In seguito a una lesione cerebrale si possono manifestare alterazioni del comportamento emotivo. Quest’aspetto è spesso poco considerato e il più delle volte è interpretato come una “reazione” a una condizione di malattia e/o di disabilità, piuttosto che una manifestazione diretta del danno cerebrale che si aggiunge ai deficit motori, sensitivi e cognitivi. È, però, esperienza comune della pratica clinica che un’alterazione del comportamento emotivo possa influenzare negativamente il percorso riabilitativo, oltre che determinare importanti ripercussioni nella vita di relazione del paziente, minando spesso anche l’alleanza terapeutica col caregiver. Emozioni, un fenomeno complesso Le emozioni sono un fenomeno complesso. L’etimologia del termine emozione è da ricondurre al verbo latino emovere (ex = fuori + movere = muovere) che significa letteralmente portare fuori, smuovere, in senso lato scuotere, agitare e in senso figurato turbare, sconvolgere. In pratica il termine indica un movimento del corpo (1). In effetti, in situazioni di attivazione emotiva, l’organismo è spinto ad agire, avvicinandosi a ciò che ritiene positivo per sé (es. un piacere) o, al contrario, allontanandosi da ciò che considera negativo (es. un dispiacere). Nell’emozione s’individuano tre diverse componenti: 1. Il sentimento, inteso come un’esperienza soggettiva e cosciente, dell’individuo. Gli esseri umani sono in grado di esprimere una notevole gamma di stati che dicono di “sentire” o di “provare” (es. mi sento triste, mi sento felice, provo disgusto). 2. La reazione fisiologica, viscerale e neuroendocrina (es. l’aumento della frequenza cardiaca, le variazioni di pressione sanguigna, la salivazione, la sudorazione). 3. La risposta somatico–comportamentale, cioè l’insieme delle risposte motorie che concretano le azioni cosiddette “emotive”, come sorridere quando si è felici o difendersi, attaccare o scappare in presenza di una minaccia. Darwin assegnava una notevole importanza alle emozioni, che riteneva avessero un ruolo fondamentale per la sopravvivenza per il contributo nella corretta risposta a situazioni ambientali di emergenza. Una riposta emotiva ha pertanto una componente soggettiva, in rapporto all’esperienza personale e cosciente, e una componente oggettiva, rappresentata dalle risposte vegetativa e motoria. La risposta vegetativa si realizza contemporaneamente all’evento emozionale conscio, in modo riflesso, grazie all’attivazione del sistema nervoso autonomo. La risposta motoria mette l’organismo nelle condizioni di attuare un’azione e di comunicare ad altri individui il proprio stato interno. Genesi, integrazione e controllo delle emozioni Nella genesi, integrazione e controllo delle emozioni e, di conseguenza, nelle risposte comportamentali, intervengono il sistema limbico, ma anche altre regioni cerebrali, sia corticali, sia sottocorticali, che comunicano tra di loro attraverso numerose connessioni neurali. La letteratura scientifica degli ultimi anni relativa ai sistemi anatomici e funzionali alla base dei disordini emozionali è ricca di studi, anche di buona validità scientifica. Essi mettono in luce come diverse aree cerebrali (gli emisferi destro e sinistro, il cervelletto, i gangli della base e il tronco encefalico) abbiano un ruolo nei processi emozionali. Negli ultimi decenni, è cresciuto l’interesse per i differenti ruoli dell’emisfero destro e sinistro nei processi emozionali. Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato che anche il cervelletto è coinvolto attivamente e in modo significativo nella percezione, nel riconoscimento e nell’integrazione delle emozioni e della relativa reazione comportamentale. Lateralizzazione emisferica dei processi emozionali In merito alla lateralizzazione emisferica dei processi emozionali sono state proposte due teorie: la prima segue un’ipotesi da ricondurre all’emisfero destro (Right Hemisphere Hypothesis, RHH), la seconda è invece l’ipotesi di valenza (Valence Hypothesis, VH) (2). Secondo la prima teoria (RHH), l’emisfero destro domina, dal punto di vista sia quantitativo, sia qualitativo, nel processare le emozioni, indipendentemente