In tutta Europa il XIX secolo fu un tempo di modernizzazione e di crescita degli stati. Il processo di costruzione delle amministrazioni determinò, nel corso di quegli anni, l’invenzione o il rafforzamento di molte istituzioni per controllare il territorio, una storia europea e anche della nostra Penisola. Il passato delle forze di polizia italiane postunitarie è una storia agli inizi e, tra i vari autori, si possono indicare almeno gli interventi di Jonathan Dunnage, Steven C. Hughes, John Davis, Giovanna Tosatti e, più recenti, di Nicola Labanca, Luigi Vergallo, Simona Mori, Michele Di Giorgio, Laura di Fabio e Francesco Benigno. Nel riferimento a tali studi, e nel quadro di un’analisi di lungo periodo, ho ricostruito, per la mia tesi di dottorato, la collocazione sul territorio degli uffici di pubblica sicurezza, vale a dire dei luoghi ove erano impiegati gli ufficiali di polizia dello Stato italiano, dal 1862 al 1914. Sulla base dei dati riportati dal Calendario Generale del Regno, annuario dello Stato italiano, la mia tesi mostra che la Sicilia era la regione ove la presenza della Pubblica Sicurezza italiana era maggiore e più capillarmente diffusa. Poste le riflessioni sviluppate a partire da tale constatazione, e in particolare l’analisi del rapporto tra presenza di polizie e forza delle élite locali, è nel quadro di questa indagine di lungo periodo che la mia ricerca si è poi sviluppata in un focus sulla Sicilia della fine del XIX secolo, al tempo del “viceré” Codronchi. All’indomani della sconfitta di Adua, nel 1896, il nuovo presidente del Consiglio, Antonio di Rudinì, diede vita a una istituzione di decentramento burocratico, il Regio Commissariato Civile per la Sicilia. Tra le prime forma di intervento speciale nel Mezzogiorno, tale istituzione prevedeva la subordinazione di tutte le province siciliane alle indicazioni di un commissario civile, appunto il senatore Giovanni Codronchi Argeli, allo scopo di sanarne i bilanci comunali e provinciali e pacificarle dopo la militarizzazione seguita alla repressione dei Fasci siciliani. Sulla base dell’ampia documentazione conservata in molti archivi della Penisola, la tesi ricostruisce anche lo svolgersi degli eventi tra il 1896 e il 1897, lungo i rapporti tra Codronchi e i socialisti siciliani, nella descrizione delle vicende legate agli scioperi dei minatori e nei vari e importanti episodi di storia locale. Ciò che emerge, oltre al chiaro modello di una polizia fortemente dipendente dalle forze militari, è il ruolo centrale dei delegati di pubblica sicurezza nella vita dei comuni dell’Isola, in un difficile equilibrio tra esigenze del centro e richieste di élite e popolazioni locali. Nello snodo di questi rapporti, la tesi si conclude con l’analisi della riapertura del processo Notarbartolo, incarico segreto affidato a Codronchi da Rudinì e che, più che l’emergere di una tenebrosa organizzazione mafiosa, rappresenta il primo esempio del manifestarsi del paradigma sicilianista, ma, forse ancor di più, dell’apparire sulla scena nazionale del cosiddetto paradigma democratico, spesso accennato dalla storiografia ma raramente affrontato in maniera sistematica.
All'ombra del "vicerè": polizie e controllo del territorio tra il Regio Commissariato Civile per la Sicilia e il processo Notarbartolo / A. Azzarelli. ((Intervento presentato al 13. convegno Convegno Nazionale Dottorandi SISSCO tenutosi a Milano nel 2018.
All'ombra del "vicerè": polizie e controllo del territorio tra il Regio Commissariato Civile per la Sicilia e il processo Notarbartolo
A. Azzarelli
2018
Abstract
In tutta Europa il XIX secolo fu un tempo di modernizzazione e di crescita degli stati. Il processo di costruzione delle amministrazioni determinò, nel corso di quegli anni, l’invenzione o il rafforzamento di molte istituzioni per controllare il territorio, una storia europea e anche della nostra Penisola. Il passato delle forze di polizia italiane postunitarie è una storia agli inizi e, tra i vari autori, si possono indicare almeno gli interventi di Jonathan Dunnage, Steven C. Hughes, John Davis, Giovanna Tosatti e, più recenti, di Nicola Labanca, Luigi Vergallo, Simona Mori, Michele Di Giorgio, Laura di Fabio e Francesco Benigno. Nel riferimento a tali studi, e nel quadro di un’analisi di lungo periodo, ho ricostruito, per la mia tesi di dottorato, la collocazione sul territorio degli uffici di pubblica sicurezza, vale a dire dei luoghi ove erano impiegati gli ufficiali di polizia dello Stato italiano, dal 1862 al 1914. Sulla base dei dati riportati dal Calendario Generale del Regno, annuario dello Stato italiano, la mia tesi mostra che la Sicilia era la regione ove la presenza della Pubblica Sicurezza italiana era maggiore e più capillarmente diffusa. Poste le riflessioni sviluppate a partire da tale constatazione, e in particolare l’analisi del rapporto tra presenza di polizie e forza delle élite locali, è nel quadro di questa indagine di lungo periodo che la mia ricerca si è poi sviluppata in un focus sulla Sicilia della fine del XIX secolo, al tempo del “viceré” Codronchi. All’indomani della sconfitta di Adua, nel 1896, il nuovo presidente del Consiglio, Antonio di Rudinì, diede vita a una istituzione di decentramento burocratico, il Regio Commissariato Civile per la Sicilia. Tra le prime forma di intervento speciale nel Mezzogiorno, tale istituzione prevedeva la subordinazione di tutte le province siciliane alle indicazioni di un commissario civile, appunto il senatore Giovanni Codronchi Argeli, allo scopo di sanarne i bilanci comunali e provinciali e pacificarle dopo la militarizzazione seguita alla repressione dei Fasci siciliani. Sulla base dell’ampia documentazione conservata in molti archivi della Penisola, la tesi ricostruisce anche lo svolgersi degli eventi tra il 1896 e il 1897, lungo i rapporti tra Codronchi e i socialisti siciliani, nella descrizione delle vicende legate agli scioperi dei minatori e nei vari e importanti episodi di storia locale. Ciò che emerge, oltre al chiaro modello di una polizia fortemente dipendente dalle forze militari, è il ruolo centrale dei delegati di pubblica sicurezza nella vita dei comuni dell’Isola, in un difficile equilibrio tra esigenze del centro e richieste di élite e popolazioni locali. Nello snodo di questi rapporti, la tesi si conclude con l’analisi della riapertura del processo Notarbartolo, incarico segreto affidato a Codronchi da Rudinì e che, più che l’emergere di una tenebrosa organizzazione mafiosa, rappresenta il primo esempio del manifestarsi del paradigma sicilianista, ma, forse ancor di più, dell’apparire sulla scena nazionale del cosiddetto paradigma democratico, spesso accennato dalla storiografia ma raramente affrontato in maniera sistematica.File | Dimensione | Formato | |
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