This thesis addresses the problem of continuation of business in the liquidazione giudiziale di gruppo, a new insolvency procedure with liquidation purposes introduced by the Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). In particular, the aim of the work is to understand which principles and rules should guide the management of the group in any case in which companies belonging to a “centralized” group are admitted to the procedure and continuation of business is ordered pursuant to art. 211 of the Codice della crisi. Starting from these premises, the thesis focused first – in Chapter I – on the recognition of all the different models of group insolvencies’ management arousing from the international scenario, in order to place the new liquidazione giudiziale di gruppo within the paradigms of substantial or procedural consolidation. Having said this, the research question was then formulated: that is to say, the possibility that the opening of the liquidazione giudiziale di gruppo, while undoubtedly determining the dissolution of the power of direction exercised by the parent company, nevertheless entails the attribution to the curatore of a new and autonomous power of group management, to be exercised in accordance with the purposes and principles of insolvency regulation: a power, in particular, which could involve the planning and implementation of (lato sensu) “intra-group financial assistance”, i.e. the mutual provision of resources instrumental to the continuation of group business. If this is the research question, it was then necessary to confront first with the principle of autonomia delle masse attive e passive of the group companies: a principle, in fact, which – if applied in a rigorous manner – could fundamentally prevent the circulation of resources between the companies admitted to the procedure. Nonetheless, a correct interpretation of the principle in question made it possible to relegate its applicative scope to the phases of ammissione del passivo and distribuzione dell’attivo only, without resulting in any effect of “crystallization” of assets: this on condition that the outflow of resources in the interim phase of the procedure is assisted by the reasonable forecast of a «prospective return of value» in the final stage of the liquidation. Once these basic theoretical premises have been established, the analysis concerned – in Chapter II – the powers of the curatore with regard to the responsible assets, and this in the double perspective – on the one hand – of the retrospective “reconstruction” of assets, if damaged before the opening of the liquidazione giudiziale di gruppo, and – for the other – of the “management” of assets in a propulsive key: this, in particular, in order not only to the preservation of a present value, but also – as has now been established thanks to the studies on management of joint-stock companies in liquidation – to the realization of a future value. Following this last line of investigation, it became necessary to analyze the role of the liquidation program in group procedures, and this both in terms of the relative methods of approval, as well as in terms of its possible contents. Indeed, it has not gone unnoticed how the Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza has in general implemented the “corporate” powers of the curatore, through the provision of an unprecedented legitimacy (to plan, and consequently) to perform independently deeds and transactions relating to the financial and organizational structure of the company. Powers which, if transposed into the liquidazione giudiziale di gruppo, could allow for deep restructuring of the insolvent group, instrumental to the presentation of a concordato nella liquidazione giudiziale (which, despite the inappropriate lack of indication on this point, was in any case considered co-essential to the regulation of group insolvency). Finally, the analysis of the managing powers of the curatore required – as its logical corollary, to which Chapter III was dedicated – the identification of criteria for the distribution of value of the insolvent group, which would make it possible to divide among the different companies any surplus value generated by the continuation of business and the liquidation of group’s assets. Such a problem – the importance of which is also central in other areas of insolvency law – was tackled starting from the functional qualification of the power of direction of which the curatore is invested: more in detail, it was hypothesized that, regardless from the hierarchical or joint nature of the group admitted to the procedure, the power of management exercised by the curatore assumes in any case a joint qualification, as it is not based on an entrepreneurial interest of the parent company (as in the case referred to in art. 2497 c.c.), but on a common interest referring to the all group companies and their respective creditors. This with the consequence that it was deemed possible to infer the need for a proportional distribution of value between the companies involved. All this acquired, an attempt was finally made – albeit with the awareness of the extreme complexity of the question, and not without postponing the analysis of some profiles to a possible subsequent development of the thesis – to identify a distributive criterion that concretizes the principle of fair distribution, and which considers in particular the causal contribution provided by intra-group transfers to the (desirable) production of a total surplus value.