dalla valenza di queste e dal canale di stimolo. In base a questa teoria, vi sarebbe in pratica una complessiva predominanza dell’emisfero destro per tutte le tipologie di emozioni sia positive, sia negative. Tuttavia, è importante sottolineare che quest’ipotesi non esclude totalmente l’emisfero sinistro dai processi emozionali, ma attribuisce a questo un ruolo secondario (3). La seconda teoria (VH), invece, sostiene che i due emisferi siano specializzati nel processare i diversi tipi di emozioni, in base alla loro valenza, cioè al grado di piacere/dispiacere che una data emozione comporta. Secondo la teoria della valenza, le sei emozioni di base sono suddivise in positive (gioia e sorpresa) e negative (paura, rabbia, tristezza e disgusto). Le “emozioni positive” sarebbero processate in modo predominante dall’emisfero sinistro, mentre le “emozioni negative” sarebbero controllate dall’emisfero destro (3). Per quanto concerne la validità delle teorie di lateralizzazione emisferica sopra esposte, prevale l’idea generale del coinvolgimento bilaterale degli emisferi. Infatti, la maggioranza degli studi sembra concordare sul fatto che nessuna delle due teorie (RHH e VH) sia unicamente valida, ma che siano vere entrambe (4). L’emisfero destro si attiverebbe prevalentemente con l’utilizzo di canali di riconoscimento facciali e prosodici, cioè durante la percezione e l’interpretazione di segnali emotivi “non verbali”, mentre l’emisfero sinistro si attiverebbe per lo più con la somministrazione di stimoli emotivi “verbali”, cioè attraverso il canale lessicale (5). L’emisfero destro, inoltre, si attiverebbe nel trattamento di afferenze emotive inconsce, mentre l’emisfero sinistro sarebbe più specifico per gli stimoli processati coscientemente. Gli emisferi cerebrali contribuirebbero, dunque, all’elaborazione emozionale in maniera valenza-specifica. La corteccia prefrontale destra sarebbe specializzata nell’elaborazione delle emozioni negative, quella prefrontale sinistra nell’elaborazione delle emozioni positive. Sulla base di queste osservazioni, Gainotti (6) ha proposto un modello che considera l’emisfero destro come una struttura più “primitiva” rispetto all’emisfero controlaterale. Quest’intuizione potrebbe spiegare il ruolo più specifico dell’emisfero destro nei processi emozionali di pericolo, filogeneticamente antichi, supportando la RHH, e al contempo il suo coinvolgimento maggiore nella comprensione e nell’espressione delle emozioni negative, accreditando la VH. Aree corticali ed emozioni Le aree corticali sono coinvolte in vari aspetti cognitivi dell’esperienza emotiva: il riconoscimento e la coscienza emozionale, la regolazione dell’emozione e del tono umorale, l’emozione-sociale, l’affettività, la memoria emozionale, l’empatia. A tale proposito si riconosce il ruolo di tre specifiche componenti anatomiche: l’insula inferiore, la corteccia cingolata anteriore e la corteccia prefrontale (in particolare l’area ventro-mediale). L’insula è la corteccia primariamente coinvolta nel ricevere informazioni enterocettive, che sono trasmesse alla corteccia cingolata, per la presa di coscienza di stimoli sia piacevoli, sia spiacevoli (7). Nei pazienti con lesioni insulari e della corteccia cingolata la manifestazione tipica è l’alessitimia, cioè l’assenza di consapevolezza emozionale e la conseguente incapacità di esprimere i propri stati emotivi. La corteccia prefrontale svolge una gamma di attività più complessa. In primis, elabora le informazioni provenienti dall’insula e dall’amigdala, integrando segnali corporei sia somatici, sia viscerali. In secundis, interviene nel circuito emozionale-sociale, per sviluppare processi decisionali comportamentali. Elabora, quindi, le informazioni provenienti da altre aree cerebrali per valutare l’importanza e la valenza affettiva degli stimoli. Mediante le connessioni con il tronco encefalico e con le aree sottocorticali, gli output elaborati guidano la manifestazione emotiva e il comportamento, in relazione al contesto e ai rapporti interpersonali. Una lesione a carico della corteccia prefrontale può quindi causare un’alterata regolazione