Introduzione Mentre molti omicidi nel Mondo sono compiuti con armi da taglio, i suicidi realizzati con siffatta modalità lesiva sono rari accadimenti, comprovati nello 0,5-0,7% di tutti i casi di autosoppressione; in genere, sui corpi si osserva una sola ferita mortale, per quanto possano esserne eccezionalmente osservate anche molte, che sollevano la necessità di stabilire se trattasi di modalità realmente suicida piuttosto che omicida. In questi casi, ulteriori informazioni per configurare l’esatta natura dell’accadimento, sono desumibili dall’anamnesi della vittima, dai dati circostanziali e di sopralluogo, nonché dalle caratteristiche delle lesioni e dalla loro localizzazione. In questo studio, presentiamo l’analisi dei casi di suicidio con armi da taglio, occorsi a Milano in 24 anni. Materiali e metodi Sono stati analizzati retrospettivamente 23417 verbali di autopsia redatti tra il 1993 e il 2016 presso la Sezione di medicina legale dell’Università degli Studi di Milano estrapolando da 4022 suicidi totali, solo quelli realizzati con armi da taglio. Su questi casi, abbiamo approfondito lo studio delle caratteristiche delle vittime, della distribuzione e del numero delle lesioni autoinferte e delle caratteristiche dell’arma feritrice. Risultati Abbiamo desunto 116 casi di suicidio con armi da taglio di cui: 103 realizzati con modalità semplice e 13 con modalità complessa, che hanno visto maggiormente coinvolti maschi italiani di età compresa tra 41-e 50 anni, affetti da patologie psichiatriche, che si sono uccisi nella propria abitazione utilizzando, prevalentemente, coltelli da cucina. Le lesioni sono risultate monodistrettuali e localizzate agli arti superiori o al torace. In tutti i casi osservati, la morte, per la presenza di lesioni “da assaggio” a profondità variabile, mancanza di segni di lotta, sangue limitato all’area circostante il corpo e per la direzionalità delle lesioni, da destra a sinistra, con il gomito piegato a 90 gradi verso il corpo, è stata attribuita, anche nel caso dei suicidi complessi, a shock emorragico da azione suicida. Conclusioni Gli inusuali suicidi compiuti con armi da taglio richiedono un approccio forense completo basato su un approfondito esame della scena del crimine durante il sopralluogo giudiziario, un’accurata raccolta dei dati anamnestico-circostanziali e degli esiti autoptici i quali, unitamente alle indagini tossicologiche, possono rappresentare strumenti fondamentali per esprimersi motivatamente su un giudizio di accadimento omicida piuttosto che suicida.
“Self stabbing suicide”: 116 casi occorsi nella città di Milano dal 1993 al 2016 / L. Franceschetti, M. Boracchi, B. Ciprandi, G. Gentile, F. Maciocco, G. Vignali, R. Zoja. ((Intervento presentato al convegno Attualità in medicina legale penalistica tenutosi a Parma nel 2017.
“Self stabbing suicide”: 116 casi occorsi nella città di Milano dal 1993 al 2016
L. Franceschetti;B. Ciprandi;G. Gentile;G. Vignali;R. Zoja
2017
Abstract
Introduzione Mentre molti omicidi nel Mondo sono compiuti con armi da taglio, i suicidi realizzati con siffatta modalità lesiva sono rari accadimenti, comprovati nello 0,5-0,7% di tutti i casi di autosoppressione; in genere, sui corpi si osserva una sola ferita mortale, per quanto possano esserne eccezionalmente osservate anche molte, che sollevano la necessità di stabilire se trattasi di modalità realmente suicida piuttosto che omicida. In questi casi, ulteriori informazioni per configurare l’esatta natura dell’accadimento, sono desumibili dall’anamnesi della vittima, dai dati circostanziali e di sopralluogo, nonché dalle caratteristiche delle lesioni e dalla loro localizzazione. In questo studio, presentiamo l’analisi dei casi di suicidio con armi da taglio, occorsi a Milano in 24 anni. Materiali e metodi Sono stati analizzati retrospettivamente 23417 verbali di autopsia redatti tra il 1993 e il 2016 presso la Sezione di medicina legale dell’Università degli Studi di Milano estrapolando da 4022 suicidi totali, solo quelli realizzati con armi da taglio. Su questi casi, abbiamo approfondito lo studio delle caratteristiche delle vittime, della distribuzione e del numero delle lesioni autoinferte e delle caratteristiche dell’arma feritrice. Risultati Abbiamo desunto 116 casi di suicidio con armi da taglio di cui: 103 realizzati con modalità semplice e 13 con modalità complessa, che hanno visto maggiormente coinvolti maschi italiani di età compresa tra 41-e 50 anni, affetti da patologie psichiatriche, che si sono uccisi nella propria abitazione utilizzando, prevalentemente, coltelli da cucina. Le lesioni sono risultate monodistrettuali e localizzate agli arti superiori o al torace. In tutti i casi osservati, la morte, per la presenza di lesioni “da assaggio” a profondità variabile, mancanza di segni di lotta, sangue limitato all’area circostante il corpo e per la direzionalità delle lesioni, da destra a sinistra, con il gomito piegato a 90 gradi verso il corpo, è stata attribuita, anche nel caso dei suicidi complessi, a shock emorragico da azione suicida. Conclusioni Gli inusuali suicidi compiuti con armi da taglio richiedono un approccio forense completo basato su un approfondito esame della scena del crimine durante il sopralluogo giudiziario, un’accurata raccolta dei dati anamnestico-circostanziali e degli esiti autoptici i quali, unitamente alle indagini tossicologiche, possono rappresentare strumenti fondamentali per esprimersi motivatamente su un giudizio di accadimento omicida piuttosto che suicida.File | Dimensione | Formato | |
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