Ricorrendo al più duttile verso sciolto, ma senza rinunciare alla tradizionale eleganza del dettato, i poeti dell'età dei Lumi rivendicarono il diritto di cimentarsi nell'illustrazione dei progressi della ragione e nella trattazione di nuove verità scientifiche e filosofiche. Su quel rapporto fra letteratura e scienza, che vantava esempi illustri, molto si discusse allora, soprattutto oltralpe. In Italia, una delle voci più efficaci sul piano della definizione dei postulati teorici fu quella di Giambattista Roberti; la sua "Lettera sopra l'uso della fisica nella poesia" vedeva la luce nel 1765, lo stesso anno in cui Giuseppe Parini affrontava questioni di stringente attualità sociale (l'inoculazione del vaiolo) in una prova poetica animata da accenti pindarici, nel segno di una ardita sperimentazione linguistica. La "Lettera" del gesuita bassanese di configura come un vero e proprio catalogo di notizie e di indicazioni per coloro che intendevano confrontarsi con la poesia scientifica. L'autore segnala i modelli antichi e moderni, suggerisce temi di istruzione e diletto, propone modalità espressive (come l'inserzione di favole mitologiche per conferire levità agli argomenti più ardui), raccomanda l'adozione di uno stile elevato. All'intervento robertiano ne sarebbero seguiti altri; destinati tuttavia, nell'ultimo scorcio del secolo, a scontrarsi con una realtà poetica ormai sensibile ad altre sollecitazioni, di fatto estranea al dialogo con la scienza.
Lettera sopra l'uso della fisica nella poesia (1765)Edizione commentata a cura di] S. Baragetti. - Milano : LED, 2014. - ISBN 9788879166522. (PALINSESTI)
Lettera sopra l'uso della fisica nella poesia (1765)
S. Baragetti
2014
Abstract
Ricorrendo al più duttile verso sciolto, ma senza rinunciare alla tradizionale eleganza del dettato, i poeti dell'età dei Lumi rivendicarono il diritto di cimentarsi nell'illustrazione dei progressi della ragione e nella trattazione di nuove verità scientifiche e filosofiche. Su quel rapporto fra letteratura e scienza, che vantava esempi illustri, molto si discusse allora, soprattutto oltralpe. In Italia, una delle voci più efficaci sul piano della definizione dei postulati teorici fu quella di Giambattista Roberti; la sua "Lettera sopra l'uso della fisica nella poesia" vedeva la luce nel 1765, lo stesso anno in cui Giuseppe Parini affrontava questioni di stringente attualità sociale (l'inoculazione del vaiolo) in una prova poetica animata da accenti pindarici, nel segno di una ardita sperimentazione linguistica. La "Lettera" del gesuita bassanese di configura come un vero e proprio catalogo di notizie e di indicazioni per coloro che intendevano confrontarsi con la poesia scientifica. L'autore segnala i modelli antichi e moderni, suggerisce temi di istruzione e diletto, propone modalità espressive (come l'inserzione di favole mitologiche per conferire levità agli argomenti più ardui), raccomanda l'adozione di uno stile elevato. All'intervento robertiano ne sarebbero seguiti altri; destinati tuttavia, nell'ultimo scorcio del secolo, a scontrarsi con una realtà poetica ormai sensibile ad altre sollecitazioni, di fatto estranea al dialogo con la scienza.Pubblicazioni consigliate
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