emozionale e un comportamento inadeguato al contesto sociale. Nei pazienti con lesioni prefrontali spesso si osservano atteggiamenti disinibiti e inappropriati, comportamenti puerili, ridotta iniziativa. Lesioni coinvolgenti il circuito della coscienza emozionale (insula-amigdala-corteccia prefrontale) si manifestano frequentemente con un’alterata o assente empatia (7, 8). Amigdala e memoria emozionale Una struttura che merita particolare attenzione è l’amigdala. Una lesione che coinvolge l’amigdala altera l’abilità di riconoscimento delle espressioni facciali altrui. Al contempo, lesioni bilaterali dell’amigdala non alterano la capacità del soggetto di manifestare i propri stati emotivi utilizzando il canale facciale, suggerendo che l’amigdala abbia un ruolo specifico nel processare stimoli esterocettivi (7). Anche l’insula sembra essere coinvolta nel processo di stimoli facciali, limitatamente alle emozioni legate a paura, felicità e sorpresa. L’amigdala, insieme all’ippocampo e alla corteccia peririnale, è una componente del circuito, localizzato nel lobo temporale, che gestisce la memoria emozionale; alterazioni della memoria emozionale si verificano solo nel caso in cui l’evento patologico coinvolga l’amigdala. Gangli della base e processi emozionali Anche i gangli della base hanno un ruolo nei processi emozionali, in una rete di intra-interconnessioni, che li collegano alla corteccia e al tronco encefalico. Ai gangli della base giungono afferenze sia esterocettive, sia corticali. Il loro ruolo principale si esplica nell’organizzare e nello smistare le informazioni esterocettive tra i vari componenti dei circuiti. In risposta alle informazioni in entrata, di ritorno dai centri superiori, essi coordinano l’attività delle diverse aree cerebrali, inviando input attivatori e/o depressori alle aree corticali e sottocorticali, regolando dai punti di vista strutturale e temporale la risposta allo stimolo emotivo. In sostanza, i gangli della base possono essere considerati come un centro di smistamento e programmazione, adibito a ricevere e trasmettere le informazioni (9). Il “cervelletto emozionale” Il cervelletto è implicato nei processi emozionali, tanto che alcuni studiosi hanno coniato il termine di “cervelletto emozionale”. Lesioni cerebellari posteriori possono determinare alterazioni cognitive ed emotive senza alcun tipo di compromissione motoria. In particolare, le aree fondamentali coinvolte sono il verme posteriore e i lobi posteriori (10). Il verme cerebellare posteriore si rapporta con i nuclei propri del cervelletto, tra cui il nucleo del fastigio e del tetto, e con porzioni corticali e sottocorticali del sistema limbico (insula, amigdala, nuclei del setto, corteccia cingolata e corteccia prefrontale), costituendo il circuito cerebro-cerebellare-limbico. I lobi posteriori sono invece collegati fittamente con il nucleo dentato e con aree della neocorteccia e della corteccia cingolata e, in minor misura, con l’ipotalamo. A lesioni del verme conseguono deficit comportamentali e affettivi caratterizzati da alterazione della personalità, ridotta affettività o eccessiva familiarità, comportamenti puerili o inappropriati. Affezioni patologiche dei lobi posteriori determinano deficit cognitivi, per esempio nella pianificazione della risposta motoria e di memoria. Schmahmann e Scherman (11) hanno coniato il termine sindrome cerebellare cognitivo-affettiva (CCAS) per indicare il corredo tipico di manifestazioni cliniche, come conseguenza di eventi patologici al cervelletto posteriore. La CCAS si caratterizza per disfunzioni esecutive (es. deficit di pianificazione, deficit della memoria di lavoro), disturbi visuo-spaziali (es. aprassia costruttiva, deficit di memoria spaziale), disturbi della sfera linguistica (es. disprosodia, anomie, agrammatismi) e disfunzioni affettive. Lesioni cerebellari sinistre sono tipicamente associate a disturbi tipici dell’emisfero destro, come deficit attentivi e problematiche visuo-spaziali, mentre lesioni cerebellari destre sono prevalentemente associate a disturbi tipici dell’emisfero sinistro, quindi del dominio verbale. A proposito