Introduzione & Obiettivo In Italia, le domande d’asilo politico presentate nel 2019 da persone che fuggono dal loro Paese di origine in quanto vittime di persecuzioni, conflitti, violenze e violazione di diritti umani sono state 26.963 [1]. Circa il 60% riguarda soggetti che dichiarano di aver subito torture nel proprio Paese. In questi casi, la visita medico-legale assume un ruolo essenziale, in quanto si prefigge di obiettivare le eventuali lesioni presenti e valutare il loro grado di coerenza con le forme di tortura denunciate, in accordo con il Protocollo di Istanbul [2]. Nell’esperienza del LABANOF (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense), coerentemente con i dati di letterature [3], la forma di tortura più spesso riscontrata (90% circa dei casi) è quella derivante da lesività contusiva, obiettivata per mezzo degli esiti cicatriziali tegumentari riscontrati in sede di visita, in alcune occasioni associati a fratture ossee e danno d’organo. Tuttavia, i segni di tortura spesso sono eterogenei e talvolta insidiosi da identificare [4]. Esistono, infatti, forme di tortura che per loro intrinseca natura possono non lasciare segni facilmente riscontrabili a livello cutaneo e osseo, quali tra tutte la “falanga” e le forme di sospensione del corpo. La prima consiste nel percuotere le piante dei piedi con frustini o bastoni, con insorgenza di ematoma e tumefazione della pianta dei piedi, accompagnati da dolore e difficoltà nella deambulazione [5]. Le seconde, solitamente non si associano a fratture ossee, ma, sottoponendo i capi articolari a elevate tensioni, possono causare lesioni nervose e muscolo-legamentose [6]. Esistono quindi forme di tortura che possono danneggiare strutture radiotrasparenti, non rilevabili dalla tradizionale radiografia, ma solo con approfondimenti mirati ed obiettivabili con maggior semplicità attraverso un accurato esame obiettivo specialistico. In questi casi la valutazione clinica deve assumere un ruolo centrale, motivo per cui un approccio clinico-diagnostico multidisciplinare comprendente uno specialista in ortopedia e traumatologia dovrebbe rendersi pratica routinaria. Per sottolineare l’importanza di tale aspetto, vengono illustrati brevemente due casi. Metodi & Risultati Caso 1 Uomo di 23 anni che riferisce di essere stato imprigionato e tenuto sospeso al soffitto per mezzo di corde metalliche legate ai polsi. Lamenta parestesie e limitazione funzionale del polso destro. Veniva eseguita visita medico-legale che evidenziava cicatrice lineare al polso sinistro e deficit motorio dei muscoli estensori del polso destro come per deficit di conduzione del nervo radiale. Dall’indagine RX non si riscontrano lesioni fratturative a carico delle strutture ossee della spalla. Veniva formulato un generico giudizio di coerenza con la forma di tortura denunciata. Caso 2 Uomo di 20 anni che riferisce di essere di essere stato colpito ripetutamente alle piante dei piedi con bastoni di legno, senza aver mai riportato ferite lacere sanguinanti. Attualmente riferisce episodi algici diffusi in corrispondenza della superficie delle piante dei piedi, a seguito di camminate anche di modesta entità. Veniva eseguita visita medico-legale che non evidenziava alcuna cicatrice. Dalle radiografie eseguite, non si riscontrano lesioni fratturative a carico delle strutture ossee dei piedi, ma è possibile osservare un’importante quota di edema in corrispondenza dei tessuti molli della pianta di entrambi i piedi (Fig.2). Veniva formulato un giudizio di elevata coerenza con la forma di tortura denunciata. Conclusioni Da questi casi esemplificativi, emerge chiaramente la complessità valutativa che si può incontrare nella definizione di forme di tortura per mezzo di lesività contusiva non produttiva di fratture ossee. La sola valutazione medico-legale degli esiti cicatriziali è spesso insufficiente per un completo inquadramento delle lesioni denunciate come conseguenza di tortura. Anche la tradizionale radiografia, la cui importanza è ormai un dato assodato, non è sempre risolutiva. Pertanto, per una corretta e completa valutazione medico-legale, il ricorso a un approccio multidisciplinare comprendente, non solo il radiologo, ma anche lo specialista ortopedico dovrebbe diventare parte integrante del processo decisionale. Pertanto, l’esame obiettivo ortopedico specialistico dovrebbe essere considerato come prezioso strumento in grado di potenziare l’efficacia della medicina clinica forense sulle vittime di tortura.

Lo specialista in ortopedia come preziosa risorsa nella medicina clinica forense sulle vittime di tortura / S. Tambuzzi, A. Battistini, L. Maggioni, P. Caselli, M. Rossi, F. Magli, S. Tritella, F. Collini, C. Cattaneo. ((Intervento presentato al 11. convegno Convegno di Traumatologia clinica e forense tenutosi a Salsomaggiore Terme nel 2021.

