che sono presenti (in maniera più o meno regolare) nei paesi occidentali, in considerazione di una loro minor visibilità sociale e politica e di una presenza “nascosta”, molti interrogativi, spesso non corroborati da verifiche empiriche, si sono creati in problemi di salute, sebbene – a fronte di una maggior precarietà dal punto di vista delle condizioni di vita – rientrino nella categoria delle persone fragili. Un’altra domanda riguarda invece la tenuta del nostro Servizio sanitario nazionale (SSN) di fronte a una domanda di salute anomala rispetto ai bisogni sanitari frequenti della popolazione, vale a dire la “rispondenza” dell’intero apparato socio-sanitario di fronte al COVID-19. Il presente capitolo ha quindi richiamato l’attenzione su due principali questioni: la maggior o minore predisposizione al contagio degli immigrati (divisi per etnia, età e status giuridico) e la possibilità di contagio tra la propria comunità di appartenenza e il resto della popolazione.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
201126_ISMU_Rapporto_2020_9_Pasini_Merotta_02.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Publisher's version/PDF
Dimensione
1.42 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.42 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.