del “ruolo cognitivo” del cervelletto, è stato ipotizzato che il cervelletto si sia filogeneticamente sviluppato contemporaneamente alla neocorteccia; ciò spiegherebbe la capacità cerebellare di partecipare tanto alle attività motorie quanto a quelle cognitive (12). Studi in ambito psichiatrico rafforzano l’ipotesi che il cervelletto sia implicato in circuiti emozionali-cognitivi. Per esempio, patologie quali la schizofrenia, l’autismo, disturbi bipolari della personalità, disturbi depressivi maggiori, sono spesso accompagnate da disfunzioni delle attività cerebellari del circuito posteriore (13). Tronco cerebrale nei circuiti cognitivo-affettivi Anche il tronco encefalico è risultato implicato nei circuiti cognitivo-affettivi cerebello-cerebrali (14). Pazienti affetti da lesione focale del tronco encefalico spesso manifestano alterazioni cognitive e affettive, tipiche della CCAS. Una rete di connessioni sottesa alle emozioni Sulla base di quanto esposto, sembra opportuno fare la seguente considerazione: i processi descritti sono complessi e coinvolgono molte strutture anatomiche connesse tra loro in diversi circuiti. Come per tutti i processi complessi, è improbabile che una lesione focale possa compromettere in modo definitivo una funzione, ma una lesione di un circuito a qualsiasi livello può essere causa di una disfunzione. I meccanismi che sottendono le emozioni non sono localizzati solo nel sistema limbico e a livello di strutture sottocorticali, ma la rete di connessioni coinvolge anche aree corticali, il cervelletto e il tronco encefalico. Le emozioni e i loro circuiti sono associabili pertanto a specifici sistemi del cervello. In genere, pazienti con lesioni dell’emisfero cerebrale destro sembrano avere più problematiche nell’esprimere, comprendere e reagire a stimoli emozionali, ma un qualsiasi processo patologico che coinvolge una delle strutture cerebrali sopra riportate potrebbe determinare un’alterazione dei processi emozionali, come conseguenza diretta. Considerazioni sulla valutazione dell’aspetto emozionale in ambito riabilitativo In ambito riabilitativo la valutazione dell’aspetto emozionale è importante tanto quanto la valutazione degli aspetti motori, sensitivi e cognitivi. Pazienti indifferenti verso la propria patologia, affrettati, disinibiti, perennemente allegri o depressi, apatici, con scarsa motivazione, potrebbero non capire la gravità della propria condizione e non partecipare adeguatamente al programma riabilitativo. Per un precoce e adeguato riconoscimento di un disturbo affettivo del paziente, è indispensabile un’attenta indagine anamnestica cognitivo-comportamentale pre-morbosa con i familiari. L’identificazione di modificazioni comportamentali della sfera emotiva deve infatti indirizzare l’équipe riabilitativa a adottare strategie adeguate durante il trattamento, tenendo conto che tipologie di stimolo diverse sollecitano gli emisferi in maniera differente. L’emisfero destro si attiva maggiormente con l’utilizzo di canali di riconoscimento facciale, cioè durante la percezione e l’interpretazione di segnali emotivi non verbali. L’emisfero sinistro si attiva, invece, maggiormente con il riconoscimento lessicale di frasi contenenti informazioni emotive non esplicitate da termini specifici, cioè con segnali verbali. Le figure professionali dell’equipe riabilitativa devono essere in grado di riconoscere i disturbi del comportamento emotivo e preparare il caregiver ai possibili cambiamenti comportamentali che il paziente potrebbe presentare al rientro nella vita quotidiana. Bisogna sempre tenere in considerazione, infatti, l’ipotesi che eventuali modificazioni delle reazioni comportamentali di un paziente non necessariamente sono dovute a variazioni dello stato psichico o del tono dell’umore interpretabili in chiave reattiva, ma che queste variazioni possono essere diretta conseguenza di alterazioni strutturali derivate dalla lesione cerebrale.

Interferenza nel percorso riabilitativo dei disordini emotivi nelle lesioni cerebrali / R. Pagani, F. Gervasoni, A. Milotta, A.M. Previtera. - In: MEDICI OGGI. - ISSN 1721-0208. - 2019:(2019 Dec 04).

