Il presente capitolo si inserisce all’interno di uno studio coerente che Fondazione ISMU da anni svolge in merito alla relazione tra immigrazione e politica. Mentre nel Ventitreesimo Rapporto analizzammo tale relazione alla luce dei risultati delle elezioni politiche svoltesi nel 2017 in alcuni Stati europei (Francia, Germania, Olanda e Regno Unito), nel XXIV Rapporto fu-rono presentati i programmi elettorali dei principali partiti in competi-zione alle elezioni politiche italiane del 4 marzo 2018 e l’esito elettorale. In entrambi i capitoli ci soffermammo in particolar modo su due issue: l’atteg-giamento verso le migrazioni e verso l’Unione europea. Tra il 23 e il 26 magio 2019 i cittadini dei 28 Stati membri dell’Unione europea si sono recati alle urne per eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo. Come già emerso dalle diverse analisi e interpreta-zioni della nostra Fondazione negli studi precedenti dedicati al rapporto tra immigrazione e politica, anche questa volta ‒ in relazione alle elezioni per il Parlamento europeo ‒ l’intreccio Europa-immigrazione si è dimo-strato divisivo. Nel dibattito pubblico, nel rapporto tra opinione pubblica e offerta politica e nelle dinamiche competitive tra i partiti politici sono ormai messi in discussione alcuni valori un tempo condivisi dalle liberal-democrazie contemporanee (si vedano a tal proposito le riflessioni esposte nei cap. 3, 13 e 14 in questo volume). In effetti, da tempo, sull’immigra-zione, e di conseguenza anche sull’identità dell’Unione europea, emerge la difficoltà di condividere un orizzonte culturale comune. Il “rompicapo” della nostra analisi, ancora prima di addentraci nei programmi dei diversi partiti e schieramenti e nell’esito delle elezioni europee, riguarda la se-guente questione: si sta sempre più rafforzando un sentimento collettivo contro l’immigrazione e un atteggiamento molto scettico nei confronti dell’Unione europea? I precedenti rapporti indicavano qualcosa di più di una tendenza: Europa e immigrazione, nella loro connotazione negativa, occupano la scena politica con un consenso elettorale che in alcuni paesi (non marginali, tra l’altro) è molto significativo. E ciò, inevitabilmente, cambierà, già a partire da questa legislatura, l’agenda politica sia dei go-verni nazionali sia dell’Unione europea. Conseguentemente è legittima la seguente domanda: le elezioni europee del 2019 sono state un banco di prova, su queste due issue, per la tenuta del sistema politico europeo? Di qui le diverse parti del presente capitolo. Inizialmente, abbiamo ana-lizzato ‒ attraverso le rilevazioni dell’Eurobarometro ‒ le opinioni dei cit-tadini degli Stati membri nei confronti della issue immigrazione e il ruolo che deve avere l’Unione europea su questa policy. Sempre nello stesso pa-ragrafo, si sono messe in relazione sia la percentuale di voti alle destre in occasione delle elezioni europee del 2019 e l’atteggiamento da parte dei cittadini nei confronti dell’immigrazione extra-UE, sia la percentuale di voti alle destre in occasione delle elezioni europee del 2019 e la percen-tuale di cittadini che dichiara di non sentirsi di cittadinanza europea. Suc-cessivamente, abbiamo passato al setaccio il nuovo Parlamento europeo, alla luce della sua composizione e dei gruppi che si sono costituiti. Chi sono i vincitori delle elezioni del 23-26 maggio 2019? Se è vero che le elezioni europee riflettono ancora dinamiche nazionali che faticano ad aggregarsi in esiti comunitari passibili di una lettura complessiva, certamente la tor-nata elettorale del 2019 rappresenta un punto di rottura con la storia po-litica dell’assemblea parlamentare europea. Tuttavia, l’esito si sottopone a una triplice lettura abbastanza variegata: 1) per la prima volta nel corso della storia del Parlamento europeo, i due principali gruppi politici che hanno sostenuto e avanzato il processo di integrazione sovranazionale, e cioè il Partito popolare europeo (PPE) e i Socialisti & Democratici (S&D), non controllano più la maggioranza parlamentare, fermandosi al 44,7% dei seggi; 2) assistiamo sì alla crescita dei consensi di partiti variamente definiti “sovranisti”, “populisti”, “nazionalisti” e “antieuropeisti” che, all’in-terno dei loro paesi, hanno sostenuto posizioni di forte critica nei confronti dell’Unione europea, ma comunque una crescita inferiore a quella prevista alla vigilia del voto da commentatori e opinionisti e dagli stessi leader di tali partiti; 3) si rafforza il gruppo liberale Renew Europe, soprattutto gra-zie ai seggi de La République en marche! di Macron e al successo di alcuni partiti liberali in diversi stati europei, oltre alla crescita dei Verdi, partico-larmente grazie al sorprendete risultato dei Grünen tedeschi e degli ecolo-gisti francesi e britannici. Per capire se si possono avanzare alcune generalizzazioni dai risultati elettorali e per poter classificare i diversi gruppi parlamentari, abbiamo cercato un breve confronto con le elezioni europee del 2014 sulla base di due “fratture”: l’atteggiamento nei confronti del processo di integrazione europea e di una politica di ricollocamento obbligatorio dei rifugiati tra gli Stati membri, attraverso la lente del cleavage europeismo/antieuropei-smo. Inoltre, all’interno dello stesso paragrafo, si è cercato di analizzare la distribuzione geografica del voto, dove è stato possibile individuare alcune tendenze elettorali geograficamente concentrate. Infine, nell’ultimo paragrafo, attraverso l’analisi, sia pur sintetica, dei programmi elettorali e dell’offerta politica in Italia, è stato possibile rica-vare alcune informazioni relative all’importanza accordata alle issue Unione europea e immigrazione.

