Il libro si rivolge a un vasto pubblico per spiegare in modo piano e comprensibile un fenomeno complesso e controverso come quello migratorio. Suo obiettivo principale è quello di porre in discussione molti luoghi comuni sull’argomento, sulla base dei dati statistici e delle ricerche sul tema. Per citarne alcuni, con sorpresa probabilmente di molti lettori: in Italia l’immigrazione da alcuni anni è sostanzialmente stazionaria, a motivo soprattutto della lunga crisi economica, non è in corso nessuna invasione, nessuno tsunami umano si è abbattuto sulle nostre coste. I rifugiati e richiedenti asilo erano in tutto circa 250.000 a fine 2016, ossia il 5% circa di una popolazione immigrata stimabile in 5,5 milioni di persone. Per di più, gli immigrati che vivono in Italia sono in maggioranza donne, europei, provenienti da paesi di tradizione culturale cristiana. I rifugiati invece (oltre 65 milioni a livello globale) sono accolti per oltre l’80% in paesi del cosiddetto Terzo Mondo, e comunque fuori dell’Europa. Nessun paese dell’Unione europea rientra tra i primi del mondo per numero di migranti forzati accolti, mentre troviamo nelle prime posizioni piccoli paesi come il Libano e paesi molto poveri come l’Uganda e l’Etiopia. Il libano accoglie 169 rifugiati ogni 1.000 abitanti, la Turchia circa 40, l’Italia 4. Non è neppure vero che l’immigrazione sia strettamente legata alla povertà. In Italia, come nel resto del mondo occidentale, gli immigrati non arrivano da paesi molto poveri, ma piuttosto da paesi di livello intermedio secondo gli indicatori dello sviluppo umano dell’ONU: nell’ordine, Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine. Per di più, gli immigrati mediamente non sono i più poveri dei paesi di origine, ma sono meno poveri di chi rimane. I poverissimi dell’Africa, sostiene Ambrosini, raramente sono in grado di percorrere lunghe distanze e di raggiungere l’Europa. Le migrazioni internazionali sono nel mondo soprattutto una strategia delle classi medie, magari in difficoltà nel riprodurre localmente il proprio tenore di vita. Non sfugge quindi alla critica dell’autore neppure il noto slogan “Aiutiamoli a casa loro”. A smentirlo concorre anzitutto il bisogno che le nostre economie hanno del lavoro degli immigrati: 2,4 milioni di occupati regolari, pari a oltre il 10% dell’occupazione complessiva, in crescita malgrado la crisi economica. Tecnicamente poi lo sviluppo nella prima fase suscita nuove migrazioni: più famiglie hanno disposizione i mezzi per partire, e le aspirazioni corrono più in fretta delle opportunità disponibili a livello locale. Solo dopo decenni di sviluppo durevole le migrazioni calano, finché un paese non diventa attrattivo per gli immigrati che arrivano da aree meno sviluppate. Così è avvenuto in Italia, ma è occorso un secolo. Ambrosini peraltro non dimentica le nuove emigrazioni italiane, mai cessate del tutto ma sicuramente aumentate negli ultimi anni. Anche l’idea radicata che gli immigrati rappresentino un peso per il welfare italiano è sottoposta all’esame dei dati: essendo gli immigrati attuali perlopiù giovani adulti, contano pochissimi pensionati e poche persone ammalate. Dunque incidono in scarsa misura sulle due voci più costose della spesa sociale. Anche se per altri aspetti gli immigrati effettivamente comportano un aumento dei costi (oltre all’accoglienza dei richiedenti asilo, soprattutto la pediatria e la scuola per i figli), alla fine il saldo per le casse dello Stato è tuttora ampiamente positivo. Semmai, avverte l’autore, si verifica uno squilibrio tra lo Stato che trae benefici e gli enti locali che sopportano costi aggiuntivi. La dimensione familiare, le seconde generazioni, l’accesso alla cittadinanza sono dunque i veri temi del futuro, di una società italiana ormai inevitabilmente proiettata verso una composizione multietnica: 745.000 nati in dieci anni, oltre 800.000 iscritti nelle scuole nel 2016/2017 sono le cifre di un’evoluzione demografica senza appello. L’idea ottocentesca di nazione, quella esemplarmente proposta da Manzoni nell’ode Marzo 1821 (“Una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”), è destinata a essere rinegoziata, per fare posto a nuovi italiani con la pelle scura o con gli occhi a mandorla, con il velo o con il turbante. L’analisi si sofferma infine su varie questioni sensibili: il terrorismo, la criminalità, le malattie, il pluralismo religioso, la questione islamica. Senza nascondere i problemi, il libro fornisce argomenti per smontare pregiudizi ed enfatizzazioni.