Interferenza nel percorso riabilitativo dei disordini emotivi nelle lesioni cerebrali

A.M. Previtera
Supervision
2019

Abstract

In seguito a una lesione cerebrale si possono manifestare alterazioni del comportamento emotivo. Quest’aspetto è spesso poco considerato e il più delle volte è interpretato come una “reazione” a una condizione di malattia e/o di disabilità, piuttosto che una manifestazione diretta del danno cerebrale che si aggiunge ai deficit motori, sensitivi e cognitivi. È, però, esperienza comune della pratica clinica che un’alterazione del comportamento emotivo possa influenzare negativamente il percorso riabilitativo, oltre che determinare importanti ripercussioni nella vita di relazione del paziente, minando spesso anche l’alleanza terapeutica col caregiver. Emozioni, un fenomeno complesso Le emozioni sono un fenomeno complesso. L’etimologia del termine emozione è da ricondurre al verbo latino emovere (ex = fuori + movere = muovere) che significa letteralmente portare fuori, smuovere, in senso lato scuotere, agitare e in senso figurato turbare, sconvolgere. In pratica il termine indica un movimento del corpo (1). In effetti, in situazioni di attivazione emotiva, l’organismo è spinto ad agire, avvicinandosi a ciò che ritiene positivo per sé (es. un piacere) o, al contrario, allontanandosi da ciò che considera negativo (es. un dispiacere). Nell’emozione s’individuano tre diverse componenti: 1. Il sentimento, inteso come un’esperienza soggettiva e cosciente, dell’individuo. Gli esseri umani sono in grado di esprimere una notevole gamma di stati che dicono di “sentire” o di “provare” (es. mi sento triste, mi sento felice, provo disgusto). 2. La reazione fisiologica, viscerale e neuroendocrina (es. l’aumento della frequenza cardiaca, le variazioni di pressione sanguigna, la salivazione, la sudorazione). 3. La risposta somatico–comportamentale, cioè l’insieme delle risposte motorie che concretano le azioni cosiddette “emotive”, come sorridere quando si è felici o difendersi, attaccare o scappare in presenza di una minaccia. Darwin assegnava una notevole importanza alle emozioni, che riteneva avessero un ruolo fondamentale per la sopravvivenza per il contributo nella corretta risposta a situazioni ambientali di emergenza. Una riposta emotiva ha pertanto una componente soggettiva, in rapporto all’esperienza personale e cosciente, e una componente oggettiva, rappresentata dalle risposte vegetativa e motoria. La risposta vegetativa si realizza contemporaneamente all’evento emozionale conscio, in modo riflesso, grazie all’attivazione del sistema nervoso autonomo. La risposta motoria mette l’organismo nelle condizioni di attuare un’azione e di comunicare ad altri individui il proprio stato interno. Genesi, integrazione e controllo delle emozioni Nella genesi, integrazione e controllo delle emozioni e, di conseguenza, nelle risposte comportamentali, intervengono il sistema limbico, ma anche altre regioni cerebrali, sia corticali, sia sottocorticali, che comunicano tra di loro attraverso numerose connessioni neurali. La letteratura scientifica degli ultimi anni relativa ai sistemi anatomici e funzionali alla base dei disordini emozionali è ricca di studi, anche di buona validità scientifica. Essi mettono in luce come diverse aree cerebrali (gli emisferi destro e sinistro, il cervelletto, i gangli della base e il tronco encefalico) abbiano un ruolo nei processi emozionali. Negli ultimi decenni, è cresciuto l’interesse per i differenti ruoli dell’emisfero destro e sinistro nei processi emozionali. Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato che anche il cervelletto è coinvolto attivamente e in modo significativo nella percezione, nel riconoscimento e nell’integrazione delle emozioni e della relativa reazione comportamentale. Lateralizzazione emisferica dei processi emozionali In merito alla lateralizzazione emisferica dei processi emozionali sono state proposte due teorie: la prima segue un’ipotesi da ricondurre all’emisfero destro (Right Hemisphere Hypothesis, RHH), la seconda è invece l’ipotesi di valenza (Valence Hypothesis, VH) (2). Secondo la prima teoria (RHH), l’emisfero destro domina, dal punto di vista sia quantitativo, sia qualitativo, nel processare le emozioni, indipendentemente dalla valenza di queste e dal canale di stimolo. In base a questa teoria, vi sarebbe in pratica una complessiva predominanza dell’emisfero destro per tutte le tipologie di emozioni sia positive, sia negative. Tuttavia, è importante sottolineare che quest’ipotesi non esclude totalmente l’emisfero sinistro dai processi emozionali, ma attribuisce a questo un ruolo secondario (3). La seconda teoria (VH), invece, sostiene che i due emisferi siano specializzati nel processare i diversi tipi di emozioni, in base alla loro valenza, cioè al grado di piacere/dispiacere che una data emozione comporta. Secondo la teoria della valenza, le sei emozioni di base sono suddivise in positive (gioia e sorpresa) e negative (paura, rabbia, tristezza e disgusto). Le “emozioni positive” sarebbero processate in modo predominante dall’emisfero sinistro, mentre le “emozioni negative” sarebbero controllate dall’emisfero destro (3). Per quanto concerne la validità delle teorie di lateralizzazione emisferica sopra esposte, prevale l’idea generale del coinvolgimento bilaterale degli emisferi. Infatti, la maggioranza degli studi sembra concordare sul fatto che nessuna delle due teorie (RHH e VH) sia unicamente valida, ma che siano vere entrambe (4). L’emisfero destro si attiverebbe prevalentemente con l’utilizzo di canali di riconoscimento facciali e prosodici, cioè durante la percezione e l’interpretazione di segnali emotivi “non verbali”, mentre l’emisfero sinistro si attiverebbe per lo più con la somministrazione di stimoli emotivi “verbali”, cioè attraverso il canale lessicale (5). L’emisfero destro, inoltre, si attiverebbe nel trattamento di afferenze emotive inconsce, mentre l’emisfero sinistro sarebbe più specifico per gli stimoli processati coscientemente. Gli emisferi cerebrali contribuirebbero, dunque, all’elaborazione emozionale in maniera valenza-specifica. La corteccia prefrontale destra sarebbe specializzata nell’elaborazione delle emozioni negative, quella prefrontale sinistra nell’elaborazione delle emozioni positive. Sulla base di queste osservazioni, Gainotti (6) ha proposto un modello che considera l’emisfero destro come una struttura più “primitiva” rispetto all’emisfero controlaterale. Quest’intuizione potrebbe spiegare il ruolo più specifico dell’emisfero destro nei processi emozionali di pericolo, filogeneticamente antichi, supportando la RHH, e al contempo il suo coinvolgimento maggiore nella comprensione e nell’espressione delle emozioni negative, accreditando la VH. Aree corticali ed emozioni Le aree corticali sono coinvolte in vari aspetti cognitivi dell’esperienza emotiva: il riconoscimento e la coscienza emozionale, la regolazione dell’emozione e del tono umorale, l’emozione-sociale, l’affettività, la memoria emozionale, l’empatia. A tale proposito si riconosce il ruolo di tre specifiche componenti anatomiche: l’insula inferiore, la corteccia cingolata anteriore e la corteccia prefrontale (in particolare l’area ventro-mediale). L’insula è la corteccia primariamente coinvolta nel ricevere informazioni enterocettive, che sono trasmesse alla corteccia cingolata, per la presa di coscienza di stimoli sia piacevoli, sia spiacevoli (7). Nei pazienti con lesioni insulari e della corteccia cingolata la manifestazione tipica è l’alessitimia, cioè l’assenza di consapevolezza emozionale e la conseguente incapacità di esprimere i propri stati emotivi. La corteccia prefrontale svolge una gamma di attività più complessa. In primis, elabora le informazioni provenienti dall’insula e dall’amigdala, integrando segnali corporei sia somatici, sia viscerali. In secundis, interviene nel circuito emozionale-sociale, per sviluppare processi decisionali comportamentali. Elabora, quindi, le informazioni provenienti da altre aree cerebrali per valutare l’importanza e la valenza affettiva degli stimoli. Mediante le connessioni con il tronco encefalico e con le aree sottocorticali, gli output elaborati guidano la manifestazione emotiva e il comportamento, in relazione al contesto e ai rapporti interpersonali. Una lesione a