Le elezioni europee / N. Pasini, M. Regalia (ISMU INIZIATIVE E STUDI SULLA MULTIETNICITÀ). - In: Venticinquesimo Rapporto sulle migrazioni 2019 / [a cura di] V. Cesareo. - Prima edizione. - Milano : Franco Angeli, 2020. - ISBN 9788891790460. - pp. 223-236

Le elezioni europee

N. Pasini;M. Regalia
2020

Abstract

Il presente capitolo si inserisce all’interno di uno studio coerente che Fondazione ISMU da anni svolge in merito alla relazione tra immigrazione e politica. Mentre nel Ventitreesimo Rapporto analizzammo tale relazione alla luce dei risultati delle elezioni politiche svoltesi nel 2017 in alcuni Stati europei (Francia, Germania, Olanda e Regno Unito), nel XXIV Rapporto fu-rono presentati i programmi elettorali dei principali partiti in competi-zione alle elezioni politiche italiane del 4 marzo 2018 e l’esito elettorale. In entrambi i capitoli ci soffermammo in particolar modo su due issue: l’atteg-giamento verso le migrazioni e verso l’Unione europea. Tra il 23 e il 26 magio 2019 i cittadini dei 28 Stati membri dell’Unione europea si sono recati alle urne per eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo. Come già emerso dalle diverse analisi e interpreta-zioni della nostra Fondazione negli studi precedenti dedicati al rapporto tra immigrazione e politica, anche questa volta ‒ in relazione alle elezioni per il Parlamento europeo ‒ l’intreccio Europa-immigrazione si è dimo-strato divisivo. Nel dibattito pubblico, nel rapporto tra opinione pubblica e offerta politica e nelle dinamiche competitive tra i partiti politici sono ormai messi in discussione alcuni valori un tempo condivisi dalle liberal-democrazie contemporanee (si vedano a tal proposito le riflessioni esposte nei cap. 3, 13 e 14 in questo volume). In effetti, da tempo, sull’immigra-zione, e di conseguenza anche sull’identità dell’Unione europea, emerge la difficoltà di condividere un orizzonte culturale comune. Il “rompicapo” della nostra analisi, ancora prima di addentraci nei programmi dei diversi partiti e schieramenti e nell’esito delle elezioni europee, riguarda la se-guente questione: si sta sempre più rafforzando un sentimento collettivo contro l’immigrazione e un atteggiamento molto scettico nei confronti dell’Unione europea? I precedenti rapporti indicavano qualcosa di più di una tendenza: Europa e immigrazione, nella loro connotazione negativa, occupano la scena politica con un consenso elettorale che in alcuni paesi (non marginali, tra l’altro) è molto significativo. E ciò, inevitabilmente, cambierà, già a partire da questa legislatura, l’agenda politica sia dei go-verni nazionali sia dell’Unione europea. Conseguentemente è legittima la seguente domanda: le elezioni europee del 2019 sono state un banco di prova, su queste due issue, per la tenuta del sistema politico europeo? Di qui le diverse parti del presente capitolo. Inizialmente, abbiamo ana-lizzato ‒ attraverso le rilevazioni dell’Eurobarometro ‒ le opinioni dei cit-tadini degli Stati membri nei confronti della issue immigrazione e il ruolo che deve avere l’Unione europea su questa policy. Sempre