Il presente contributo intende offrire, a quasi due anni dall’inizio della pandemia, una panoramica dell’impatto del Covid-19 sul mondo del lavoro, con l’intento non solo di fotografare la situazione attuale, ma anche, in una prospettiva de iure condendo, di mettere in luce gli ambiti a cui sia l’Organizzazione Internazionale del lavoro (OIL), sia i singoli Paesi dovrebbero prestare maggiore attenzione. Il lavoro – che si apre con un paragrafo introduttivo volto ad illustrare intento e struttura del contributo – è diviso sia idealmente che fisicamente in due parti. Nella prima (§§ 2-3) gli autori, avvalendosi in particolare dei tre documenti più aggiornati sul punto (e cioè: il “World Employment and Social Outlook. Trends 2021”, il “Global Call to Action for a Human-centred Recovery from the Covid-19 Crisis that is Inclusive, Sustainable and Resilient”, nonché l’ultima edizione dell’“ILO Monitor: Covid-19 and the World of Work. Updated Estimates and Analysis”), danno conto, a livello macro, sia dei dati riguardanti l’impatto del Covid sul mercato del lavoro, sia delle soluzioni che l’OIL suggerisce per fronteggiare la crisi. Il primo dato di rilievo è che la crescita occupazionale prevista per il 2021 – trainata sia dai progressi delle campagne vaccinali che dai pacchetti fiscali adottati da molti paesi –, sembra insufficiente a colmare i vuoti aperti dalla crisi, soprattutto considerato che le nuove opportunità di lavoro create dalla pandemia (come il c.d. “lavoro su piattaforma”), non offrono spesso condizioni di lavoro dignitose. Come se non bastasse dai dati emerge, da un lato, che la crisi sta colpendo più duramente i territori, i settori, le categorie di lavoratori e le imprese più deboli (e, cioè rispettivamente: i paesi in via di sviluppo, i settori produttivi ad alta intensità di lavoro, le donne, i giovani, i lavoratori informali e poco qualificati, i lavoratori migranti, nonché le piccole imprese); dall’altro lato, che chi ha perso il lavoro durante questa crisi è andato ad ingrossare più spesso la categoria degli inattivi che quella dei disoccupati (tendenza, questa, drammaticamente pericolosa se è vero che, a causa dell'obsolescenza delle competenze, rioccupare le persone inattive è molto più difficile che rioccupare chi è disoccupato). Per tentare di porre rimedio a questa crisi, che appare la più profonda mai sperimentata dalla seconda guerra mondiale, l’OIL pare fare leva su due strumenti tra loro complementari. Il primo è il cosiddetto "ILO's four-pillar policy framework" basato su quattro aree di azione: i) stimolare l'economia e l'occupazione (attraverso specifiche politiche fiscali e monetarie, prestiti e sostegno finanziario); ii) sostenere le imprese, i posti di lavoro e i redditi (attraverso un'estensione della protezione sociale, il varo di misure volte al mantenimento dell'occupazione, la fornitura di agevolazioni finanziarie/fiscali) ; iii) proteggere i lavoratori sul posto di lavoro (attraverso il rafforzamento delle misure di sicurezza e salute sul lavoro, la prevenzione della discriminazione, l'espansione sia dei servizi sanitari nazionali, sia dell’ambito di applicazione dell’istituto del congedo retribuito); iv) implementare il dialogo sociale (attraverso tutti i tipi di negoziazione, consultazione e scambio di informazioni tra i rappresentanti dei governi, dei lavoratori e dei datori di lavoro). E proprio nell’ambito di questo ultimo pilastro può essere annoverata la proposta (contenuta nel documento "Global call to action for a human-centred recovery from the COVID-19 crisis that is inclusive, sustainable and resilient", adottato durante l'ultima Conferenza Internazionale del Lavoro del giugno 2021) di convocazione di un forum politico finalizzato a individuare strategie di ripresa su scala globale Il secondo strumento su cui fa leva l’OIL al fine di fronteggiare la crisi è il sistema dei c.d. “International labour standards”. Questi ultimi vengono affrontati nella seconda parte del contributo (§§ 4-4.2). Nel § 4 gli autori insistono sulla importanza di valorizzare gli International Labour Standard esistenti (come base indispensabile per garantire a livello globale sia condizioni di lavoro dignitose, sia livelli di protezione sociale adeguati) per soffermarsi, poi, sulle tutele sinora presenti in due ambiti particolari: il lavoro precario – compreso quello dei lavoratori autonomi – (v. § 4.1) e il lavoro a distanza (v. § 4.2). Dalla breve analisi della regolamentazione di entrambi il quadro che emerge è chiaro: nonostante la loro diffusione crescente all’interno del mercato del lavoro globale, ambedue appaiono ambiti ancora troppo poco “coperti” dalle convenzioni e raccomandazioni OIL; ecco perché, secondo gli autori, è necessario non solo insistere sulla applicazione degli International Labour Standard già esistenti, ma anche, procedere verso una loro implementazione.
Covid-19 and the World of Work: Where We are and Where We Should Go / J. Michel SERVAIS, F. Marinelli. - In: LAVORO, DIRITTI, EUROPA. - ISSN 2611-3783. - 2021:4(2021), pp. 1-19.
