Tradizionalmente, la (dapprima denominata) Comunità Europea non si è mai occupata specificamente del settore del diritto processuale civile, non solo in ragione del fatto che l'obiettivo precipuo dei Trattati di Roma riguardava ben altro - ossia la creazione di un mercato comune (divenuto poi mercato unico) basato sulle quattro libertà fondamentali (circolazione di merci, servizi, persone e capitali), sulla disciplina della concorrenza e sulla limitazione degli aiuti statali alle imprese -, ma altresì in ragione della difficoltà di incidere su un settore caratterizzato da profonde differenze storiche e peculiarità nazionali. Si è dunque inizialmente optato per la decentralizzazione del cd private enforcement dei diritti di origine comunitaria (ossia dinanzi ai giudici dei singoli Stati Membri), lasciando dunque liberi gli Stati Membri nella regolamentazione del proprio regime processuale, con i soli due limiti del principio di non discriminazione (imponendo cioè che la tutela giudiziale di un diritto UE non fosse inferiore a quella garantita ai diritti di origine domestica) e del principio di effettività (richiedendosi che l'applicazione delle norme domestiche non finissero per vanificare del tutto la tutela dei diritti UE). Il processo di progressiva integrazione della Comunità e poi dell'Unione ha però fatto emergere l'incidenza della differenza tra i vari regimi processuali nazionali sul progetto di creazione del mercato unico, spingendo le Istituzioni europee ad intervenire con sempre maggiore intensità in un campo per anni non toccato dalla normazione europea. L'intervento affronta l'evoluzione del processo di armonizzazione del processo civile in Europa, mettendone in luce problemi e nuove sfide.
L’armonizzazione del processo civile in Europa, tra approcci ‘verticali’ e common minimum standards / A. Henke. ((Intervento presentato al convegno Corti europee e Giudici nazionali tenutosi a Milano nel 2017.
L’armonizzazione del processo civile in Europa, tra approcci ‘verticali’ e common minimum standards
A. Henke
2017
Abstract
Tradizionalmente, la (dapprima denominata) Comunità Europea non si è mai occupata specificamente del settore del diritto processuale civile, non solo in ragione del fatto che l'obiettivo precipuo dei Trattati di Roma riguardava ben altro - ossia la creazione di un mercato comune (divenuto poi mercato unico) basato sulle quattro libertà fondamentali (circolazione di merci, servizi, persone e capitali), sulla disciplina della concorrenza e sulla limitazione degli aiuti statali alle imprese -, ma altresì in ragione della difficoltà di incidere su un settore caratterizzato da profonde differenze storiche e peculiarità nazionali. Si è dunque inizialmente optato per la decentralizzazione del cd private enforcement dei diritti di origine comunitaria (ossia dinanzi ai giudici dei singoli Stati Membri), lasciando dunque liberi gli Stati Membri nella regolamentazione del proprio regime processuale, con i soli due limiti del principio di non discriminazione (imponendo cioè che la tutela giudiziale di un diritto UE non fosse inferiore a quella garantita ai diritti di origine domestica) e del principio di effettività (richiedendosi che l'applicazione delle norme domestiche non finissero per vanificare del tutto la tutela dei diritti UE). Il processo di progressiva integrazione della Comunità e poi dell'Unione ha però fatto emergere l'incidenza della differenza tra i vari regimi processuali nazionali sul progetto di creazione del mercato unico, spingendo le Istituzioni europee ad intervenire con sempre maggiore intensità in un campo per anni non toccato dalla normazione europea. L'intervento affronta l'evoluzione del processo di armonizzazione del processo civile in Europa, mettendone in luce problemi e nuove sfide.File | Dimensione | Formato | |
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Corti Europee e Giudici Nazionali - Conferenza Annuale - Jean Monnet Module - 30 ottobre 2017.pdf
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