nello stesso pa-ragrafo, si sono messe in relazione sia la percentuale di voti alle destre in occasione delle elezioni europee del 2019 e l’atteggiamento da parte dei cittadini nei confronti dell’immigrazione extra-UE, sia la percentuale di voti alle destre in occasione delle elezioni europee del 2019 e la percen-tuale di cittadini che dichiara di non sentirsi di cittadinanza europea. Suc-cessivamente, abbiamo passato al setaccio il nuovo Parlamento europeo, alla luce della sua composizione e dei gruppi che si sono costituiti. Chi sono i vincitori delle elezioni del 23-26 maggio 2019? Se è vero che le elezioni europee riflettono ancora dinamiche nazionali che faticano ad aggregarsi in esiti comunitari passibili di una lettura complessiva, certamente la tor-nata elettorale del 2019 rappresenta un punto di rottura con la storia po-litica dell’assemblea parlamentare europea. Tuttavia, l’esito si sottopone a una triplice lettura abbastanza variegata: 1) per la prima volta nel corso della storia del Parlamento europeo, i due principali gruppi politici che hanno sostenuto e avanzato il processo di integrazione sovranazionale, e cioè il Partito popolare europeo (PPE) e i Socialisti & Democratici (S&D), non controllano più la maggioranza parlamentare, fermandosi al 44,7% dei seggi; 2) assistiamo sì alla crescita dei consensi di partiti variamente definiti “sovranisti”, “populisti”, “nazionalisti” e “antieuropeisti” che, all’in-terno dei loro paesi, hanno sostenuto posizioni di forte critica nei confronti dell’Unione europea, ma comunque una crescita inferiore a quella prevista alla vigilia del voto da commentatori e opinionisti e dagli stessi leader di tali partiti; 3) si rafforza il gruppo liberale Renew Europe, soprattutto gra-zie ai seggi de La République en marche! di Macron e al successo di alcuni partiti liberali in diversi stati europei, oltre alla crescita dei Verdi, partico-larmente grazie al sorprendete risultato dei Grünen tedeschi e degli ecolo-gisti francesi e britannici. Per capire se si possono avanzare alcune generalizzazioni dai risultati elettorali e per poter classificare i diversi gruppi parlamentari, abbiamo cercato un breve confronto con le elezioni europee del 2014 sulla base di due “fratture”: l’atteggiamento nei confronti del processo di integrazione europea e di una politica di ricollocamento obbligatorio dei rifugiati tra gli Stati membri, attraverso la lente del cleavage europeismo/antieuropei-smo. Inoltre, all’interno dello stesso paragrafo, si è cercato di analizzare la distribuzione geografica del voto, dove è stato possibile individuare alcune tendenze elettorali geograficamente concentrate. Infine, nell’ultimo paragrafo, attraverso l’analisi, sia pur sintetica, dei programmi elettorali e dell’offerta politica in Italia, è stato possibile rica-vare alcune informazioni relative all’importanza accordata alle issue Unione europea e immigrazione.
elezioni; Europa; immigrazione; partiti politici; Parlamento Europeo; Eurobarometro
Settore SPS/04 - Scienza Politica
2020
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