Il presente lavoro di tesi affronta il problema della prosecuzione dell’impresa nella liquidazione giudiziale di gruppo, nuova procedura concorsuale con finalità liquidatoria introdotta dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). In particolare, scopo dell’indagine è quello di individuare – a fronte di un dato di diritto positivo oltremodo scarno – i principi e le regole che devono orientare la gestione dell’attività imprenditoriale di gruppo da parte del curatore della procedura unitaria nelle ipotesi in cui vengano ammesse alla procedura società facenti parte di un gruppo “accentrato” e ne venga disposto l’esercizio dell’impresa ai sensi dell’art. 211 del Codice della crisi. A partire da tali premesse, il lavoro si è concentrato innanzitutto – nel Capitolo I – sulla ricognizione dei diversi modelli di gestione dell’insolvenza dei gruppi invalsi nel panorama internazionale, e ciò al fine di collocare la nuova liquidazione giudiziale di gruppo entro i paradigmi del consolidamento sostanziale ovvero procedimentale. Esaminato tale passaggio preliminare, è stata poi formulata la domanda di ricerca a partire dalla quale muove la presente indagine, e cioè a dirsi la possibilità che l’apertura della liquidazione giudiziale di gruppo, pur determinando senza dubbio la dissoluzione del potere di direzione e coordinamento esercitato dalla capogruppo sul gruppo in bonis, comporti nondimeno l’attribuzione al curatore di un nuovo ed autonomo potere di direzione dell’impresa di gruppo, da esercitarsi in conformità con le finalità e i principi propri della regolazione concorsuale dell’insolvenza: un potere, in particolare, che potrebbe comportare la programmazione e la realizzazione di interventi (lato sensu) di “assistenza finanziaria infragruppo”, preordinati alla reciproca messa a disposizione di risorse strumentali alla continuità aziendale del gruppo. Se tale è la domanda di ricerca, è stato allora necessario confrontarsi innanzitutto con la vigenza, nelle nuove procedure di gruppo, del principio di autonomia delle masse attive e passive: un principio, infatti, che – a maggior ragione se applicato in maniera rigorosa, come parrebbe attualmente invalso nella dottrina e nella giurisprudenza prevalenti – potrebbe impedire in radice la circolazione di risorse tra i patrimoni delle imprese ammesse alla procedura. Ciò nondimeno, una corretta interpretazione del principio in parola ha consentito di relegarne la portata applicativa alle sole fasi dell’ammissione al passivo e della distribuzione dell’attivo, senza che allora possa inferirsene alcun effetto di “cristallizzazione” dei patrimoni delle imprese del gruppo sin dall’apertura della procedura: ciò, in particolare, a condizione che la fuoriuscita di risorse nella fase interinale della procedura sia assistita dalla ragionevole previsione di un «ritorno prospettico di valore» a vantaggio dell’impresa disponente in sede di distribuzione del ricavato della liquidazione. Una volta fissate tali premesse teoriche di fondo, l’analisi ha riguardato – nel Capitolo II – i poteri del curatore nei riguardi del patrimonio responsabile, e ciò nella duplice ottica – per un verso – della “ricostruzione” in chiave retrospettiva delle masse attive delle imprese del gruppo, qualora pregiudicate da atti di disposizione precedenti l’apertura della liquidazione giudiziale, e – per l’altro – della “gestione” in chiave propulsiva del patrimonio e dell’impresa di gruppo, strumentale non soltanto alla conservazione di un valore presente, ma altresì – come è ormai acclarato alla luce degli studi in tema di gestione di società di capitali in liquidazione – alla realizzazione di un valore futuro. In particolare, percorrendo tale ultima direttrice d’indagine si è reso necessario analizzare il ruolo del programma di liquidazione nelle procedure di gruppo, e ciò tanto sotto il profilo delle relative modalità di approvazione, quanto sul versante dei suoi possibili contenuti. Invero, non è passato inosservato come il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza abbia in generale potenziato i poteri “corporativi” del curatore, attraverso la previsione di un’inedita legittimazione a (programmare, e di conseguenza a) compiere in autonomia atti e operazioni inerenti alla struttura finanziaria e organizzativa dell’impresa. Poteri, questi ultimi, che, se trasposti nella liquidazione giudiziale di gruppo, potrebbero a ben vedere consentire interventi di profonda ristrutturazione del gruppo insolvente, eventualmente strumentali alla presentazione di un concordato (istituto che, nonostante l’inopportuno silenzio della legge sul punto, è stato comunque ritenuto immanente e coessenziale alla regolazione dell’insolvenza di gruppo). Infine, l’analisi dei poteri gestori del curatore ha richiesto – quale suo logico corollario, al quale è stato dedicato il Capitolo III – l’individuazione di criteri di distribuzione del valore del gruppo insolvente, che consentano di ripartire tra le masse attive delle imprese coinvolte il plusvalore