Se la crisi del compromesso fordista-keynesiano nei primi anni Novanta facilitò l’adozione di misure che inaugurarono il nuovo sentiero di evoluzione istituzionale nel campo del welfare (Pavolini, Ascoli, Mirabile 2013) – si pensi alle riforme pensionistiche (1992-3, 1995) e sanitarie (1993, 1999) verso l’adozione di modelli “multi-pilastro” fondati sull’interazione tra welfare pubblico e “privato” in senso lato - la prima profonda, e prolungata, crisi dell’epoca post-fordista e globalizzata ha contribuito ad approfondire il “solco” tracciato in precedenza. Il riferimento è specialmente ai provvedimenti che, nella fase di uscita dalla Grande Recessione, sono stati inclusi nelle Leggi di Stabilità 2016 e 2017 al fine di promuovere lo sviluppo di forme di welfare aziendale, tramite il collegamento di questo con gli incrementi di produttività delle imprese. In questo quadro si colloca il presente numero della Rivista delle Politiche Sociali, volto ad approfondire l’analisi e la riflessione su quel complesso insieme di regole, programmi e organizzazioni comunemente inteso come welfare occupazionale. Ma cos’è precisamente il welfare occupazionale? Da Titmuss (1958) in poi ne sono state date diverse definizioni. In questa sede concepiremo il welfare occupazionale come l’insieme di tutti quei programmi di protezione sociale che emergono da accordi – a tre diversi livelli, nazionale, territoriale e aziendale - tra le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e quelle datoriali (welfare occupazionale-contrattuale, sui cui si concentrerà in particolare l’approfondimento tematico) ovvero dalla libera iniziativa degli imprenditori (welfare occupazionale-unilaterale). Ciò detto, il welfare occupazionale non nasce in vacuo, bensì intrattiene relazioni significative con la legislazione nazionale, che ne determina le caratteristiche - in primis, il carattere volontario tipico di queste forme di welfare in Italia – e le condizioni di funzionamento, nonché ne favorisce (in modo maggiore o minore) lo sviluppo tramite agevolazioni fiscali e/o contributive. Analogamente, grande attenzione meritano le interazioni – gli “incastri”, di cui parleremo in seguito – tra gli schemi esistenti di welfare pubblico e i programmi del welfare occupazionale. È dentro questa cornice analitica che intende muoversi l’approfondimento tematico contenuto in questo volume.
Welfare occupazionale : le sfide oltre le promesse. Una introduzione / M. Jessoula. - In: LA RIVISTA DELLE POLITICHE SOCIALI. - ISSN 1724-5389. - 2017:2(2017 Aug), pp. 9-24.
Welfare occupazionale : le sfide oltre le promesse. Una introduzione
M. Jessoula
2017
Abstract
Se la crisi del compromesso fordista-keynesiano nei primi anni Novanta facilitò l’adozione di misure che inaugurarono il nuovo sentiero di evoluzione istituzionale nel campo del welfare (Pavolini, Ascoli, Mirabile 2013) – si pensi alle riforme pensionistiche (1992-3, 1995) e sanitarie (1993, 1999) verso l’adozione di modelli “multi-pilastro” fondati sull’interazione tra welfare pubblico e “privato” in senso lato - la prima profonda, e prolungata, crisi dell’epoca post-fordista e globalizzata ha contribuito ad approfondire il “solco” tracciato in precedenza. Il riferimento è specialmente ai provvedimenti che, nella fase di uscita dalla Grande Recessione, sono stati inclusi nelle Leggi di Stabilità 2016 e 2017 al fine di promuovere lo sviluppo di forme di welfare aziendale, tramite il collegamento di questo con gli incrementi di produttività delle imprese. In questo quadro si colloca il presente numero della Rivista delle Politiche Sociali, volto ad approfondire l’analisi e la riflessione su quel complesso insieme di regole, programmi e organizzazioni comunemente inteso come welfare occupazionale. Ma cos’è precisamente il welfare occupazionale? Da Titmuss (1958) in poi ne sono state date diverse definizioni. In questa sede concepiremo il welfare occupazionale come l’insieme di tutti quei programmi di protezione sociale che emergono da accordi – a tre diversi livelli, nazionale, territoriale e aziendale - tra le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e quelle datoriali (welfare occupazionale-contrattuale, sui cui si concentrerà in particolare l’approfondimento tematico) ovvero dalla libera iniziativa degli imprenditori (welfare occupazionale-unilaterale). Ciò detto, il welfare occupazionale non nasce in vacuo, bensì intrattiene relazioni significative con la legislazione nazionale, che ne determina le caratteristiche - in primis, il carattere volontario tipico di queste forme di welfare in Italia – e le condizioni di funzionamento, nonché ne favorisce (in modo maggiore o minore) lo sviluppo tramite agevolazioni fiscali e/o contributive. Analogamente, grande attenzione meritano le interazioni – gli “incastri”, di cui parleremo in seguito – tra gli schemi esistenti di welfare pubblico e i programmi del welfare occupazionale. È dentro questa cornice analitica che intende muoversi l’approfondimento tematico contenuto in questo volume.File | Dimensione | Formato | |
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