La ragione è una delle mitologie più attraversate, in primo luogo sul piano delle passioni positive e negative che ha generato, vittima di aforismi di opposto segno che la perseguitano da millenni. Destino del tutto ovvio considerando che la filosofia è nata nel suo nome. Filosofia che tuttavia non è un orizzonte unitario, come non lo è la ragione, che non è né il mito per cui combattere né il demone da sconfiggere, bensì uno strumento che fonda i vari, e mutevoli, piani della scientificità. Al di là, dunque, delle dispute astratte, vanno comprese le molteplici configurazioni che la ragione ha costruito attraverso percorsi storici che ne mettono in evidenza potenzialità, limiti, modi e attributi. La linea che qui si segue intende uscire da una ragione “cartesiana”, ma è al tempo stesso consapevole che l’intero pensiero moderno è figlio dell’atto di Cartesio: l’“io” penso che ne sintetizza l’avvio è un’operazione conoscitiva che si fonda su una coscienza precisa del libero arbitrio, sulla possibilità di “costruire” a partire dal soggetto il senso delle cose mondane. La linea cartesiana, se non può venire abbandonata, neppure nel suo sospetto nei confronti delle “scienze umane”, che con il loro acritico elogio della retorica mettono in discussione un corretto uso della ragione, va d’altra parte “criticata” e integrata, recuperandone un’anima forse a volte nascosta. Non dimenticare Cartesio è fondamentale per comprendere il senso fondativo del discorso filosofico, troppo spesso dominato da un eccessivo potere della parola e delle sue tradizioni nei procedimenti della conoscenza e dei suoi metodi. D’altra parte, seguire Cartesio senza criticarne i presupposti metafisici rischia l’obiettivizzazione dei percorsi fondativi che la filosofia stessa ha seguito, seguendo pieghe della ragione che Cartesio ha con frequenza messo tra parentesi, troppo timoroso del genio maligno per accettare le istanze di riunificazione simbolica di ciò che appare diverso, a essa irriducibile. Portare alla luce una ragione altra, cioè una ragione che conosce l’importanza della alterità, non significa imboccare una strada a senso unico. Qui se ne sceglie, anche se non esclusivamente a titolo di esempio, una tra le possibili: una strada che non annulla la ragione nei misteri retorici ed ermeneutici, nell’occultismo astratto, nei feticci della presenza e delle pratiche, bensì vuole salvarne il significato metodologico ed epistemologico, sottolineandone tuttavia, al tempo stesso, gli aspetti qualitativi di rinascimentale memoria (quelli che Leonardo rileva), i poteri critici (la kantiana indagine sui suoi limiti), la dinamicità metamorfica (la formazione di un senso in divenire teorizzato da Goethe), per giungere alle soglie della contemporaneità capaci di interpretarne la “crisi” senza a sua volta mitizzarla, cogliendone invece le istanze non distruttive. Un’interpretazione che qui si svolge attraverso due autori – Husserl e Valéry – spesso accostati, a partire per esempio da Merleau-Ponty, nella tradizione fenomenologica, ma che vuole essere soprattutto una proposta filosofica, che deriva, come avrebbe detto Lyotard, dal senso di stanchezza nei confronti delle teorie, delle ideologie, delle poetiche e delle retoriche. Una proposta che non vuole dare un volto all’ego cogito, e tantomeno una sostanza, ma che lo presenta in quanto atto di pensiero impersonale, utile a testimoniare il valore dell’interrogazione soggettiva e intersoggettiva nella nostra descrizione del senso, dei sensi, del nostro mondo circostante.

L'altra ragione : Sensibilità, immaginazione e forma artisica / E. Franzini. - Milano : Il Castoro, 2007. - ISBN 9788880334262.

L'altra ragione : Sensibilità, immaginazione e forma artisica

E. Franzini
Primo
2007

Abstract

La ragione è una delle mitologie più attraversate, in primo luogo sul piano delle passioni positive e negative che ha generato, vittima di aforismi di opposto segno che la perseguitano da millenni. Destino del tutto ovvio considerando che la filosofia è nata nel suo nome. Filosofia che tuttavia non è un orizzonte unitario, come non lo è la ragione, che non è né il mito per cui combattere né il demone da sconfiggere, bensì uno strumento che fonda i vari, e mutevoli, piani della scientificità. Al di là, dunque, delle dispute astratte, vanno comprese le molteplici configurazioni che la ragione ha costruito attraverso percorsi storici che ne mettono in evidenza potenzialità, limiti, modi e attributi. La linea che qui si segue intende uscire da una ragione “cartesiana”, ma è al tempo stesso consapevole che l’intero pensiero moderno è figlio dell’atto di Cartesio: l’“io” penso che ne sintetizza l’avvio è un’operazione conoscitiva che si fonda su una coscienza precisa del libero arbitrio, sulla possibilità di “costruire” a partire dal soggetto il senso delle cose mondane. La linea cartesiana, se non può venire abbandonata, neppure nel suo sospetto nei confronti delle “scienze umane”, che con il loro acritico elogio della retorica mettono in discussione un corretto uso della ragione, va d’altra parte “criticata” e integrata, recuperandone un’anima forse a volte nascosta. Non dimenticare Cartesio è fondamentale per comprendere il senso fondativo del discorso filosofico, troppo spesso dominato da un eccessivo potere della parola e delle sue tradizioni nei procedimenti della conoscenza e dei suoi metodi. D’altra parte, seguire Cartesio senza criticarne i presupposti metafisici rischia l’obiettivizzazione dei percorsi fondativi che la filosofia stessa ha seguito, seguendo pieghe della ragione che Cartesio ha con frequenza messo tra parentesi, troppo timoroso del genio maligno per accettare le istanze di riunificazione simbolica di ciò che appare diverso, a essa irriducibile. Portare alla luce una ragione altra, cioè una ragione che conosce l’importanza della alterità, non significa imboccare una strada a senso unico. Qui se ne sceglie, anche se non esclusivamente a titolo di esempio, una tra le possibili: una strada che non annulla la ragione nei misteri retorici ed ermeneutici, nell’occultismo astratto, nei feticci della presenza e delle pratiche, bensì vuole salvarne il significato metodologico ed epistemologico, sottolineandone tuttavia, al tempo stesso, gli aspetti qualitativi di rinascimentale memoria (quelli che Leonardo rileva), i poteri critici (la kantiana indagine sui suoi limiti), la dinamicità metamorfica (la formazione di un senso in divenire teorizzato da Goethe), per giungere alle soglie della contemporaneità capaci di interpretarne la “crisi” senza a sua volta mitizzarla, cogliendone invece le istanze non distruttive. Un’interpretazione che qui si svolge attraverso due autori – Husserl e Valéry – spesso accostati, a partire per esempio da Merleau-Ponty, nella tradizione fenomenologica, ma che vuole essere soprattutto una proposta filosofica, che deriva, come avrebbe detto Lyotard, dal senso di stanchezza nei confronti delle teorie, delle ideologie, delle poetiche e delle retoriche. Una proposta che non vuole dare un volto all’ego cogito, e tantomeno una sostanza, ma che lo presenta in quanto atto di pensiero impersonale, utile a testimoniare il valore dell’interrogazione soggettiva e intersoggettiva nella nostra descrizione del senso, dei sensi, del nostro mondo circostante.
2007
Settore M-FIL/04 - Estetica
L'altra ragione : Sensibilità, immaginazione e forma artisica / E. Franzini. - Milano : Il Castoro, 2007. - ISBN 9788880334262.
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