Il fascismo fu razzista per vocazione o per convenienza? Le leggi razziali del 1938 furono l’esito di un’ideologia autoritaria spinta al suo estremo dalla disumanizzazione della «guerra civile europea» o l’approdo inesorabile di un movimento impegnato nella realizzazione di un progetto totalitario di conquista della società e di eliminazione genocidiaria dei nemici? Dopo un lungo silenzio – quasi una rimozione – la cultura italiana si sta da qualche tempo applicando per trovare risposta a questi interrogativi, cercando in particolare di chiarire le responsabilità che un intero paese ebbe, a diverso titolo, nella promozione e nel sostegno di una cultura antisemita. In questa prospettiva, cruciale fu il ruolo svolto dagli intellettuali: un ceto sempre strategico nella formazione dell’opinione pubblica, ma decisivo in un regime autoritario. Ne hanno discusso, confrontando i loro diversi orientamenti, autorevoli studiosi dell’antisemitismo e della cultura italiana nel Ventennio: Cristina Baldassini, Giovanni Belardelli, Roberta Cairoli, Annalisa Capristo, Alberto Cavaglion, Francesco Germinario, Claudia Mantovani, Renato Moro, Gianni Scipione Rossi, Maurizio Serra.
L'intellettuale Antisemita / S. Folli, C. Baldassini, G. Belardelli, R. Cairoli, A. Capristo, A. Cavaglion, E. Costantini, F. Germinario, C. Mantovani, R. Moro, G. Scipione Rossi, M. Serra, A.M. Arrigoni. ((Intervento presentato al convegno L'Intellettuale Antisemita tenutosi a Salò nel 2006.
L'intellettuale Antisemita
A.M. ArrigoniUltimo
2008
Abstract
Il fascismo fu razzista per vocazione o per convenienza? Le leggi razziali del 1938 furono l’esito di un’ideologia autoritaria spinta al suo estremo dalla disumanizzazione della «guerra civile europea» o l’approdo inesorabile di un movimento impegnato nella realizzazione di un progetto totalitario di conquista della società e di eliminazione genocidiaria dei nemici? Dopo un lungo silenzio – quasi una rimozione – la cultura italiana si sta da qualche tempo applicando per trovare risposta a questi interrogativi, cercando in particolare di chiarire le responsabilità che un intero paese ebbe, a diverso titolo, nella promozione e nel sostegno di una cultura antisemita. In questa prospettiva, cruciale fu il ruolo svolto dagli intellettuali: un ceto sempre strategico nella formazione dell’opinione pubblica, ma decisivo in un regime autoritario. Ne hanno discusso, confrontando i loro diversi orientamenti, autorevoli studiosi dell’antisemitismo e della cultura italiana nel Ventennio: Cristina Baldassini, Giovanni Belardelli, Roberta Cairoli, Annalisa Capristo, Alberto Cavaglion, Francesco Germinario, Claudia Mantovani, Renato Moro, Gianni Scipione Rossi, Maurizio Serra.Pubblicazioni consigliate
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