carico della corteccia prefrontale può quindi causare un’alterata regolazione emozionale e un comportamento inadeguato al contesto sociale. Nei pazienti con lesioni prefrontali spesso si osservano atteggiamenti disinibiti e inappropriati, comportamenti puerili, ridotta iniziativa. Lesioni coinvolgenti il circuito della coscienza emozionale (insula-amigdala-corteccia prefrontale) si manifestano frequentemente con un’alterata o assente empatia (7, 8). Amigdala e memoria emozionale Una struttura che merita particolare attenzione è l’amigdala. Una lesione che coinvolge l’amigdala altera l’abilità di riconoscimento delle espressioni facciali altrui. Al contempo, lesioni bilaterali dell’amigdala non alterano la capacità del soggetto di manifestare i propri stati emotivi utilizzando il canale facciale, suggerendo che l’amigdala abbia un ruolo specifico nel processare stimoli esterocettivi (7). Anche l’insula sembra essere coinvolta nel processo di stimoli facciali, limitatamente alle emozioni legate a paura, felicità e sorpresa. L’amigdala, insieme all’ippocampo e alla corteccia peririnale, è una componente del circuito, localizzato nel lobo temporale, che gestisce la memoria emozionale; alterazioni della memoria emozionale si verificano solo nel caso in cui l’evento patologico coinvolga l’amigdala. Gangli della base e processi emozionali Anche i gangli della base hanno un ruolo nei processi emozionali, in una rete di intra-interconnessioni, che li collegano alla corteccia e al tronco encefalico. Ai gangli della base giungono afferenze sia esterocettive, sia corticali. Il loro ruolo principale si esplica nell’organizzare e nello smistare le informazioni esterocettive tra i vari componenti dei circuiti. In risposta alle informazioni in entrata, di ritorno dai centri superiori, essi coordinano l’attività delle diverse aree cerebrali, inviando input attivatori e/o depressori alle aree corticali e sottocorticali, regolando dai punti di vista strutturale e temporale la risposta allo stimolo emotivo. In sostanza, i gangli della base possono essere considerati come un centro di smistamento e programmazione, adibito a ricevere e trasmettere le informazioni (9). Il “cervelletto emozionale” Il cervelletto è implicato nei processi emozionali, tanto che alcuni studiosi hanno coniato il termine di “cervelletto emozionale”. Lesioni cerebellari posteriori possono determinare alterazioni cognitive ed emotive senza alcun tipo di compromissione motoria. In particolare, le aree fondamentali coinvolte sono il verme posteriore e i lobi posteriori (10). Il verme cerebellare posteriore si rapporta con i nuclei propri del cervelletto, tra cui il nucleo del fastigio e del tetto, e con porzioni corticali e sottocorticali del sistema limbico (insula, amigdala, nuclei del setto, corteccia cingolata e corteccia prefrontale), costituendo il circuito cerebro-cerebellare-limbico. I lobi posteriori sono invece collegati fittamente con il nucleo dentato e con aree della neocorteccia e della corteccia cingolata e, in minor misura, con l’ipotalamo. A lesioni del verme conseguono deficit comportamentali e affettivi caratterizzati da alterazione della personalità, ridotta affettività o eccessiva familiarità, comportamenti puerili o inappropriati. Affezioni patologiche dei lobi posteriori determinano deficit cognitivi, per esempio nella pianificazione della risposta motoria e di memoria. Schmahmann e Scherman (11) hanno coniato il termine sindrome cerebellare cognitivo-affettiva (CCAS) per indicare il corredo tipico di manifestazioni cliniche, come conseguenza di eventi patologici al cervelletto posteriore. La CCAS si caratterizza per disfunzioni esecutive (es. deficit di pianificazione, deficit della memoria di lavoro), disturbi visuo-spaziali (es. aprassia costruttiva, deficit di memoria spaziale), disturbi della sfera linguistica (es. disprosodia, anomie, agrammatismi) e disfunzioni affettive. Lesioni cerebellari sinistre sono tipicamente associate a disturbi tipici dell’emisfero destro, come deficit attentivi e problematiche visuo-spaziali, mentre lesioni cerebellari destre sono prevalentemente associate a disturbi tipici dell’emisfero