Il periodo storico racchiuso tra il 1917 e i primi anni Trenta fu tra i più fecondi nella storia della letteratura ucraina. Tra i motivi di tale fioritura vi fu indubbiamente il processo di “ucrainizzazione”, avviato dal potere sovietico e volto a una promozione della lingua e della cultura ucraina tanto tra gli intellettuali quanto tra le masse cittadine, ormai del tutto russificate in seguito alle politiche messe in atto in epoca zarista. Se da una parte è innegabile che questo fenomeno favorì un notevole sviluppo della letteratura in lingua ucraina, è tuttavia anche vero che tale processo non tenne conto dell’effettivo bilinguismo diffuso nell’Ucraina orientale e in particolare a Charkiv, città di confine allora capitale dell’Ucraina sovietica e cuore pulsante di questa rinascita culturale. Lo scopo del presente intervento è pertanto quello di indagare il modo in cui due autori dell’epoca, Ostap Vyšnja (1889-1956) e Mykola Kuliš (1892-1937), affrontarono tale tematica mettendo in atto la pratica bilingue all’interno dei propri testi e rivolgendosi, dunque, a una specifica platea di lettori a loro volta bilingui. L’analisi di alcuni racconti satirici di Vyšnja (scritti tra il 1923 e il 1926) e della commedia Myna Mazajlo (1929) di Kuliš mirerà a individuare le strategie di caratterizzazione dei personaggi russofoni e ucrainofoni, mettendo in luce l’opinione dei due autori riguardo all’ucrainizzazione e, più in generale, ai rapporti russo-ucraini. In particolare, osserveremo come la distinzione tra i parlanti delle due lingue sia percepita come una differenza di classe, più che come una questione puramente etnica, e come tale disparità sociale sia la conseguenza di un rapporto di tipo coloniale tra i due gruppi linguistici. Sarà inoltre possibile osservare come la differenza linguistica sia talvolta anche il riflesso di un conflitto generazionale che contrappone i genitori, ancora influenzati dalla mentalità “russocentrica” di epoca prerivoluzionaria, ai figli, convinti sostenitori di una possibile emancipazione nazionale. Alla contrapposizione binaria tra la lingua russa e quella ucraina si aggiungerà poi una terza componente, quella della lingua “sovietica”, caratterizzata dalla rigidità e dal burocratismo espresso tramite lunghe sigle e titoli ufficiali, che plasma e modifica tanto la lingua russa quanto quella ucraina, giungendo, di fatto, a renderle più simili tra loro. In conclusione, l’indagine dei testi di Vyšnja e Kuliš permette di sottolineare l’innaturalezza del progetto di ucrainizzazione, che non rispettò la complessa realtà bilingue del territorio ucraino, soprattutto nelle sue regioni orientali. Nonostante la loro posizione di critica nei confronti dell’atteggiamento “piccolorusso” e la loro sostanziale adesione all’ucrainizzazione, infatti, i due autori dimostrarono come una totale uniformazione linguistica non fosse possibile in quello spazio liminare nel quale essi stessi operavano. Il bilinguismo, al contrario, si rivela un efficace mezzo espressivo, utile a caratterizzare i personaggi donando loro una lingua ricca e individualizzata, e a ottenere effetti comici e/o stranianti tramite il passaggio da una lingua all’altra.

"To po-pans’komu govoryv, a to po-mužyčomu": il bilinguismo come mezzo espressivo e riflesso della lotta di classe nella letteratura ucraina degli anni Venti del Novecento / R. Caria. ((Intervento presentato al convegno Margines - Conferenza dottorale del dottorato internazionale in studi germanici e slavi tenutosi a Roma nel 2021.