eventualmente generato dalla prosecuzione dell’impresa e dalla liquidazione unitaria del patrimonio del gruppo. Un siffatto problema – la cui rilevanza è centrale anche in altri ambiti dell’ordinamento concorsuale – è stato affrontato a partire dalla qualificazione funzionale del potere di direzione e coordinamento di cui è investito il curatore: più nel dettaglio, si è ipotizzato che, a prescindere dalla natura gerarchica ovvero paritetica del gruppo in bonis successivamente ammesso alla procedura, la direzione unitaria esercitata dal curatore assuma in ogni caso connotati intrinsecamente paritetici, in quanto improntata non ad un interesse imprenditoriale proprio della capogruppo (come nella fattispecie di cui all’art. 2497 c.c.), bensì ad un interesse comune alle diverse imprese del gruppo e ai rispettivi ceti creditori. Con la conseguenza, allora, che – a partire da tale direzione funzionale dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale – si è ritenuto di poter desumere un obbligo di ripartizione proporzionale del ricavato della liquidazione a carico del curatore e a vantaggio delle imprese coinvolte. Tutto ciò acquisito, si è tentato infine – sebbene con la consapevolezza dell’estrema complessità della questione, e non senza rinviare l’analisi di taluni profili ad un eventuale sviluppo successivo del presente lavoro – di individuare un criterio distributivo che concretizzi il principio dell’equa ripartizione del valore del gruppo, e che tenga conto in particolare del contributo causale fornito dai trasferimenti di risorse infragruppo alla (auspicabile) produzione di un plusvalore.

GESTIONE UNITARIA E DISTRIBUZIONE DEL VALORE DEL GRUPPO NELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE / S. Covino ; tutor: R. Sacchi ; coordinatore del corso di dottorato: G. Ludovico. Dipartimento di Diritto Privato e Storia del Diritto, 2022 Feb 01. 34. ciclo, Anno Accademico 2021.

GESTIONE UNITARIA E DISTRIBUZIONE DEL VALORE DEL GRUPPO NELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE

S. Covino
2022

Abstract

This thesis addresses the problem of continuation of business in the liquidazione giudiziale di gruppo, a new insolvency procedure with liquidation purposes introduced by the Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). In particular, the aim of the work is to understand which principles and rules should guide the management of the group in any case in which companies belonging to a “centralized” group are admitted to the procedure and continuation of business is ordered pursuant to art. 211 of the Codice della crisi. Starting from these premises, the thesis focused first – in Chapter I – on the recognition of all the different models of group insolvencies’ management arousing from the international scenario, in order to place the new liquidazione giudiziale di gruppo within the paradigms of substantial or procedural consolidation. Having said this, the research question was then formulated: that is to say, the possibility that the opening of the liquidazione giudiziale di gruppo, while undoubtedly determining the dissolution of the power of direction exercised by the parent company, nevertheless entails the attribution to the curatore of a new and autonomous power of group management, to be exercised in accordance with the purposes and principles of insolvency regulation: a power, in particular, which could involve the planning and implementation of (lato sensu) “intra-group financial assistance”, i.e. the mutual provision of resources instrumental to the continuation of group business. If this is the research question, it was then necessary to confront first with the principle of autonomia delle masse attive e passive of the group companies: a principle, in fact, which – if applied in a rigorous manner – could fundamentally prevent the circulation of resources between the companies admitted to the procedure. Nonetheless, a correct interpretation of the principle in question made it possible to relegate its applicative scope to the phases of ammissione del passivo and distribuzione dell’attivo only, without resulting in any effect of “crystallization” of assets: this on condition that the outflow of resources in the interim phase of the procedure is assisted by the reasonable forecast of a «prospective return of value» in the final stage of the liquidation. Once these basic theoretical premises have been established, the analysis concerned – in Chapter II – the powers of the curatore with regard to the responsible assets, and this in the double perspective – on the one hand – of the retrospective “reconstruction” of assets, if damaged before the opening of the liquidazione giudiziale di gruppo, and – for the other – of the “management” of assets in a propulsive key: this, in particular, in order not only to the preservation of a present value, but also – as has now been established thanks to the studies on management of joint-stock companies in liquidation – to the realization of a future value. Following