L’obiettivo di questo seminario incentrato su di un tema di studio, quello del “territorio”, dalle vastissime prospettive, letture e declinazioni, è quello di offrire l’occasione per un confronto fra orientamenti storiografici e linee interpretative diversi, fra nuovi indirizzi di ricerca e nuova domanda di conoscenza da parte della società civile (ciò che ora viene definito “terza missione”). Se ne circoscrive qui l’ambito a quella “regione” abitualmente indicata in modo generico come “Italia centrosettentrionale”: in primo piano vi è dunque la Pianura padana e le montagne che la circondano - Alpi e Appennini -. Per quanto concerne tali studi, relativamente ai secoli dell’età moderna, sappiamo che in essi si riflettono le antiche frammentazioni politiche e quei differenti assetti istituzionali che vi hanno condizionato lo sviluppo della società in ogni campo e in modo differenziato. Possiamo anche aggiungere che in questi ultimi decenni gli studi sulle aree alpine molto hanno contribuito ad un rinnovamento delle prospettive di studio in tale direzione (si pensi ad es. ai contributi proposti dalla rivista specialistica “Histoie des Alpes – Storia delle Alpi – Geschichte der Alpen”). Sempre più evidente è apparsa allora la forte interazione pianura/montagna, la complementarità delle loro rispettive risorse, elementi tutti che nel loro insieme danno vita ad un unico “sistema” composito ed articolato, dove mercati e scambi, accesso alla cultura e all’informazione si riconnettono alle intense attività di transito. Qui il controllo del territorio, elemento centrale per lo Stato moderno, non è semplice e il confronto con una percezione diversa dello spazio è causa di incomprensioni, conflitti e tensioni… ma è anche ricchezza. Per molti aspetti la mobilità di uomini e di merci è qui strutturale. e non a caso quest’area è stata definita dai medievisti “area di Strada”, evidenziandone le a vocazioni, considerando questa per quel suo essere segmento importante del più vasto sistema di comunicazioni fra area mediterranea e Nord Europa. Micro/ e macrosistemi qui dunque sono componenti di una medesima realtà. Quali prospettive si possono ora aprire per quanto concerne la storia del territorio e di chi lo abita; di chi lo percorre, di chi ne utilizza le risorse? Sono ormai passati molti anni da quando, dalle pagine dei “Quaderni storici delle Marche” Alberto Caracciolo dava nuovo respiro e apriva prospettive per lo studio di una storia del territorio che fino ad allora in Italia era stata prevalentemente relegata negli spazi di realtà provinciali e asfittiche, dove dominava una erudizione campanilistica e amatoriale volta ad esaltare glorie di luoghi e paesi. Da allora molte nuove prospettive si sono andate aprendo: si pensi agli studi di Giovanni Levi sull’area piemontese o a quelli di Edoardo Grendi su quella ligure, o ancora a quelli di Raffaello Ceschi e di Raul Merzario per l’area lombarda e elvetica, al variegato declinarsi di scuole e di obiettivi di ricerca sulla terraferma veneta, ad iniziare da quelli di Alessandro Pastore. Paradossalmente, proprio i sempre più intensi rapporti internazionali che hanno consentito il confronto fra gli storici hanno contribuito a dilatare ambiti d’interesse e a costruire un nuovo quadro nel quale dal prevalere degli studi sulla fiscalità e di quelli sui rapporti istituzionali fra centro-periferia, si è passati a quelli sulla individuazione della “regione economica”; allo studio/sodaggio sulle “microstorie”; Si pensi agli studi di Giovanni Levi sull’area piemontese o a quello di Edoardo Grendi su quella ligure, o ancora a quelli di Raffaello Ceschi e di Raul Merzario per l’area lombarda e per quella elvetica, ticinese, al variegato declinarsi di scuole e di obiettivi di ricerca sulla terraferma veneta, ad iniziare da quelli di Alessandro Pastore. Si è poi iniziato a considerare la mobilità degli uomini e le strade da loro percorse, è emersa l’esistenza di modi di vita individuali, famigliari e collettive, di organizzazioni politiche, formali e informali; di contesti economici oltre che sociali, religiosi e culturali, che sfuggono al controllo dello Stato. Ne sia un esempio lo studio degli spostamenti degli uomini del contado da una periferia all’altra, là dove tutto sembra sottrarsi alle logiche degli organi superiori di governo. Le stesse articolate analisi sull’idea di confine, materiale e immateriale, la centralità data al tema delle periferie e delle loro peculiari culture, sono anch’essi elementi sui quali già molti studiosi sono intervenuti in questi ultimi anni, contribuendo ad uno straordinario processo di rinnovamento degli studi. Ora non è dunque più possibile limitarsi ad interagire con quella geografia, tradizionale alleata della Storia, che Lucio Gambi ci ha insegnato a declinare in più modi, e neppure più accontentarci di quanto i contributi di antropologi e sociologi ci hanno aiutato a comprende meglio. Tramontata definitivamente l’età delle polemiche a proposito di una storia immobile, preso atto dei revisionismi che hanno soprattutto interessato gli studi sulle realtà alpine, ciò con cui ci si continua a confrontare, resta piuttosto il binomio continuità/frattura. La riflessione su tali problematiche risulta oggi vivace per quanto fortemente frammentata e risente della grande varietà di approccio presente nell’ambito della ricerca. Se proprio quest’ultima costituisce una grande ricchezza ed è fonte di stimoli importanti, per altro aspetto essa non sempre ci consente di percepire un quadro d’insieme sufficientemente nitido delle realtà che si andarono sviluppando nei secoli dell’età moderna, nella regione geografica su cui intendiamo qui soffermarci, di percepirne la complessità, ma anche l’ organicità complessiva al di sopra dei sottosistemi che hanno contribuito alla sua composizione. Tali sono i punti di riferimento da cui vorrebbe prendere avvio questo seminario per iniziare a riflettere sullo stato degli studi, su quei nuovi percorsi che oggi stanno rinnovando l’approccio al territorio, e proporre nuovi percorsi di ricerca proprio quando esso sembra apparentemente confliggere con gli orientamenti di un panorama storiografico attuale dominato dalla la percezione di una dilatazione all’infinito dello spazio e all’emergere della Word History Nulla toglie toglie tuttavia al persistere della necessità di un confronto fra spazi e contesti diversi, attorno ai quali una società civile frastornata pone domande e chiede allo storico di dare altre risposte.

