L’invecchiamento è un percorso, come l’infanzia, l’adolescenza, il conseguimento della vita adulta, che presenta, pur nel dispiegamento particolare di ogni esperienza, alcune necessità e caratteristiche intrinseche. Negli studi europei ed italiani queste, anzichè farne un gruppo di popolazione a sé stante, attualizzano e ribadiscono le caratteristiche significative comuni ad ogni età: in particolare la necessità di investimento nell’attività e nell’appartenenza sociale. Comuni sono anche il bisogno di sentirsi autonomi e di partecipare a relazioni affettive. Tutto ciò costituisce ragione di agio e salute piuttosto che di sofferenza e malattia. Determinante del permettere la normalità o del creare patologia e handicap è riconoscere queste ragioni a livello politico e culturale, darne riconoscimento ai soggetti stessi; anche salvaguardarle e sostenerle nella possibilità di attuazione con provvedimenti politici e organizzativi oltre che con servizi congrui rispetto ai fattori culturali, ambientali, urbanistici e architettonici che fanno ostacolo. Questa consapevolezza si è perduta con lo sparire dell’autorità familiare nei confronti di quella pubblica, con il dissolversi delle autodifese che gli anziani stessi operavano: l’autoritarismo nei confronti dei figli e delle figlie, il lavoro comune nell’azienda contadina e in quella d’altro tipo ma famigliare. Ma anche la crescita economica ha enfatizzato gli interessi produttivi su quelli relazionali, le città sono divenute inospitali o decisamente malsane e i deboli sono divenuti invisi. La crisi della cittadinanza e della domesticità odierni hanno effetti moltiplicativi proprio sugli anziani. La emarginazione dal lavoro e dai servizi crea povertà e malattia psichica, per gli anziani molto di più. L’emarginazione culturale è divenuta anche isolamento e abbandono nelle case. Al contempo la condizione anziana diviene un riferimento sempre più comune a tutta la popolazione perché sempre più visibile e comprensibile a causa della quantità di soggetti che la esperiscono. Il prolungamento che ha avuto la vita media, sia in termini di salute che in termini di malattia cronica ed esistenza non autosufficiente pone problematiche sociali, economiche e culturali che non possono più essere minimizzate e adombrate, ma domandano un ripensamento della struttura sociale e lavorativa che chiamerei “democratico”. Lavorare tutti ( anche gli anziani ) ma lavorare meno nel mercato; lavorare tutti di più alle relazioni che sono di istruzione e assistenza, al lavoro di sussistenza e manutenzione di cose e persone è una nuova aspettativa sociale che risponde alla ricomposizione dei ruoli che le donne portano con sé nell’uscire dalle case per accedere all’impegno pubblico. La cultura femminile del lavoro investe contemporaneamente nelle relazioni e nella sussistenza e anche nelle professioni pubbliche, chiama una nuova organizzazione sociale. L’efficienza procreativa (come la chiama Livi-Bacci), per cui sempre meno parti (nascite) sono necessari a rimpiazzare generazioni sempre più longeve e coesistenti per tempi molto lunghi, rende i mutamenti demografici a cui assistiamo in occidente un mutamento potenzialmente stabile della struttura stessa della popolazione e diffusivo forse in altri territori. Anche questo permette e domanda mutamenti consistenti nella organizzazione sociale e nei rapporti tra le generazioni.

Cittadinanza e domesticità degli anziani / A. Nappi. ((Intervento presentato al convegno Domesticità e cittadinanza nelle esperienza del vivere quotidiano tenutosi a Roma nel 2009.

Cittadinanza e domesticità degli anziani

A. Nappi
Primo
2009

Abstract

L’invecchiamento è un percorso, come l’infanzia, l’adolescenza, il conseguimento della vita adulta, che presenta, pur nel dispiegamento particolare di ogni esperienza, alcune necessità e caratteristiche intrinseche. Negli studi europei ed italiani queste, anzichè farne un gruppo di popolazione a sé stante, attualizzano e ribadiscono le caratteristiche significative comuni ad ogni età: in particolare la necessità di investimento nell’attività e nell’appartenenza sociale. Comuni sono anche il bisogno di sentirsi autonomi e di partecipare a relazioni affettive. Tutto ciò costituisce ragione di agio e salute piuttosto che di sofferenza e malattia. Determinante del permettere la normalità o del creare patologia e handicap è riconoscere queste ragioni a livello politico e culturale, darne riconoscimento ai soggetti stessi; anche salvaguardarle e sostenerle nella possibilità di attuazione con provvedimenti politici e organizzativi oltre che con servizi congrui rispetto ai fattori culturali, ambientali, urbanistici e architettonici che fanno ostacolo. Questa consapevolezza si è perduta con lo sparire dell’autorità familiare nei confronti di quella pubblica, con il dissolversi delle autodifese che gli anziani stessi operavano: l’autoritarismo nei confronti dei figli e delle figlie, il lavoro comune nell’azienda contadina e in quella d’altro tipo ma famigliare. Ma anche la crescita economica ha enfatizzato gli interessi produttivi su quelli relazionali, le città sono divenute inospitali o decisamente malsane e i deboli sono divenuti invisi. La crisi della cittadinanza e della domesticità odierni hanno effetti moltiplicativi proprio sugli anziani. La emarginazione dal lavoro e dai servizi crea povertà e malattia psichica, per gli anziani molto di più. L’emarginazione culturale è divenuta anche isolamento e abbandono nelle case. Al contempo la condizione anziana diviene un riferimento sempre più comune a tutta la popolazione perché sempre più visibile e comprensibile a causa della quantità di soggetti che la esperiscono. Il prolungamento che ha avuto la vita media, sia in termini di salute che in termini di malattia cronica ed esistenza non autosufficiente pone problematiche sociali, economiche e culturali che non possono più essere minimizzate e adombrate, ma domandano un ripensamento della struttura sociale e lavorativa che chiamerei “democratico”. Lavorare tutti ( anche gli anziani ) ma lavorare meno nel mercato; lavorare tutti di più alle relazioni che sono di istruzione e assistenza, al lavoro di sussistenza e manutenzione di cose e persone è una nuova aspettativa sociale che risponde alla ricomposizione dei ruoli che le donne portano con sé nell’uscire dalle case per accedere all’impegno pubblico. La cultura femminile del lavoro investe contemporaneamente nelle relazioni e nella sussistenza e anche nelle professioni pubbliche, chiama una nuova organizzazione sociale. L’efficienza procreativa (come la chiama Livi-Bacci), per cui sempre meno parti (nascite) sono necessari a rimpiazzare generazioni sempre più longeve e coesistenti per tempi molto lunghi, rende i mutamenti demografici a cui assistiamo in occidente un mutamento potenzialmente stabile della struttura stessa della popolazione e diffusivo forse in altri territori. Anche questo permette e domanda mutamenti consistenti nella organizzazione sociale e nei rapporti tra le generazioni.
mar-2009
Settore SPS/08 - Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi
AIS Sezione Vita Quotidiana
Università La Sapienza - Roma
Cittadinanza e domesticità degli anziani / A. Nappi. ((Intervento presentato al convegno Domesticità e cittadinanza nelle esperienza del vivere quotidiano tenutosi a Roma nel 2009.
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