In questo contributo ci si propone di guardare ad un testo frutto della produzione giudaico-medievale iberica, alla ricerca di un’alternativa alla rigida opposizione tra pensiero medievale e rinascimentale in ambito antropologico. Se anacronistica ci pare la domanda relativa alla nozione stessa di dignitas hominis, lo scopo di questo contributo è quello di fornire un’immagine più sfaccettata e complessa della riflessione medievale in ambito antropologico, rispetto alla narrazione storiografica, fortemente segnata dalla retorica rinascimentale, che vede l’uomo al centro della creazione come una novità del secolo XV. L’interesse nell’affrontare tale questione proprio attraverso un testo appartenente alla letteratura filosofica ebraica del XII secolo risiede, da un lato, nella fecondità che tale tradizione rispecchia – trasmettendo al contempo il sapere greco, mediato dalle traduzioni arabe, e la stessa filosofia islamica – dall’altro nell’avere le sue radici in quel medesimo testo biblico che sì, sancisce la somiglianza tra l’umano e il divino, ma vieta al contempo ogni rappresentazione mondana della divinità. Nel testo che ci proponiamo qui di analizzare, il Sefer ha-Olam ha-katan (Il Libro del Microcosmo) di Joseph ibn Tzaddik (m. 1149), la corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo si inserisce, quindi, in una tradizione che da un lato respinge ogni forma di antropomorfismo, dall’altra lo presuppone sulla base di una particolare interpretazione di Gn. 1, 26. In costante equilibrio tra questi due piani, la funzione dell’uomo assume in quest’opera una valenza gnoseologica, in quanto la massima delfica del “conosci te stesso” si trasformerà nella norma tramite cui accedere alla conoscenza del cosmo.

Per un’antropologia della dignità. Il Microcosmo di Joseph ibn Tzaddik / D. Di Segni (FLUMEN SAPIENTIAE). - In: Per studium et doctrinam : fonti e testi di filosofia medievale dal 12. al 14. secolo : studi in onore di Loris Sturlese / [a cura di] A. Beccarisi, A. Palazzo. - Canterano : Aracne, 2018. - ISBN 9788825512861. - pp. 19-39

Per un’antropologia della dignità. Il Microcosmo di Joseph ibn Tzaddik

D. Di Segni
2018

Abstract

In questo contributo ci si propone di guardare ad un testo frutto della produzione giudaico-medievale iberica, alla ricerca di un’alternativa alla rigida opposizione tra pensiero medievale e rinascimentale in ambito antropologico. Se anacronistica ci pare la domanda relativa alla nozione stessa di dignitas hominis, lo scopo di questo contributo è quello di fornire un’immagine più sfaccettata e complessa della riflessione medievale in ambito antropologico, rispetto alla narrazione storiografica, fortemente segnata dalla retorica rinascimentale, che vede l’uomo al centro della creazione come una novità del secolo XV. L’interesse nell’affrontare tale questione proprio attraverso un testo appartenente alla letteratura filosofica ebraica del XII secolo risiede, da un lato, nella fecondità che tale tradizione rispecchia – trasmettendo al contempo il sapere greco, mediato dalle traduzioni arabe, e la stessa filosofia islamica – dall’altro nell’avere le sue radici in quel medesimo testo biblico che sì, sancisce la somiglianza tra l’umano e il divino, ma vieta al contempo ogni rappresentazione mondana della divinità. Nel testo che ci proponiamo qui di analizzare, il Sefer ha-Olam ha-katan (Il Libro del Microcosmo) di Joseph ibn Tzaddik (m. 1149), la corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo si inserisce, quindi, in una tradizione che da un lato respinge ogni forma di antropomorfismo, dall’altra lo presuppone sulla base di una particolare interpretazione di Gn. 1, 26. In costante equilibrio tra questi due piani, la funzione dell’uomo assume in quest’opera una valenza gnoseologica, in quanto la massima delfica del “conosci te stesso” si trasformerà nella norma tramite cui accedere alla conoscenza del cosmo.
Settore M-FIL/08 - Storia della Filosofia Medievale
2018
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