Prospettive sullo studio del territorio: tra passato e presente / M. Cavallera. ((Intervento presentato al convegno Studio del Territorio e Storici dell'Età moderna tenutosi a Milano nel 2018.

Prospettive sullo studio del territorio: tra passato e presente

M. Cavallera
2018

Abstract

L’obiettivo di questo seminario incentrato su di un tema di studio, quello del “territorio”, dalle vastissime prospettive, letture e declinazioni, è quello di offrire l’occasione per un confronto fra orientamenti storiografici e linee interpretative diversi, fra nuovi indirizzi di ricerca e nuova domanda di conoscenza da parte della società civile (ciò che ora viene definito “terza missione”). Se ne circoscrive qui l’ambito a quella “regione” abitualmente indicata in modo generico come “Italia centrosettentrionale”: in primo piano vi è dunque la Pianura padana e le montagne che la circondano - Alpi e Appennini -. Per quanto concerne tali studi, relativamente ai secoli dell’età moderna, sappiamo che in essi si riflettono le antiche frammentazioni politiche e quei differenti assetti istituzionali che vi hanno condizionato lo sviluppo della società in ogni campo e in modo differenziato. Possiamo anche aggiungere che in questi ultimi decenni gli studi sulle aree alpine molto hanno contribuito ad un rinnovamento delle prospettive di studio in tale direzione (si pensi ad es. ai contributi proposti dalla rivista specialistica “Histoie des Alpes – Storia delle Alpi – Geschichte der Alpen”). Sempre più evidente è apparsa allora la forte interazione pianura/montagna, la complementarità delle loro rispettive risorse, elementi tutti che nel loro insieme danno vita ad un unico “sistema” composito ed articolato, dove mercati e scambi, accesso alla cultura e all’informazione si riconnettono alle intense attività di transito. Qui il controllo del territorio, elemento centrale per lo Stato moderno, non è semplice e il confronto con una percezione diversa dello spazio è causa di incomprensioni, conflitti e tensioni… ma è anche ricchezza. Per molti aspetti la mobilità di uomini e di merci è qui strutturale. e non a caso quest’area è stata definita dai medievisti “area di Strada”, evidenziandone le a vocazioni, considerando questa per quel suo essere segmento importante del più vasto sistema di comunicazioni fra area mediterranea e Nord Europa. Micro/ e macrosistemi qui dunque sono componenti di una medesima realtà. Quali prospettive si possono ora aprire per quanto concerne la storia del territorio e di chi lo abita; di chi lo percorre, di chi ne utilizza le risorse? Sono ormai passati molti anni da quando, dalle pagine dei “Quaderni storici delle Marche” Alberto Caracciolo dava nuovo respiro e apriva prospettive per lo studio di una storia del territorio che fino ad allora in Italia era stata prevalentemente relegata negli spazi di realtà provinciali e asfittiche, dove dominava una erudizione campanilistica e amatoriale volta ad esaltare glorie di luoghi e paesi. Da allora molte nuove prospettive si sono andate aprendo: si pensi agli studi di Giovanni Levi sull’area piemontese o a quelli di Edoardo Grendi su quella ligure, o ancora a quelli di Raffaello Ceschi e di Raul Merzario per l’area lombarda e elvetica, al variegato declinarsi di scuole e di obiettivi di ricerca sulla terraferma veneta, ad iniziare da quelli di Alessandro Pastore. Paradossalmente, proprio i sempre più intensi rapporti internazionali che hanno consentito il confronto fra gli storici hanno contribuito a dilatare ambiti d’interesse e a costruire un nuovo quadro nel quale dal prevalere degli studi sulla fiscalità e di quelli sui rapporti istituzionali fra