Lo specialista in ortopedia come preziosa risorsa nella medicina clinica forense sulle vittime di tortura

S. Tambuzzi
Primo
;
A. Battistini;L. Maggioni;P. Caselli;M. Rossi;F. Collini;C. Cattaneo
Ultimo
2021

Abstract

Introduzione & Obiettivo In Italia, le domande d’asilo politico presentate nel 2019 da persone che fuggono dal loro Paese di origine in quanto vittime di persecuzioni, conflitti, violenze e violazione di diritti umani sono state 26.963 [1]. Circa il 60% riguarda soggetti che dichiarano di aver subito torture nel proprio Paese. In questi casi, la visita medico-legale assume un ruolo essenziale, in quanto si prefigge di obiettivare le eventuali lesioni presenti e valutare il loro grado di coerenza con le forme di tortura denunciate, in accordo con il Protocollo di Istanbul [2]. Nell’esperienza del LABANOF (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense), coerentemente con i dati di letterature [3], la forma di tortura più spesso riscontrata (90% circa dei casi) è quella derivante da lesività contusiva, obiettivata per mezzo degli esiti cicatriziali tegumentari riscontrati in sede di visita, in alcune occasioni associati a fratture ossee e danno d’organo. Tuttavia, i segni di tortura spesso sono eterogenei e talvolta insidiosi da identificare [4]. Esistono, infatti, forme di tortura che per loro intrinseca natura possono non lasciare segni facilmente riscontrabili a livello cutaneo e osseo, quali tra tutte la “falanga” e le forme di sospensione del corpo. La prima consiste nel percuotere le piante dei piedi con frustini o bastoni, con insorgenza di ematoma e tumefazione della pianta dei piedi, accompagnati da dolore e difficoltà nella deambulazione [5]. Le seconde, solitamente non si associano a fratture ossee, ma, sottoponendo i capi articolari a elevate tensioni, possono causare lesioni nervose e muscolo-legamentose [6]. Esistono quindi forme di tortura che possono danneggiare strutture radiotrasparenti, non rilevabili dalla tradizionale radiografia, ma solo con approfondimenti mirati ed obiettivabili con maggior semplicità attraverso un accurato esame obiettivo specialistico. In questi casi la valutazione clinica deve assumere un ruolo centrale, motivo per cui un approccio clinico-diagnostico multidisciplinare comprendente uno specialista in ortopedia e traumatologia dovrebbe rendersi pratica routinaria. Per sottolineare l’importanza di tale aspetto, vengono illustrati brevemente due casi. Metodi & Risultati Caso 1 Uomo di 23 anni che riferisce di essere stato imprigionato e tenuto sospeso al soffitto per mezzo di corde metalliche legate ai polsi. Lamenta parestesie e limitazione funzionale del polso destro. Veniva eseguita visita medico-legale che evidenziava cicatrice lineare al polso sinistro e deficit motorio dei muscoli estensori del polso destro come per deficit di conduzione del nervo radiale. Dall’indagine RX non si riscontrano lesioni fratturative a carico delle strutture ossee della spalla. Veniva formulato un generico giudizio di coerenza con la forma di tortura denunciata. Caso 2 Uomo di 20 anni che riferisce di essere di essere stato colpito ripetutamente alle piante dei piedi con bastoni di legno, senza aver mai riportato ferite lacere sanguinanti. Attualmente riferisce episodi algici diffusi in corrispondenza della superficie delle piante dei piedi, a seguito di camminate anche di modesta entità. Veniva eseguita visita medico-legale che non evidenziava alcuna cicatrice. Dalle radiografie eseguite, non si riscontrano lesioni fratturative a carico delle strutture ossee dei piedi, ma è possibile osservare un’importante quota di edema in corrispondenza dei tessuti molli della pianta di entrambi i piedi (Fig.2). Veniva formulato un giudizio di elevata coerenza con la forma di tortura denunciata. Conclusioni Da questi casi esemplificativi, emerge chiaramente la complessità valutativa che si può incontrare nella definizione di forme di tortura per mezzo di lesività contusiva non produttiva di fratture ossee. La sola valutazione medico-legale degli esiti cicatriziali è spesso insufficiente per un completo inquadramento delle lesioni denunciate come conseguenza di tortura. Anche la tradizionale radiografia, la cui importanza è ormai un dato assodato, non è sempre risolutiva. Pertanto, per una corretta e completa valutazione medico-legale, il ricorso a un approccio multidisciplinare comprendente, non solo il radiologo, ma anche lo specialista ortopedico dovrebbe diventare parte integrante del processo decisionale. Pertanto, l’esame obiettivo ortopedico specialistico dovrebbe essere considerato come prezioso strumento in grado di potenziare l’efficacia della medicina clinica forense sulle vittime di tortura.
nov-2021
Settore MED/43 - Medicina Legale
Lo specialista in ortopedia come preziosa risorsa nella medicina clinica forense sulle vittime di tortura / S. Tambuzzi, A. Battistini, L. Maggioni, P. Caselli, M. Rossi, F. Magli, S. Tritella, F. Collini, C. Cattaneo. ((Intervento presentato al 11. convegno Convegno di Traumatologia clinica e forense tenutosi a Salsomaggiore Terme nel 2021.
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