Migrazioni / M. Ambrosini. - Milano : Egea, 2017 Sep. - ISBN 9788823827615. (PIXEL)

Migrazioni

M. Ambrosini
2017

Abstract

Il libro si rivolge a un vasto pubblico per spiegare in modo piano e comprensibile un fenomeno complesso e controverso come quello migratorio. Suo obiettivo principale è quello di porre in discussione molti luoghi comuni sull’argomento, sulla base dei dati statistici e delle ricerche sul tema. Per citarne alcuni, con sorpresa probabilmente di molti lettori: in Italia l’immigrazione da alcuni anni è sostanzialmente stazionaria, a motivo soprattutto della lunga crisi economica, non è in corso nessuna invasione, nessuno tsunami umano si è abbattuto sulle nostre coste. I rifugiati e richiedenti asilo erano in tutto circa 250.000 a fine 2016, ossia il 5% circa di una popolazione immigrata stimabile in 5,5 milioni di persone. Per di più, gli immigrati che vivono in Italia sono in maggioranza donne, europei, provenienti da paesi di tradizione culturale cristiana. I rifugiati invece (oltre 65 milioni a livello globale) sono accolti per oltre l’80% in paesi del cosiddetto Terzo Mondo, e comunque fuori dell’Europa. Nessun paese dell’Unione europea rientra tra i primi del mondo per numero di migranti forzati accolti, mentre troviamo nelle prime posizioni piccoli paesi come il Libano e paesi molto poveri come l’Uganda e l’Etiopia. Il libano accoglie 169 rifugiati ogni 1.000 abitanti, la Turchia circa 40, l’Italia 4. Non è neppure vero che l’immigrazione sia strettamente legata alla povertà. In Italia, come nel resto del mondo occidentale, gli immigrati non arrivano da paesi molto poveri, ma piuttosto da paesi di livello intermedio secondo gli indicatori dello sviluppo umano dell’ONU: nell’ordine, Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine. Per di più, gli immigrati mediamente non sono i più poveri dei paesi di origine, ma sono meno poveri di chi rimane. I poverissimi dell’Africa, sostiene Ambrosini, raramente sono in grado di percorrere lunghe distanze e di raggiungere l’Europa. Le migrazioni internazionali sono nel mondo soprattutto una strategia delle classi medie, magari in difficoltà nel riprodurre localmente il proprio tenore di vita. Non sfugge quindi alla critica dell’autore neppure il noto slogan “Aiutiamoli a casa loro”. A smentirlo concorre anzitutto il bisogno che le nostre economie hanno del lavoro degli immigrati: 2,4 milioni di occupati regolari, pari a oltre il 10% dell’occupazione complessiva, in crescita malgrado la crisi economica. Tecnicamente poi lo sviluppo nella prima fase suscita nuove migrazioni: più famiglie hanno disposizione i mezzi per partire, e le aspirazioni corrono più in fretta delle opportunità disponibili a livello locale. Solo dopo decenni di sviluppo durevole le migrazioni calano, finché un paese non diventa attrattivo per gli immigrati che arrivano da aree meno sviluppate. Così è avvenuto in Italia, ma è occorso un secolo. Ambrosini peraltro non dimentica le nuove emigrazioni italiane, mai cessate del tutto ma sicuramente aumentate negli ultimi anni. Anche l’idea radicata che gli immigrati rappresentino un peso per il welfare italiano è sottoposta all’esame dei dati: essendo gli immigrati attuali perlopiù giovani adulti, contano pochissimi pensionati e poche persone ammalate. Dunque incidono in scarsa misura sulle due voci più costose della spesa sociale. Anche se per altri aspetti gli immigrati effettivamente comportano un aumento dei costi (oltre all’accoglienza dei richiedenti asilo, soprattutto la pediatria e la scuola per i figli), alla fine il saldo per le casse dello Stato è tuttora ampiamente positivo. Semmai, avverte l’autore, si verifica uno squilibrio tra lo Stato che trae benefici e gli enti locali che sopportano costi aggiuntivi. La dimensione familiare, le seconde generazioni, l’accesso alla cittadinanza sono dunque i veri temi del futuro, di una società italiana ormai inevitabilmente proiettata verso una composizione multietnica: 745.000 nati in dieci anni, oltre 800.000 iscritti nelle scuole nel 2016/2017 sono le cifre di un’evoluzione demografica senza appello. L’idea ottocentesca di nazione, quella esemplarmente proposta da Manzoni nell’ode Marzo 1821 (“Una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”), è destinata a essere rinegoziata, per fare posto a nuovi italiani con la pelle scura o con gli occhi a mandorla, con il velo o con il turbante. L’analisi si sofferma infine su varie questioni sensibili: il terrorismo, la criminalità, le malattie, il pluralismo religioso, la questione islamica. Senza nascondere i problemi, il libro fornisce argomenti per smontare pregiudizi ed enfatizzazioni.
set-2017
Migrazioni; rifugiati; politiche migratorie; mercato del lavoro; famiglie; razzismo; cittadinanza; integrazione
Settore SPS/07 - Sociologia Generale
Settore SPS/10 - Sociologia dell'Ambiente e del Territorio
Settore SPS/09 - Sociologia dei Processi economici e del Lavoro
Settore SPS/11 - Sociologia dei Fenomeni Politici
Migrazioni / M. Ambrosini. - Milano : Egea, 2017 Sep. - ISBN 9788823827615. (PIXEL)
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