Dal volume emerge quindi un quadro del mondo e delle relazioni finanziarie tra Italia e Svizzera definitivamente sottratto al luogo comune di paradiso fiscale, che ha finito per schiacciare sulla storia di qualche decennio del XX secolo la natura plurisecolare e composita – non limitatamente finanziaria ma commerciale e industriale di reciproco scambio – dei legami tra i due paesi. Due paesi separati geograficamente dalla catena alpina che di fatto non ha svolto il ruolo di barriera, ma di cerniera unificatrice, di canale attraverso cui uomini, culture e istituzioni si sono incontrate e contaminate, pur mantenendo la propria specificità e contribuendo allo sviluppo economico di entrambe. In alcuni casi, come per il confine tra Lombardia e Canton Ticino, l’appartenenza a domini territoriali differenti ha creato una sorta di “microclima economico” che ha prodotto condizioni favorevoli per le due aree fin dall’età moderna. Molto tempo prima che i capitali italiani venissero attratti oltre frontiera per motivi di sicurezza, riservatezza e vantaggio fiscale, dalla Svizzera prendevano la direzione inversa i flussi finanziari costituiti dalle eccedenze dei territori che “esportavano” mercenari nell’Europa del XVI e del XVII secolo; mentre tutti gli altri stati del Continente imponevano tasse per pagare le soldatesche, la Svizzera delle repubbliche oligarchiche usufruiva infatti del loro pagamento e delle loro rimesse in entrata, rendendo inutile aggravare i carichi fiscali all’interno e realizzando una sorta di paradiso fiscale nell’epoca moderna . In entrambi, durante l’età preindustriale l’attività creditizia appare così in parte dominata da una massa di persone, lontane dal mondo professionale, che alle volte finivano per alimentare le orbite finanziarie locali e internazionali o che spesso si muovevano in una zona grigia; ma sempre all’interno di un “mercato” che allocava le risorse soprattutto sulla base delle informazioni, su chi aveva denaro, su chi ne richiedeva, su chi era un buon pagatore e su chi no, e in cui svolgevano un ruolo cardine, e tra loro concorrenziale, i notai e i sensali; figure che proprio nella gestione di questi meccanismi reputazionali trovavano gli incentivi microeconomici, in termini di conservazione e di incremento della clientela, che li spingevano a fornire referenze e a realizzare intermediazioni affidabili, con l’effetto di abbassare i costi di transazione del mercato. Tra i territori di matrice cattolica all’interno dei due paesi risaltano quindi numerose le analogie e le continuità soprattutto nella presenza costante di un mercato del credito informale e capillare, in grado di operare con efficacia sia nei centri urbani che nelle aree rurali; mercato informale animato in particolare dall’intervento dei corpi religiosi che accanto all’opera spirituale svolgevano una sistematica attività di prestiti a interesse, reimmettendo in circolo il risparmio forzato costituito dalle doti, dai legati e dalle donazioni. In un momento in cui le banche (intese nel loro senso ottocentesco) non esistevano ancora, questa rete “non-istituzionalizzata” del credito andò a sostegno, al di qua e al di là delle Alpi, dei sistemi produttivi locali e della loro crescita. Ma ne esce confermata ed arricchita, anche per l’epoca contemporanea, la biunivocità degli scambi e la funzione di uomini e capitali italiani in Svizzera nella fase di fondazione delle prime banche in Ticino. Così come appare ribadito e significativo l’apporto svolto dagli imprenditori elvetici, che insieme ai finanziamenti portarono con sé tecnologie in grado in alcuni casi – come nelle regioni settentrionali italiane – di sostenere un’industria manifatturiera in espansione e in altri di attivarla – come nei paesi meridionali della Penisola – intervenendo in diversi settori manifatturieri, da quello tessile, a quello alimentare e della orologeria, oltre a quello finanziario. Del resto, come dimostra il saggio conclusivo su Il sistema bancario svizzero in evoluzione: tradizione e innovazione, sollecitato, dopo la conclusione del convegno, a Luisa Anderloni e Angelo Tasca, studiosi di finanza aziendale e di economia degli intermediari finanziari, il segreto bancario – il cui processo di revisione sta segnando, dopo un avvio che pareva inarrestabile, preoccupanti battute d’arresto – costituisce sì un elemento critico e importante, ma non esaurisce certamente la forza competitiva e le peculiarità della struttura creditizia elvetica. Sullo sfondo del trade-off fra liberismo e regolamentazione che ha caratterizzato il sistema in questi decenni, ne emerge infatti una notevole dinamica competitiva basata, sia sulla complementarità tra sistema bancario e sistema assicurativo, sia sulla persistenza di un elevato grado di specializzazione funzionale tra banche regionali e casse di risparmio rispetto alle grandi banche universali. Un‘integrazione a cui si aggiunge un’elevata attenzione del sistema finanziario verso i fenomeni più innovativi, quali lo sviluppo di realtà legate alla sfera del fintech ed un attivo processo di canalizzazione degli investimenti verso le piattaforme internet innovative (blockchain), declinate al fine di operare come sistemi di creazione di moneta digitale e di nuovi strumenti di pagamento.
Introduzione / G. De Luca, M. Lorenzini, R. Romano (PERCORSI). - In: Banche e banchieri in Italia e in Svizzera : attività, istituzioni e dinamiche finanziarie tra 16. e 21. secolo / [a cura di] G. De Luca, M. Lorenzini, R. Romano. - Prima edizione. - Bologna : Il mulino, 2018. - ISBN 9788815263919. - pp. 9-34 (( convegno Atti del Convegno tenutosi a Milano e Lugano nel 2011.