Covid-19 and the World of Work: Where We are and Where We Should Go
F. Marinelli
2021
Abstract
Il presente contributo intende offrire, a quasi due anni dall’inizio della pandemia, una panoramica dell’impatto del Covid-19 sul mondo del lavoro, con l’intento non solo di fotografare la situazione attuale, ma anche, in una prospettiva de iure condendo, di mettere in luce gli ambiti a cui sia l’Organizzazione Internazionale del lavoro (OIL), sia i singoli Paesi dovrebbero prestare maggiore attenzione. Il lavoro – che si apre con un paragrafo introduttivo volto ad illustrare intento e struttura del contributo – è diviso sia idealmente che fisicamente in due parti. Nella prima (§§ 2-3) gli autori, avvalendosi in particolare dei tre documenti più aggiornati sul punto (e cioè: il “World Employment and Social Outlook. Trends 2021”, il “Global Call to Action for a Human-centred Recovery from the Covid-19 Crisis that is Inclusive, Sustainable and Resilient”, nonché l’ultima edizione dell’“ILO Monitor: Covid-19 and the World of Work. Updated Estimates and Analysis”), danno conto, a livello macro, sia dei dati riguardanti l’impatto del Covid sul mercato del lavoro, sia delle soluzioni che l’OIL suggerisce per fronteggiare la crisi. Il primo dato di rilievo è che la crescita occupazionale prevista per il 2021 – trainata sia dai progressi delle campagne vaccinali che dai pacchetti fiscali adottati da molti paesi –, sembra insufficiente a colmare i vuoti aperti dalla crisi, soprattutto considerato che le nuove opportunità di lavoro create dalla pandemia (come il c.d. “lavoro su piattaforma”), non offrono spesso condizioni di lavoro dignitose. Come se non bastasse dai dati emerge, da un lato, che la crisi sta colpendo più duramente i territori, i settori, le categorie di lavoratori e le imprese più deboli (e, cioè rispettivamente: i paesi in via di sviluppo, i settori produttivi ad alta intensità di lavoro, le donne, i giovani, i lavoratori informali e poco qualificati, i lavoratori migranti, nonché le piccole imprese); dall’altro lato, che chi ha perso il lavoro durante questa crisi è andato ad ingrossare più spesso la categoria degli inattivi che quella dei disoccupati (tendenza, questa, drammaticamente pericolosa se è vero che, a causa dell'obsolescenza delle competenze, rioccupare le persone inattive è molto più difficile che rioccupare chi è disoccupato). Per tentare di porre rimedio a questa crisi, che appare la più profonda mai sperimentata dalla seconda guerra mondiale, l’OIL pare fare leva su due strumenti tra loro complementari. Il primo è il cosiddetto "ILO's four-pillar policy framework" basato su quattro aree di azione: i) stimolare l'economia e l'occupazione (attraverso specifiche politiche fiscali e monetarie, prestiti e sostegno finanziario); ii) sostenere le imprese, i posti di lavoro e i redditi (attraverso un'estensione della protezione sociale, il varo di misure volte al mantenimento dell'occupazione, la fornitura di agevolazioni finanziarie/fiscali) ; iii) proteggere i lavoratori sul posto di lavoro (attraverso il rafforzamento delle misure di sicurezza e salute sul lavoro, la prevenzione della discriminazione, l'espansione sia dei servizi sanitari nazionali, sia dell’ambito di applicazione dell’istituto del congedo retribuito); iv) implementare il dialogo sociale (attraverso tutti i tipi di negoziazione, consultazione e scambio di informazioni tra i rappresentanti dei governi, dei lavoratori e dei datori di lavoro). E proprio nell’ambito di questo ultimo pilastro può essere annoverata la proposta (contenuta nel documento "Global call to action for a human-centred recovery from the COVID-19 crisis that is inclusive, sustainable and resilient", adottato durante l'ultima Conferenza Internazionale del Lavoro del giugno 2021) di convocazione di un forum politico finalizzato a individuare strategie di ripresa su scala globale Il secondo strumento su cui fa leva l’OIL al fine di fronteggiare la crisi è il sistema dei c.d. “International labour standards”. Questi ultimi vengono affrontati nella seconda parte del contributo (§§ 4-4.2). Nel § 4 gli autori insistono sulla importanza di valorizzare gli International Labour Standard esistenti (come base indispensabile per garantire a livello globale sia condizioni di lavoro dignitose, sia livelli di protezione sociale adeguati) per soffermarsi, poi, sulle tutele sinora presenti in due ambiti particolari: il lavoro precario – compreso quello dei lavoratori autonomi – (v. § 4.1) e il lavoro a distanza (v. § 4.2). Dalla breve analisi della regolamentazione di entrambi il quadro che emerge è chiaro: nonostante la loro diffusione crescente all’interno del mercato del lavoro globale, ambedue appaiono ambiti ancora troppo poco “coperti” dalle convenzioni e raccomandazioni OIL; ecco perché, secondo gli autori, è necessario non solo insistere sulla applicazione degli International Labour Standard già esistenti, ma anche, procedere verso una loro implementazione.File | Dimensione | Formato | |
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