this last line of investigation, it became necessary to analyze the role of the liquidation program in group procedures, and this both in terms of the relative methods of approval, as well as in terms of its possible contents. Indeed, it has not gone unnoticed how the Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza has in general implemented the “corporate” powers of the curatore, through the provision of an unprecedented legitimacy (to plan, and consequently) to perform independently deeds and transactions relating to the financial and organizational structure of the company. Powers which, if transposed into the liquidazione giudiziale di gruppo, could allow for deep restructuring of the insolvent group, instrumental to the presentation of a concordato nella liquidazione giudiziale (which, despite the inappropriate lack of indication on this point, was in any case considered co-essential to the regulation of group insolvency). Finally, the analysis of the managing powers of the curatore required – as its logical corollary, to which Chapter III was dedicated – the identification of criteria for the distribution of value of the insolvent group, which would make it possible to divide among the different companies any surplus value generated by the continuation of business and the liquidation of group’s assets. Such a problem – the importance of which is also central in other areas of insolvency law – was tackled starting from the functional qualification of the power of direction of which the curatore is invested: more in detail, it was hypothesized that, regardless from the hierarchical or joint nature of the group admitted to the procedure, the power of management exercised by the curatore assumes in any case a joint qualification, as it is not based on an entrepreneurial interest of the parent company (as in the case referred to in art. 2497 c.c.), but on a common interest referring to the all group companies and their respective creditors. This with the consequence that it was deemed possible to infer the need for a proportional distribution of value between the companies involved. All this acquired, an attempt was finally made – albeit with the awareness of the extreme complexity of the question, and not without postponing the analysis of some profiles to a possible subsequent development of the thesis – to identify a distributive criterion that concretizes the principle of fair distribution, and which considers in particular the causal contribution provided by intra-group transfers to the (desirable) production of a total surplus value.
1-feb-2022
tutor: R. Sacchi ; coordinatore del corso di dottorato: G. Ludovico
Dipartimento di Diritto Privato e Storia del Diritto
English
34
2021
DIRITTO COMPARATO, PRIVATO, PROCESSUALE CIVILE E DELL'IMPRESA
Il presente lavoro di tesi affronta il problema della prosecuzione dell’impresa nella liquidazione giudiziale di gruppo, nuova procedura concorsuale con finalità liquidatoria introdotta dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). In particolare, scopo dell’indagine è quello di individuare – a fronte di un dato di diritto positivo oltremodo scarno – i principi e le regole che devono orientare la gestione dell’attività imprenditoriale di gruppo da parte del curatore della procedura unitaria nelle ipotesi in cui vengano ammesse alla procedura società facenti parte di un gruppo “accentrato” e ne venga disposto l’esercizio dell’impresa ai sensi dell’art. 211 del Codice della crisi. A partire da tali premesse, il lavoro si è concentrato innanzitutto – nel Capitolo I – sulla ricognizione dei diversi modelli di gestione dell’insolvenza dei gruppi invalsi nel panorama internazionale, e ciò al fine di collocare la nuova liquidazione giudiziale di gruppo entro i paradigmi del consolidamento sostanziale ovvero procedimentale. Esaminato tale passaggio preliminare, è stata poi formulata la domanda di ricerca a partire dalla quale muove la presente indagine, e cioè a dirsi la possibilità che l’apertura della liquidazione giudiziale di gruppo, pur determinando senza dubbio la dissoluzione del potere di direzione e coordinamento esercitato dalla capogruppo sul gruppo in bonis, comporti nondimeno l’attribuzione al curatore di un nuovo ed autonomo potere di direzione dell’impresa di gruppo, da esercitarsi in conformità con le finalità e i principi propri della regolazione concorsuale dell’insolvenza: un potere, in particolare, che potrebbe comportare la programmazione e la realizzazione di interventi (lato sensu) di “assistenza finanziaria infragruppo”, preordinati alla reciproca messa a disposizione di risorse strumentali alla continuità aziendale del gruppo. Se tale è la domanda di ricerca, è stato allora necessario confrontarsi innanzitutto con la vigenza, nelle nuove procedure di gruppo, del principio di autonomia delle masse attive e passive: un principio, infatti, che – a maggior ragione se applicato in maniera rigorosa, come parrebbe attualmente invalso nella dottrina e nella giurisprudenza