Introduzione
M. Lorenzini;R. Romano
2018
Abstract
Dal volume emerge quindi un quadro del mondo e delle relazioni finanziarie tra Italia e Svizzera definitivamente sottratto al luogo comune di paradiso fiscale, che ha finito per schiacciare sulla storia di qualche decennio del XX secolo la natura plurisecolare e composita – non limitatamente finanziaria ma commerciale e industriale di reciproco scambio – dei legami tra i due paesi. Due paesi separati geograficamente dalla catena alpina che di fatto non ha svolto il ruolo di barriera, ma di cerniera unificatrice, di canale attraverso cui uomini, culture e istituzioni si sono incontrate e contaminate, pur mantenendo la propria specificità e contribuendo allo sviluppo economico di entrambe. In alcuni casi, come per il confine tra Lombardia e Canton Ticino, l’appartenenza a domini territoriali differenti ha creato una sorta di “microclima economico” che ha prodotto condizioni favorevoli per le due aree fin dall’età moderna. Molto tempo prima che i capitali italiani venissero attratti oltre frontiera per motivi di sicurezza, riservatezza e vantaggio fiscale, dalla Svizzera prendevano la direzione inversa i flussi finanziari costituiti dalle eccedenze dei territori che “esportavano” mercenari nell’Europa del XVI e del XVII secolo; mentre tutti gli altri stati del Continente imponevano tasse per pagare le soldatesche, la Svizzera delle repubbliche oligarchiche usufruiva infatti del loro pagamento e delle loro rimesse in entrata, rendendo inutile aggravare i carichi fiscali all’interno e realizzando una sorta di paradiso fiscale nell’epoca moderna . In entrambi, durante l’età preindustriale l’attività creditizia appare così in parte dominata da una massa di persone, lontane dal mondo professionale, che alle volte finivano per alimentare le orbite finanziarie locali e internazionali o che spesso si muovevano in una zona grigia; ma sempre all’interno di un “mercato” che allocava le risorse soprattutto sulla base delle informazioni, su chi aveva denaro, su chi ne richiedeva, su chi era un buon pagatore e su chi no, e in cui svolgevano un ruolo cardine, e tra loro concorrenziale, i notai e i sensali; figure che proprio nella gestione di questi meccanismi reputazionali trovavano gli incentivi microeconomici, in termini di conservazione e di incremento della clientela, che li spingevano a fornire referenze e a realizzare intermediazioni affidabili, con l’effetto di abbassare i costi di transazione del mercato. Tra i territori di matrice cattolica all’interno dei due paesi risaltano quindi numerose le analogie e le continuità soprattutto nella presenza costante di un mercato del credito informale e capillare, in grado di operare con efficacia sia nei centri urbani che nelle aree rurali; mercato informale animato in particolare dall’intervento dei corpi religiosi che accanto all’opera spirituale svolgevano una sistematica attività di prestiti a interesse, reimmettendo in circolo il risparmio forzato costituito dalle doti, dai legati e dalle donazioni. In un momento in cui le banche (intese nel loro senso ottocentesco) non esistevano ancora, questa rete “non-istituzionalizzata” del credito andò a sostegno, al di qua e al di là delle Alpi, dei sistemi produttivi locali e della loro crescita. Ma ne esce confermata ed arricchita, anche per l’epoca contemporanea, la biunivocità degli scambi e la funzione di uomini e capitali italiani in Svizzera nella fase di fondazione delle prime banche in Ticino. Così come appare ribadito e significativo l’apporto svolto dagli imprenditori elvetici, che insieme ai finanziamenti portarono con sé tecnologie in grado in alcuni casi – come nelle regioni settentrionali italiane – di sostenere un’industria manifatturiera in espansione e in altri di attivarla – come nei paesi meridionali della Penisola – intervenendo in diversi settori manifatturieri, da quello tessile, a quello alimentare e della orologeria, oltre a quello finanziario. Del resto, come dimostra il saggio conclusivo su Il sistema bancario svizzero in evoluzione: tradizione e innovazione, sollecitato, dopo la conclusione del convegno, a Luisa Anderloni e Angelo Tasca, studiosi di finanza aziendale e di economia degli intermediari finanziari, il segreto bancario – il cui processo di revisione sta segnando, dopo un avvio che pareva inarrestabile, preoccupanti battute d’arresto – costituisce sì un elemento critico e importante, ma non esaurisce certamente la forza competitiva e le peculiarità della struttura creditizia elvetica. Sullo sfondo del trade-off fra liberismo e regolamentazione che ha caratterizzato il sistema in questi decenni, ne emerge infatti una notevole dinamica competitiva basata, sia sulla complementarità tra sistema bancario e sistema assicurativo, sia sulla persistenza di un elevato grado di specializzazione funzionale tra banche regionali e casse di risparmio rispetto alle grandi banche universali. Un‘integrazione a cui si aggiunge un’elevata attenzione del sistema finanziario verso i fenomeni più innovativi, quali lo sviluppo di realtà legate alla sfera del fintech ed un attivo processo di canalizzazione degli investimenti verso le piattaforme internet innovative (blockchain), declinate al fine di operare come sistemi di creazione di moneta digitale e di nuovi strumenti di pagamento.File | Dimensione | Formato | |
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