Il dolore da parto è da considerare un “dolore particolare”: non è sintomo di patologia ma di una situazione fisiologica. È ciò che permette alla donna di accorgersi che la gravidanza è terminata e che il suo corpo si sta aprendo alla nascita. L’intensità crescente del dolore segnala l’avvicinarsi del parto, suscitando un’ampia varietà di sentimenti, dall’impotenza rispetto ad un evento apparentemente insormontabile, al senso di maggiore consapevolezza verso l’evento stesso… Il dolore in ostetricia è sempre stato un aspetto del travaglio di parto poco indagato e compreso. Non lo si deve però sottovalutare o minimizzare in quanto è parte di una profonda esperienza trasformatrice per ogni donna. La gravidanza si configura di per sé come una naturale “preparazione al parto”, nell’ambito della quale la donna è stimolata ad ascoltare sempre di più il suo corpo. Bisogna però sottolineare che questa intima conoscenza che la gravida può raggiungere è sempre più spesso svalutata: tecnologie e controlli medici vengono generalmente a sostituirsi alle sue percezioni. Oggi infatti l’approccio alla gravidanza e al parto è prevalentemente medicalizzato, nel tentativo di poter controllare anche l’evento più fisiologico. Da qui nasce l’esigenza delle gravide di partecipare a corsi per “prepararsi” al contatto con la struttura ospedaliera e conoscere le procedure che qui vengono messe in atto. Sono sicuramente importanti le informazioni fornite circa la realtà con cui si dovranno rapportare, ma i corsi di accompagnamento alla nascita non devono limitarsi a questo. Il principale obiettivo dovrebbe essere quello di “accompagnare” la donna verso l’evento nascita, riportando la sua attenzione sul corpo per recuperare la piena consapevolezza delle sue potenzialità. Proprio riflettendo su questo aspetto della professione di ostetrica è stato condotta un’indagine per evidenziare da un lato il vissuto delle donne rispetto al dolore, dall’altro cosa l’ostetrica può fare/non fare per essere loro di supporto, erogando una migliore assistenza. Sono state intervistate 100 donne, tutte nullipare, sia durante il corso di accompagnamento alla nascita, per valutare le aspettative, sia in puerperio (tra la 7^ e la 14^ giornata), per analizzare il vero vissuto. Lo studio ha coinvolto donne incontrate durante i corsi organizzati presso l’Azienda Ospedaliera I.C.P. e i consultori familiari del distretto 1 a Milano. Le gravide intervistate sono risultate essere nella maggior parte di età compresa tra i 26 e i 40 anni, originarie del nord Italia, residenti a Milano o nell’interland, con un grado di istruzione medio alto. Dai dati emersi si è osservato che nel corso della gravidanza le donne riconoscono nel ginecologo la principale figura di assistenza (95%). Di fatto la gravida viene generalmente a contatto con l’ostetrica durante i corsi di accompagnamento alla nascita, talvolta addirittura per la prima volta in sala parto, senza sapere che gli ambiti in cui svolge la sua assistenza sono ben più vasti. Il nostro profilo professionale sottolinea che è l’ostetrica la figura posta accanto alla donna nel corso della gravidanza fisiologica. Ma oggi quanto questo è concretamente realizzato o realizzabile? Il tema del dolore in travaglio di parto, data la sua complessità e ampiezza, richiede all’operatore di impiegare tempo, impegno e tanta energia per poterlo sviluppare con la gravida in modo adeguato. Oggi però questo è difficilmente realizzabile così che la donna non ha lo spazio sufficiente per esprimere dubbi e paure rispetto al dolore del travaglio (basti pensare a quanto dura di solito una visita di controllo in gravidanza…!). Del resto la paura c’è. Essa nasce dall’incognita di un evento mai affrontato, da racconti di esperienze negative e in parte da condizionamenti sociali. Può derivare dalla paura di perdere il controllo di sé, o che la propria integrità venga meno (lesioni, lacerazioni, episiotomia...), oppure ancora dalla propria emozionalità. Individuare e nominare tali timori già nel corso della gravidanza può essere il primo passo per il loro superamento. Per ampliare le loro conoscenze le donne si basano perciò sui messaggi provenienti dai media, internet, riviste, racconti di amiche… Le notizie fornite sono per lo più sommarie, poco precise, e spesso volte a diffondere le ultime scoperte sul “parto indolore”. Le gravide sottoposte ad un quesito sulla soglia del dolore, lo immaginano come forte, assillante, se non addirittura atroce. Partendo da tale presupposto inevitabilmente anche le modalità con cui affronteranno il dolore e il travaglio stesso ne risulteranno condizionate.

Il dolore in travaglio di parto: le gravide come lo affrontano e lo vivono. Indagine su cento donne prima e dopo il parto / I. Caldirola, V. Rossin, D. Calistri. - [s.l] : null, 2007 Apr 16.