centro-periferia, si è passati a quelli sulla individuazione della “regione economica”; allo studio/sodaggio sulle “microstorie”; Si pensi agli studi di Giovanni Levi sull’area piemontese o a quello di Edoardo Grendi su quella ligure, o ancora a quelli di Raffaello Ceschi e di Raul Merzario per l’area lombarda e per quella elvetica, ticinese, al variegato declinarsi di scuole e di obiettivi di ricerca sulla terraferma veneta, ad iniziare da quelli di Alessandro Pastore. Si è poi iniziato a considerare la mobilità degli uomini e le strade da loro percorse, è emersa l’esistenza di modi di vita individuali, famigliari e collettive, di organizzazioni politiche, formali e informali; di contesti economici oltre che sociali, religiosi e culturali, che sfuggono al controllo dello Stato. Ne sia un esempio lo studio degli spostamenti degli uomini del contado da una periferia all’altra, là dove tutto sembra sottrarsi alle logiche degli organi superiori di governo. Le stesse articolate analisi sull’idea di confine, materiale e immateriale, la centralità data al tema delle periferie e delle loro peculiari culture, sono anch’essi elementi sui quali già molti studiosi sono intervenuti in questi ultimi anni, contribuendo ad uno straordinario processo di rinnovamento degli studi. Ora non è dunque più possibile limitarsi ad interagire con quella geografia, tradizionale alleata della Storia, che Lucio Gambi ci ha insegnato a declinare in più modi, e neppure più accontentarci di quanto i contributi di antropologi e sociologi ci hanno aiutato a comprende meglio. Tramontata definitivamente l’età delle polemiche a proposito di una storia immobile, preso atto dei revisionismi che hanno soprattutto interessato gli studi sulle realtà alpine, ciò con cui ci si continua a confrontare, resta piuttosto il binomio continuità/frattura. La riflessione su tali problematiche risulta oggi vivace per quanto fortemente frammentata e risente della grande varietà di approccio presente nell’ambito della ricerca. Se proprio quest’ultima costituisce una grande ricchezza ed è fonte di stimoli importanti, per altro aspetto essa non sempre ci consente di percepire un quadro d’insieme sufficientemente nitido delle realtà che si andarono sviluppando nei secoli dell’età moderna, nella regione geografica su cui intendiamo qui soffermarci, di percepirne la complessità, ma anche l’ organicità complessiva al di sopra dei sottosistemi che hanno contribuito alla sua composizione. Tali sono i punti di riferimento da cui vorrebbe prendere avvio questo seminario per iniziare a riflettere sullo stato degli studi, su quei nuovi percorsi che oggi stanno rinnovando l’approccio al territorio, e proporre nuovi percorsi di ricerca proprio quando esso sembra apparentemente confliggere con gli orientamenti di un panorama storiografico attuale dominato dalla la percezione di una dilatazione all’infinito dello spazio e all’emergere della Word History Nulla toglie toglie tuttavia al persistere della necessità di un confronto fra spazi e contesti diversi, attorno ai quali una società civile frastornata pone domande e chiede allo storico di dare altre risposte.
25-ott-2018
territorio; età moderna; italia centro-settentrionale; storiografia
Settore M-STO/02 - Storia Moderna
http://www.studistorici.unimi.it/ecm/home/aggiornamenti-e-archivi/tutte-le-notizie/content/studio-del-territorio-e-storici-dell%E2%80%99eta-moderna.0000.UNIMIDIRE-69135
Prospettive sullo studio del territorio: tra passato e presente / M. Cavallera. ((Intervento presentato al convegno Studio del Territorio e Storici dell'Età moderna tenutosi a Milano nel 2018.
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