La sentenza in commento, con la quale è stata definita la nota vicenda giudiziaria di ‘mafia capitale’, si segnala non solo per aver affermato rilevanti principi in materia di reati associativi, ma anche, con riferimento alle associazioni volte a commettere fatti di corruzione, per un apprezzabile e innovativo sforzo di delimitazione dei confini tra i delitti di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.) e di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.). A venire in rilievo, in particolare, è la problematica distinzione tra le due figure delittuose allorché la condotta del pubblico amministratore abbia ad oggetto un’attività o un atto discrezionale. Nel commentare la sentenza della Cassazione, l’Autrice osserva come il tema della rilevanza penale dell’attività discrezionale dei pubblici ufficiali rappresenti da sempre un nodo problematico. Ciò, tradizionalmente, in ragione del pericolo che il giudice penale sconfini nella valutazione del c.d. merito amministrativo; un pericolo che — nel contiguo ambito dell’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) — rappresenta d’altra parte una fondamentale premessa della recente riforma di cui al d.l. n. 76/2020 (c.d. decreto-semplificazioni), che ha escluso la configurabilità di quest’ultimo reato in ipotesi di violazione di regole di condotta che lascino residuare margini di discrezionalità. Alla luce della sentenza annotata e della recente novità normativa che ha interessato l’abuso d’ufficio, figura di chiusura del sistema dei delitti contro la p.a., l’Autrice propone una ricostruzione in chiave critica e aggiornata del quadro di rilevanza penale delle condotte discrezionali.

Sul confine tra corruzione propria e corruzione funzionale : note a margine della sentenza della Corte di cassazione sul caso ‘mafia capitale’ / M.C. Ubiali. - In: RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE. - ISSN 0557-1391. - 63:2(2020), pp. 662-677.

Sul confine tra corruzione propria e corruzione funzionale : note a margine della sentenza della Corte di cassazione sul caso ‘mafia capitale’

M.C. Ubiali
2020

Abstract

La sentenza in commento, con la quale è stata definita la nota vicenda giudiziaria di ‘mafia capitale’, si segnala non solo per aver affermato rilevanti principi in materia di reati associativi, ma anche, con riferimento alle associazioni volte a commettere fatti di corruzione, per un apprezzabile e innovativo sforzo di delimitazione dei confini tra i delitti di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.) e di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.). A venire in rilievo, in particolare, è la problematica distinzione tra le due figure delittuose allorché la condotta del pubblico amministratore abbia ad oggetto un’attività o un atto discrezionale. Nel commentare la sentenza della Cassazione, l’Autrice osserva come il tema della rilevanza penale dell’attività discrezionale dei pubblici ufficiali rappresenti da sempre un nodo problematico. Ciò, tradizionalmente, in ragione del pericolo che il giudice penale sconfini nella valutazione del c.d. merito amministrativo; un pericolo che — nel contiguo ambito dell’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) — rappresenta d’altra parte una fondamentale premessa della recente riforma di cui al d.l. n. 76/2020 (c.d. decreto-semplificazioni), che ha escluso la configurabilità di quest’ultimo reato in ipotesi di violazione di regole di condotta che lascino residuare margini di discrezionalità. Alla luce della sentenza annotata e della recente novità normativa che ha interessato l’abuso d’ufficio, figura di chiusura del sistema dei delitti contro la p.a., l’Autrice propone una ricostruzione in chiave critica e aggiornata del quadro di rilevanza penale delle condotte discrezionali.
Settore IUS/17 - Diritto Penale
2020
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