"To po-pans’komu govoryv, a to po-mužyčomu": il bilinguismo come mezzo espressivo e riflesso della lotta di classe nella letteratura ucraina degli anni Venti del Novecento

R. Caria
Primo
2021

Abstract

Il periodo storico racchiuso tra il 1917 e i primi anni Trenta fu tra i più fecondi nella storia della letteratura ucraina. Tra i motivi di tale fioritura vi fu indubbiamente il processo di “ucrainizzazione”, avviato dal potere sovietico e volto a una promozione della lingua e della cultura ucraina tanto tra gli intellettuali quanto tra le masse cittadine, ormai del tutto russificate in seguito alle politiche messe in atto in epoca zarista. Se da una parte è innegabile che questo fenomeno favorì un notevole sviluppo della letteratura in lingua ucraina, è tuttavia anche vero che tale processo non tenne conto dell’effettivo bilinguismo diffuso nell’Ucraina orientale e in particolare a Charkiv, città di confine allora capitale dell’Ucraina sovietica e cuore pulsante di questa rinascita culturale. Lo scopo del presente intervento è pertanto quello di indagare il modo in cui due autori dell’epoca, Ostap Vyšnja (1889-1956) e Mykola Kuliš (1892-1937), affrontarono tale tematica mettendo in atto la pratica bilingue all’interno dei propri testi e rivolgendosi, dunque, a una specifica platea di lettori a loro volta bilingui. L’analisi di alcuni racconti satirici di Vyšnja (scritti tra il 1923 e il 1926) e della commedia Myna Mazajlo (1929) di Kuliš mirerà a individuare le strategie di caratterizzazione dei personaggi russofoni e ucrainofoni, mettendo in luce l’opinione dei due autori riguardo all’ucrainizzazione e, più in generale, ai rapporti russo-ucraini. In particolare, osserveremo come la distinzione tra i parlanti delle due lingue sia percepita come una differenza di classe, più che come una questione puramente etnica, e come tale disparità sociale sia la conseguenza di un rapporto di tipo coloniale tra i due gruppi linguistici. Sarà inoltre possibile osservare come la differenza linguistica sia talvolta anche il riflesso di un conflitto generazionale che contrappone i genitori, ancora influenzati dalla mentalità “russocentrica” di epoca prerivoluzionaria, ai figli, convinti sostenitori di una possibile emancipazione nazionale. Alla contrapposizione binaria tra la lingua russa e quella ucraina si aggiungerà poi una terza componente, quella della lingua “sovietica”, caratterizzata dalla rigidità e dal burocratismo espresso tramite lunghe sigle e titoli ufficiali, che plasma e modifica tanto la lingua russa quanto quella ucraina, giungendo, di fatto, a renderle più simili tra loro. In conclusione, l’indagine dei testi di Vyšnja e Kuliš permette di sottolineare l’innaturalezza del progetto di ucrainizzazione, che non rispettò la complessa realtà bilingue del territorio ucraino, soprattutto nelle sue regioni orientali. Nonostante la loro posizione di critica nei confronti dell’atteggiamento “piccolorusso” e la loro sostanziale adesione all’ucrainizzazione, infatti, i due autori dimostrarono come una totale uniformazione linguistica non fosse possibile in quello spazio liminare nel quale essi stessi operavano. Il bilinguismo, al contrario, si rivela un efficace mezzo espressivo, utile a caratterizzare i personaggi donando loro una lingua ricca e individualizzata, e a ottenere effetti comici e/o stranianti tramite il passaggio da una lingua all’altra.
18-giu-2021
letteratura ucraina; Mykola Kulish; Ostap Vyshnja, bilnguismo
Settore L-LIN/21 - Slavistica
Dottorato in studi germanici e slavi - Sapienza Università di Roma
"To po-pans’komu govoryv, a to po-mužyčomu": il bilinguismo come mezzo espressivo e riflesso della lotta di classe nella letteratura ucraina degli anni Venti del Novecento / R. Caria. ((Intervento presentato al convegno Margines - Conferenza dottorale del dottorato internazionale in studi germanici e slavi tenutosi a Roma nel 2021.
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