Dal febbraio 1992, l’Italia è stata sferzata dal vento giudiziario di una stagione inedita, cristallizzata nell’inchiesta “Mani pulite” avviata dalla procura di Milano, volta a colpire i circuiti corruttivi della politica locale e nazionale. L’indagine giudiziaria ha generato una cesura nella vita pubblica del Paese, chiudendo una lunga parabola avviatasi nel secondo Dopoguerra e tracciandone una nuova, protrattasi sino ai giorni nostri. Oltre un quarto di secolo più tardi, il tessuto economico e politico italiano resta lacerato: nel 1991 l’Italia era indicata come la quarta potenza industriale mondiale (oggi si attesta tra il settimo e l’ottavo posto), il rapporto debito pubblico/Pil si attestava al 98% (nel 2018 è al 132%), il tasso di disoccupazione segnava l’8,6% (contro il 10,6% del 2018, Istat), la mobilità sociale intergenerazionale si è arenata (Banca d’Italia 2018); l’affluenza alle elezioni politiche è scesa dall’88,6% del 1987 al 72,93% del 2018 (Ministero dell’Interno), il sistema politico pare affetto da una «instabilità inafferrabile» (Itanes 2011), una nuova «sfiducia di massa» (Di Virgilio e Segatti 2013) soffia verso politici e partiti. A cavallo tra storiografia e sociologia, combinando fonti qualitative e quantitative, il contributo mira a proporre una ricostruzione di sintesi delle conseguenze inintenzionali di “Mani pulite” e del delicato crinale tra Prima e Seconda Repubblica. Si avanzerà l’ipotesi che tale stagione giudiziaria, pur meritoria nel tentativo di scardinare un sedimentato sistema di potere, clientela e corruttela, abbia tuttavia agito da catalizzatore – certo non da unica causa efficiente – di un apparentemente irreversibile declino economico e politico del Paese, gettando altresì le basi per un mutamento evolutivo delle dinamiche corruttive, oggi maggiormente complesse, pervasive e difficilmente identificabili (Vannucci 2012; Sciarrone 2017), dunque più faticosamente contenibili dalle agenzie di contrasto.
“Mani pulite”: un catalizzatore del declino italiano? / L. Bonzanni. ((Intervento presentato al convegno Giustizia e legalità alla prova delle disuguaglianze tenutosi a Roma nel 2020.
“Mani pulite”: un catalizzatore del declino italiano?
L. Bonzanni
2020
Abstract
Dal febbraio 1992, l’Italia è stata sferzata dal vento giudiziario di una stagione inedita, cristallizzata nell’inchiesta “Mani pulite” avviata dalla procura di Milano, volta a colpire i circuiti corruttivi della politica locale e nazionale. L’indagine giudiziaria ha generato una cesura nella vita pubblica del Paese, chiudendo una lunga parabola avviatasi nel secondo Dopoguerra e tracciandone una nuova, protrattasi sino ai giorni nostri. Oltre un quarto di secolo più tardi, il tessuto economico e politico italiano resta lacerato: nel 1991 l’Italia era indicata come la quarta potenza industriale mondiale (oggi si attesta tra il settimo e l’ottavo posto), il rapporto debito pubblico/Pil si attestava al 98% (nel 2018 è al 132%), il tasso di disoccupazione segnava l’8,6% (contro il 10,6% del 2018, Istat), la mobilità sociale intergenerazionale si è arenata (Banca d’Italia 2018); l’affluenza alle elezioni politiche è scesa dall’88,6% del 1987 al 72,93% del 2018 (Ministero dell’Interno), il sistema politico pare affetto da una «instabilità inafferrabile» (Itanes 2011), una nuova «sfiducia di massa» (Di Virgilio e Segatti 2013) soffia verso politici e partiti. A cavallo tra storiografia e sociologia, combinando fonti qualitative e quantitative, il contributo mira a proporre una ricostruzione di sintesi delle conseguenze inintenzionali di “Mani pulite” e del delicato crinale tra Prima e Seconda Repubblica. Si avanzerà l’ipotesi che tale stagione giudiziaria, pur meritoria nel tentativo di scardinare un sedimentato sistema di potere, clientela e corruttela, abbia tuttavia agito da catalizzatore – certo non da unica causa efficiente – di un apparentemente irreversibile declino economico e politico del Paese, gettando altresì le basi per un mutamento evolutivo delle dinamiche corruttive, oggi maggiormente complesse, pervasive e difficilmente identificabili (Vannucci 2012; Sciarrone 2017), dunque più faticosamente contenibili dalle agenzie di contrasto.File | Dimensione | Formato | |
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