sinistro, quindi del dominio verbale. A proposito del “ruolo cognitivo” del cervelletto, è stato ipotizzato che il cervelletto si sia filogeneticamente sviluppato contemporaneamente alla neocorteccia; ciò spiegherebbe la capacità cerebellare di partecipare tanto alle attività motorie quanto a quelle cognitive (12). Studi in ambito psichiatrico rafforzano l’ipotesi che il cervelletto sia implicato in circuiti emozionali-cognitivi. Per esempio, patologie quali la schizofrenia, l’autismo, disturbi bipolari della personalità, disturbi depressivi maggiori, sono spesso accompagnate da disfunzioni delle attività cerebellari del circuito posteriore (13). Tronco cerebrale nei circuiti cognitivo-affettivi Anche il tronco encefalico è risultato implicato nei circuiti cognitivo-affettivi cerebello-cerebrali (14). Pazienti affetti da lesione focale del tronco encefalico spesso manifestano alterazioni cognitive e affettive, tipiche della CCAS. Una rete di connessioni sottesa alle emozioni Sulla base di quanto esposto, sembra opportuno fare la seguente considerazione: i processi descritti sono complessi e coinvolgono molte strutture anatomiche connesse tra loro in diversi circuiti. Come per tutti i processi complessi, è improbabile che una lesione focale possa compromettere in modo definitivo una funzione, ma una lesione di un circuito a qualsiasi livello può essere causa di una disfunzione. I meccanismi che sottendono le emozioni non sono localizzati solo nel sistema limbico e a livello di strutture sottocorticali, ma la rete di connessioni coinvolge anche aree corticali, il cervelletto e il tronco encefalico. Le emozioni e i loro circuiti sono associabili pertanto a specifici sistemi del cervello. In genere, pazienti con lesioni dell’emisfero cerebrale destro sembrano avere più problematiche nell’esprimere, comprendere e reagire a stimoli emozionali, ma un qualsiasi processo patologico che coinvolge una delle strutture cerebrali sopra riportate potrebbe determinare un’alterazione dei processi emozionali, come conseguenza diretta. Considerazioni sulla valutazione dell’aspetto emozionale in ambito riabilitativo In ambito riabilitativo la valutazione dell’aspetto emozionale è importante tanto quanto la valutazione degli aspetti motori, sensitivi e cognitivi. Pazienti indifferenti verso la propria patologia, affrettati, disinibiti, perennemente allegri o depressi, apatici, con scarsa motivazione, potrebbero non capire la gravità della propria condizione e non partecipare adeguatamente al programma riabilitativo. Per un precoce e adeguato riconoscimento di un disturbo affettivo del paziente, è indispensabile un’attenta indagine anamnestica cognitivo-comportamentale pre-morbosa con i familiari. L’identificazione di modificazioni comportamentali della sfera emotiva deve infatti indirizzare l’équipe riabilitativa a adottare strategie adeguate durante il trattamento, tenendo conto che tipologie di stimolo diverse sollecitano gli emisferi in maniera differente. L’emisfero destro si attiva maggiormente con l’utilizzo di canali di riconoscimento facciale, cioè durante la percezione e l’interpretazione di segnali emotivi non verbali. L’emisfero sinistro si attiva, invece, maggiormente con il riconoscimento lessicale di frasi contenenti informazioni emotive non esplicitate da termini specifici, cioè con segnali verbali. Le figure professionali dell’equipe riabilitativa devono essere in grado di riconoscere i disturbi del comportamento emotivo e preparare il caregiver ai possibili cambiamenti comportamentali che il paziente potrebbe presentare al rientro nella vita quotidiana. Bisogna sempre tenere in considerazione, infatti, l’ipotesi che eventuali modificazioni delle reazioni comportamentali di un paziente non necessariamente sono dovute a variazioni dello stato psichico o del tono dell’umore interpretabili in chiave reattiva, ma che queste variazioni possono essere diretta conseguenza di alterazioni strutturali derivate dalla lesione cerebrale.
lesione cerebrale, emozioni, riabilitazione
Settore MED/34 - Medicina Fisica e Riabilitativa
Settore MED/26 - Neurologia
4-dic-2019
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