Il dolore in travaglio di parto: le gravide come lo affrontano e lo vivono. Indagine su cento donne prima e dopo il parto

D. Calistri
Ultimo
2007

Abstract

Il dolore da parto è da considerare un “dolore particolare”: non è sintomo di patologia ma di una situazione fisiologica. È ciò che permette alla donna di accorgersi che la gravidanza è terminata e che il suo corpo si sta aprendo alla nascita. L’intensità crescente del dolore segnala l’avvicinarsi del parto, suscitando un’ampia varietà di sentimenti, dall’impotenza rispetto ad un evento apparentemente insormontabile, al senso di maggiore consapevolezza verso l’evento stesso… Il dolore in ostetricia è sempre stato un aspetto del travaglio di parto poco indagato e compreso. Non lo si deve però sottovalutare o minimizzare in quanto è parte di una profonda esperienza trasformatrice per ogni donna. La gravidanza si configura di per sé come una naturale “preparazione al parto”, nell’ambito della quale la donna è stimolata ad ascoltare sempre di più il suo corpo. Bisogna però sottolineare che questa intima conoscenza che la gravida può raggiungere è sempre più spesso svalutata: tecnologie e controlli medici vengono generalmente a sostituirsi alle sue percezioni. Oggi infatti l’approccio alla gravidanza e al parto è prevalentemente medicalizzato, nel tentativo di poter controllare anche l’evento più fisiologico. Da qui nasce l’esigenza delle gravide di partecipare a corsi per “prepararsi” al contatto con la struttura ospedaliera e conoscere le procedure che qui vengono messe in atto. Sono sicuramente importanti le informazioni fornite circa la realtà con cui si dovranno rapportare, ma i corsi di accompagnamento alla nascita non devono limitarsi a questo. Il principale obiettivo dovrebbe essere quello di “accompagnare” la donna verso l’evento nascita, riportando la sua attenzione sul corpo per recuperare la piena consapevolezza delle sue potenzialità. Proprio riflettendo su questo aspetto della professione di ostetrica è stato condotta un’indagine per evidenziare da un lato il vissuto delle donne rispetto al dolore, dall’altro cosa l’ostetrica può fare/non fare per essere loro di supporto, erogando una migliore assistenza. Sono state intervistate 100 donne, tutte nullipare, sia durante il corso di accompagnamento alla nascita, per valutare le aspettative, sia in puerperio (tra la 7^ e la 14^ giornata), per analizzare il vero vissuto. Lo studio ha coinvolto donne incontrate durante i corsi organizzati presso l’Azienda Ospedaliera I.C.P. e i consultori familiari del distretto 1 a Milano. Le gravide intervistate sono risultate essere nella maggior parte di età compresa tra i 26 e i 40 anni, originarie del nord Italia, residenti a Milano o nell’interland, con un grado di istruzione medio alto. Dai dati emersi si è osservato che nel corso della gravidanza le donne riconoscono nel ginecologo la principale figura di assistenza (95%). Di fatto la gravida viene generalmente a contatto con l’ostetrica durante i corsi di accompagnamento alla nascita, talvolta addirittura per la prima volta in sala parto, senza sapere che gli ambiti in cui svolge la sua assistenza sono ben più vasti. Il nostro profilo professionale sottolinea che è l’ostetrica la figura posta accanto alla donna nel corso della gravidanza fisiologica. Ma oggi quanto questo è concretamente realizzato o realizzabile? Il tema del dolore in travaglio di parto, data la sua complessità e ampiezza, richiede all’operatore di impiegare tempo, impegno e tanta energia per poterlo sviluppare con la gravida in modo adeguato. Oggi però questo è difficilmente realizzabile così che la donna non ha lo spazio sufficiente per esprimere dubbi e paure rispetto al dolore del travaglio (basti pensare a quanto dura di solito una visita di controllo in gravidanza…!). Del resto la paura c’è. Essa nasce dall’incognita di un evento mai affrontato, da racconti di esperienze negative e in parte da condizionamenti sociali. Può derivare dalla paura di perdere il controllo di sé, o che la propria integrità venga meno (lesioni, lacerazioni, episiotomia...), oppure ancora dalla propria emozionalità. Individuare e nominare tali timori già nel corso della gravidanza può essere il primo passo per il loro superamento. Per ampliare le loro conoscenze le donne si basano perciò sui messaggi provenienti dai media, internet, riviste, racconti di amiche… Le notizie fornite sono per lo più sommarie, poco precise, e spesso volte a diffondere le ultime scoperte sul “parto indolore”. Le gravide sottoposte ad un quesito sulla soglia del dolore, lo immaginano come forte, assillante, se non addirittura atroce. Partendo da tale presupposto inevitabilmente anche le modalità con cui affronteranno il dolore e il travaglio stesso ne risulteranno condizionate.
16-apr-2007
Settore MED/47 - Scienze Infermieristiche Ostetrico-Ginecologiche
Working Paper
Il dolore in travaglio di parto: le gravide come lo affrontano e lo vivono. Indagine su cento donne prima e dopo il parto / I. Caldirola, V. Rossin, D. Calistri. - [s.l] : null, 2007 Apr 16.
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