I sistemi di welfare avanzato, in particolare europei, hanno registrato, negli ultimi venti anni, cambiamenti a livello sociale ed istituzionale tali da determinare politiche pubbliche molto differenti tra loro, sia per quanto riguarda i principi ispiratori, che per le finalità e gli strumenti utilizzati. Per questo motivo, è sorta l’esigenza di sviluppare una riflessione a partire da un’analisi comparata dei diversi modelli storicamente delineatisi:, i quali, tuttavia, appaiono oggi inadeguati rispetto alle trasformazioni in atto: il modello liberale (anglosassone), il modello corporativo-sussidiario (Olanda e Germania), il modello sud-europeo ed il modello neo-socialdemocratico (paesi scandinavi). Focalizzando l’attenzione sulle politiche per l’occupazione, rispetto alle quali, a partire dal “processo di Lussemburgo” e dal successivo “Trattato di Lisbona”, sono stati definiti precisi obiettivi a livello comunitario, la presente Ricerca, dopo un rapido excursus sulle principali esperienze europee di regolazione del mercato del lavoro, analizza, in particolare, quelle maturate nei Paesi nordici: Danimarca e Svezia. La scelta su questi due paesi è motivata, dagli autori, non solo con il fatto che si tratta di esperienze in linea con gli indirizzi comunitari in materia di occupazione e sulle quali è disponibile molto materiale documentale ma, soprattutto, perché i suindicati Paesi appaiono esemplari per l’affinità socio-economica con il contesto lombardo. E proprio a partire dal “modello scandinavo-danese” - pur escludendo la possibilità di una sua integrale importazione – la Ricerca sviluppa, nelle conclusioni, alcune indicazioni operative relativamente alla applicabilità, nello specifico contesto lombardo, di alcuni suoi elementi di gestione del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali. Innanzitutto, l’adozione di alcune prestazioni assistenziali in favore di disoccupati ed inoccupati che non si configurino, tuttavia, come un mero duplicato delle indennità già esistenti a livello previdenziale, ma la cui erogazione sia correlata ad attività partecipate dai beneficiari e finalizzate alla loro ricollocazione lavorativa. Inoltre, il potenziamento, da parte della Regione, dei servizi offerti dai Centri per l’Impiego. Infine, prevedere un ambito d’intervento rispetto al quale la Regione può operare con ampia autonomia quale quello delle politiche attive, che contemplino, sulla base del modello danese, sussidi alle imprese per la collocazione lavorativa di soggetti deboli e per combattere il fenomeno della “esclusione sociale” nonché per sviluppare la propria offerta formativa, in modo efficace e flessibile rispetto alle esigenze del mercato del lavoro.

Il modello danese. Note per una lettura in chiave comparata / A. Colombo, L. Pesenti, R. Grandini, A. Sartori, P. Fontana. - Milano : Consiglio regionale della Regione Lombardia, 2007 Mar.

Il modello danese. Note per una lettura in chiave comparata

A. Sartori
Penultimo
;
2007

Abstract

I sistemi di welfare avanzato, in particolare europei, hanno registrato, negli ultimi venti anni, cambiamenti a livello sociale ed istituzionale tali da determinare politiche pubbliche molto differenti tra loro, sia per quanto riguarda i principi ispiratori, che per le finalità e gli strumenti utilizzati. Per questo motivo, è sorta l’esigenza di sviluppare una riflessione a partire da un’analisi comparata dei diversi modelli storicamente delineatisi:, i quali, tuttavia, appaiono oggi inadeguati rispetto alle trasformazioni in atto: il modello liberale (anglosassone), il modello corporativo-sussidiario (Olanda e Germania), il modello sud-europeo ed il modello neo-socialdemocratico (paesi scandinavi). Focalizzando l’attenzione sulle politiche per l’occupazione, rispetto alle quali, a partire dal “processo di Lussemburgo” e dal successivo “Trattato di Lisbona”, sono stati definiti precisi obiettivi a livello comunitario, la presente Ricerca, dopo un rapido excursus sulle principali esperienze europee di regolazione del mercato del lavoro, analizza, in particolare, quelle maturate nei Paesi nordici: Danimarca e Svezia. La scelta su questi due paesi è motivata, dagli autori, non solo con il fatto che si tratta di esperienze in linea con gli indirizzi comunitari in materia di occupazione e sulle quali è disponibile molto materiale documentale ma, soprattutto, perché i suindicati Paesi appaiono esemplari per l’affinità socio-economica con il contesto lombardo. E proprio a partire dal “modello scandinavo-danese” - pur escludendo la possibilità di una sua integrale importazione – la Ricerca sviluppa, nelle conclusioni, alcune indicazioni operative relativamente alla applicabilità, nello specifico contesto lombardo, di alcuni suoi elementi di gestione del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali. Innanzitutto, l’adozione di alcune prestazioni assistenziali in favore di disoccupati ed inoccupati che non si configurino, tuttavia, come un mero duplicato delle indennità già esistenti a livello previdenziale, ma la cui erogazione sia correlata ad attività partecipate dai beneficiari e finalizzate alla loro ricollocazione lavorativa. Inoltre, il potenziamento, da parte della Regione, dei servizi offerti dai Centri per l’Impiego. Infine, prevedere un ambito d’intervento rispetto al quale la Regione può operare con ampia autonomia quale quello delle politiche attive, che contemplino, sulla base del modello danese, sussidi alle imprese per la collocazione lavorativa di soggetti deboli e per combattere il fenomeno della “esclusione sociale” nonché per sviluppare la propria offerta formativa, in modo efficace e flessibile rispetto alle esigenze del mercato del lavoro.
mar-2007
http://www.consiglio.regione.lombardia.it/c/journal_articles/view_article_content?articleId=3351&version=1.0
Il modello danese. Note per una lettura in chiave comparata / A. Colombo, L. Pesenti, R. Grandini, A. Sartori, P. Fontana. - Milano : Consiglio regionale della Regione Lombardia, 2007 Mar.
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