Il tema della religiosità degli immigrati, con ciò che implica in termini di costruzioni identitarie, aggregazioni, pratiche sociali di solidarietà, rielaborazioni culturali, legami con il passato e la terra di origine, non è molto popolare negli studi sui fenomeni migratori, specialmente in Europa. Due forze convergenti ne contrastano il riconoscimento. La prima consiste nella progressiva secolarizzazione delle società europee, con la conseguente emarginazione del sacro nell’esperienza sociale e nella riflessione intellettuale. La seconda forza riguarda invece la riduzione delle esperienze religiose degli immigrati al caso islamico, che nel discorso pubblico riveste quasi sempre i panni di un’alterità ingombrante e minacciosa (Ambrosini, Naso e Paravati 2018). Così, mentre molti immigrati trovano nell’esperienza religiosa un ancoraggio esistenziale tra i disagi e le incertezze della loro vita all’estero, gran parte delle popolazioni maggioritarie guardano a queste loro pratiche con un misto di indifferenza e diffidenza. Gli studiosi, soprattutto europei, nei loro interessi di ricerca non si discostano di molto dal comune sentire, con una parziale eccezione per il già ricordato fenomeno islamico a causa delle sue ripercussioni politiche (Foner e Alba 2008). In questo contributo intendo invece rilanciare la riflessione su questo classico tema, prendendo spunto da una ricerca promossa dal Centro studi Confronti, che ha riguardato esperienze di comunità immigrate cattoliche, evangeliche (a Milano), ortodosse (nell’area veneta), oltre che un’indagine nazionale sugli imam mussulmani (Ambrosini, Naso, Paravati, 2018).
I nuovi esiti di una storia antica: la partecipazione religiosa degli immigrati / M. Ambrosini (BIBLIOTECA DI TESTI E STUDI). - In: MigrAzioni : Principi, culture e pratiche di giustizia sociale / [a cura di] F. Colella, V. Grassi. - Prima edizione. - Roma : Carocci, 2020. - ISBN 9788829000531. - pp. 51-69
I nuovi esiti di una storia antica: la partecipazione religiosa degli immigrati
M. Ambrosini
Primo
Writing – Original Draft Preparation
2020
Abstract
Il tema della religiosità degli immigrati, con ciò che implica in termini di costruzioni identitarie, aggregazioni, pratiche sociali di solidarietà, rielaborazioni culturali, legami con il passato e la terra di origine, non è molto popolare negli studi sui fenomeni migratori, specialmente in Europa. Due forze convergenti ne contrastano il riconoscimento. La prima consiste nella progressiva secolarizzazione delle società europee, con la conseguente emarginazione del sacro nell’esperienza sociale e nella riflessione intellettuale. La seconda forza riguarda invece la riduzione delle esperienze religiose degli immigrati al caso islamico, che nel discorso pubblico riveste quasi sempre i panni di un’alterità ingombrante e minacciosa (Ambrosini, Naso e Paravati 2018). Così, mentre molti immigrati trovano nell’esperienza religiosa un ancoraggio esistenziale tra i disagi e le incertezze della loro vita all’estero, gran parte delle popolazioni maggioritarie guardano a queste loro pratiche con un misto di indifferenza e diffidenza. Gli studiosi, soprattutto europei, nei loro interessi di ricerca non si discostano di molto dal comune sentire, con una parziale eccezione per il già ricordato fenomeno islamico a causa delle sue ripercussioni politiche (Foner e Alba 2008). In questo contributo intendo invece rilanciare la riflessione su questo classico tema, prendendo spunto da una ricerca promossa dal Centro studi Confronti, che ha riguardato esperienze di comunità immigrate cattoliche, evangeliche (a Milano), ortodosse (nell’area veneta), oltre che un’indagine nazionale sugli imam mussulmani (Ambrosini, Naso, Paravati, 2018).File | Dimensione | Formato | |
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