prevalenti – potrebbe impedire in radice la circolazione di risorse tra i patrimoni delle imprese ammesse alla procedura. Ciò nondimeno, una corretta interpretazione del principio in parola ha consentito di relegarne la portata applicativa alle sole fasi dell’ammissione al passivo e della distribuzione dell’attivo, senza che allora possa inferirsene alcun effetto di “cristallizzazione” dei patrimoni delle imprese del gruppo sin dall’apertura della procedura: ciò, in particolare, a condizione che la fuoriuscita di risorse nella fase interinale della procedura sia assistita dalla ragionevole previsione di un «ritorno prospettico di valore» a vantaggio dell’impresa disponente in sede di distribuzione del ricavato della liquidazione. Una volta fissate tali premesse teoriche di fondo, l’analisi ha riguardato – nel Capitolo II – i poteri del curatore nei riguardi del patrimonio responsabile, e ciò nella duplice ottica – per un verso – della “ricostruzione” in chiave retrospettiva delle masse attive delle imprese del gruppo, qualora pregiudicate da atti di disposizione precedenti l’apertura della liquidazione giudiziale, e – per l’altro – della “gestione” in chiave propulsiva del patrimonio e dell’impresa di gruppo, strumentale non soltanto alla conservazione di un valore presente, ma altresì – come è ormai acclarato alla luce degli studi in tema di gestione di società di capitali in liquidazione – alla realizzazione di un valore futuro. In particolare, percorrendo tale ultima direttrice d’indagine si è reso necessario analizzare il ruolo del programma di liquidazione nelle procedure di gruppo, e ciò tanto sotto il profilo delle relative modalità di approvazione, quanto sul versante dei suoi possibili contenuti. Invero, non è passato inosservato come il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza abbia in generale potenziato i poteri “corporativi” del curatore, attraverso la previsione di un’inedita legittimazione a (programmare, e di conseguenza a) compiere in autonomia atti e operazioni inerenti alla struttura finanziaria e organizzativa dell’impresa. Poteri, questi ultimi, che, se trasposti nella liquidazione giudiziale di gruppo, potrebbero a ben vedere consentire interventi di profonda ristrutturazione del gruppo insolvente, eventualmente strumentali alla presentazione di un concordato (istituto che, nonostante l’inopportuno silenzio della legge sul punto, è stato comunque ritenuto immanente e coessenziale alla regolazione dell’insolvenza di gruppo). Infine, l’analisi dei poteri gestori del curatore ha richiesto – quale suo logico corollario, al quale è stato dedicato il Capitolo III – l’individuazione di criteri di distribuzione del valore del gruppo insolvente, che consentano di ripartire tra le masse attive delle imprese coinvolte il plusvalore eventualmente generato dalla prosecuzione dell’impresa e dalla liquidazione unitaria del patrimonio del gruppo. Un siffatto problema – la cui rilevanza è centrale anche in altri ambiti dell’ordinamento concorsuale – è stato affrontato a partire dalla qualificazione funzionale del potere di direzione e coordinamento di cui è investito il curatore: più nel dettaglio, si è ipotizzato che, a prescindere dalla natura gerarchica ovvero paritetica del gruppo in bonis successivamente ammesso alla procedura, la direzione unitaria esercitata dal curatore assuma in ogni caso connotati intrinsecamente paritetici, in quanto improntata non ad un interesse imprenditoriale proprio della capogruppo (come nella fattispecie di cui all’art. 2497 c.c.), bensì ad un interesse comune alle diverse imprese del gruppo e ai rispettivi ceti creditori. Con la conseguenza, allora, che – a partire da tale direzione funzionale dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale – si è ritenuto di poter desumere un obbligo di ripartizione proporzionale del ricavato della liquidazione a carico del curatore e a vantaggio delle imprese coinvolte. Tutto ciò acquisito, si è tentato infine – sebbene con la consapevolezza dell’estrema complessità della questione, e non senza rinviare l’analisi di taluni profili ad un eventuale sviluppo successivo del presente lavoro – di individuare un criterio distributivo che concretizzi il principio dell’equa ripartizione del valore del gruppo, e che tenga conto in particolare del contributo causale fornito dai trasferimenti di risorse infragruppo alla (auspicabile) produzione di un plusvalore.
Settore IUS/04 - Diritto Commerciale
Pubblicazione scientifica
SACCHI, ROBERTO
LUDOVICO, GIUSEPPE
Doctoral Thesis
Prodotti della ricerca::Tesi di dottorato
-2.0
open
Università degli Studi di Milano
info:eu-repo/semantics/doctoralThesis
1
S. Covino
GESTIONE UNITARIA E DISTRIBUZIONE DEL VALORE DEL GRUPPO NELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE / S. Covino ; tutor: R. Sacchi ; coordinatore del corso di dottorato: G. Ludovico. Dipartimento di Diritto Privato e Storia del Diritto, 2022 Feb 01. 34. ciclo, Anno Accademico 2021.
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