Il tema dei patti successori sta assumendo sempre maggior rilevanza a livello europeo e diverse sono le spinte volte a determinarne l’accoglimento nei Paesi in cui ancora sussiste un divieto di tali convenzioni. Il presente elaborato mira ad approfondire diacronicamente l’istituto (con particolare riferimento ai patti successori istitutivi), così da acquisire una conoscenza più consapevole dello stesso e delle ragioni alla base del suo divieto o del suo accoglimento nei tre ordinamenti giuridici prescelti: quello italiano, quello svizzero e quello romano. Nel primo capitolo, dedicato al diritto italiano, si è analizzata la disciplina della nullità delle tre distinte tipologie di patti successori (istitutivi, dispositivi e rinunciativi) riconducibili nell’alveo dell’art. 458 c.c., individuando altresì gli elementi essenziali che permettono di qualificare una convenzione come patto successorio e mettendo in luce le ragioni addotte tradizionalmente dalla dottrina e dalla giurisprudenza a giustificazione della nullità di tale istituto, quali la necessità di assicurare al de cuius la possibilità di disporre della propria successione fino all’ultimo istante della sua vita, la tutela dei soggetti prodighi e la necessità di evitare il cd. votum corvinum. Segue poi una parte dedicata a talune figure “grigie” e controverse (quali le donazioni a causa di morte, il patto di famiglia, il mandato post mortem, ecc.), delle quali si è messa in luce la similarità con il patto successorio e, talvolta, l'identità con esso. L’argomento è poi stato studiato anche in relazione alle nuove esigenze percepite all’interno del territorio nazionale e alla nuova disciplina di diritto comunitario (Regolamento UE n. 650/2012). Si è infine presentata quella che ritengo sia la reale ragione alla base del divieto oggi vigente in Italia, ossia la tutela degli stretti familiari del de cuius. La seconda parte della tesi è dedicata all’ordinamento elvetico, il quale, al contrario del diritto italiano, non solo accoglie l’istituto, ma esso costituisce uno dei mezzi più frequentemente adoperati per pianificare la successione degli individui e delle piccole e medie imprese. Infine, l’ultima parte è volta all’analisi dell’istituto nel diritto romano. Si è messo in evidenza come un divieto dell’istituto non sia mai stato sancito in termini generali e astratti. Si è indagata la veridicità delle tradizionali affermazioni che vedono il fondamento del divieto del patto successorio istitutivo nella sua presunta immoralità e nella necessità di assicurare al de cuius la più ampia libertà di revoca delle disposizioni relative alla propria successione. In relazione al primo aspetto, si è evidenziato come le testimonianze pervenuteci sembrino avanzare giudizi di immoralità solo relativamente al patto successorio rinunciativo, a quello dispositivo e alle obbligazioni di istituire erede. In relazione al secondo rilievo, si è messo in luce come la revocabilità del testamento e il riconoscimento dell’importanza della libertà di revoca siano stati raggiunti in seguito a un’evoluzione storica dell’istituto. A tal proposito si è altresì analizzato il famoso principio ambulatoria est voluntas defuncti usque ad vitae supremum exitum (D. 34.4.4), la cui portata deve essere in realtà ridimensionata e ricondotta al contesto cui è riferita. La tesi si conclude tentando di individuare la ragione o, meglio, le ragioni poste alla base del divieto dei patti successori istitutivi a titolo universale nel diritto romano.

Ambulatoria est voluntas defuncti? Ricerche sui 'patti successori' istitutivi / S. Lo Iacono ; Tutor Universität Bern: I. Fargnoli. DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO, 2017 Sep 26. 29. ciclo

Ambulatoria est voluntas defuncti? Ricerche sui 'patti successori' istitutivi

S. LO IACONO
2017

Abstract

Il tema dei patti successori sta assumendo sempre maggior rilevanza a livello europeo e diverse sono le spinte volte a determinarne l’accoglimento nei Paesi in cui ancora sussiste un divieto di tali convenzioni. Il presente elaborato mira ad approfondire diacronicamente l’istituto (con particolare riferimento ai patti successori istitutivi), così da acquisire una conoscenza più consapevole dello stesso e delle ragioni alla base del suo divieto o del suo accoglimento nei tre ordinamenti giuridici prescelti: quello italiano, quello svizzero e quello romano. Nel primo capitolo, dedicato al diritto italiano, si è analizzata la disciplina della nullità delle tre distinte tipologie di patti successori (istitutivi, dispositivi e rinunciativi) riconducibili nell’alveo dell’art. 458 c.c., individuando altresì gli elementi essenziali che permettono di qualificare una convenzione come patto successorio e mettendo in luce le ragioni addotte tradizionalmente dalla dottrina e dalla giurisprudenza a giustificazione della nullità di tale istituto, quali la necessità di assicurare al de cuius la possibilità di disporre della propria successione fino all’ultimo istante della sua vita, la tutela dei soggetti prodighi e la necessità di evitare il cd. votum corvinum. Segue poi una parte dedicata a talune figure “grigie” e controverse (quali le donazioni a causa di morte, il patto di famiglia, il mandato post mortem, ecc.), delle quali si è messa in luce la similarità con il patto successorio e, talvolta, l'identità con esso. L’argomento è poi stato studiato anche in relazione alle nuove esigenze percepite all’interno del territorio nazionale e alla nuova disciplina di diritto comunitario (Regolamento UE n. 650/2012). Si è infine presentata quella che ritengo sia la reale ragione alla base del divieto oggi vigente in Italia, ossia la tutela degli stretti familiari del de cuius. La seconda parte della tesi è dedicata all’ordinamento elvetico, il quale, al contrario del diritto italiano, non solo accoglie l’istituto, ma esso costituisce uno dei mezzi più frequentemente adoperati per pianificare la successione degli individui e delle piccole e medie imprese. Infine, l’ultima parte è volta all’analisi dell’istituto nel diritto romano. Si è messo in evidenza come un divieto dell’istituto non sia mai stato sancito in termini generali e astratti. Si è indagata la veridicità delle tradizionali affermazioni che vedono il fondamento del divieto del patto successorio istitutivo nella sua presunta immoralità e nella necessità di assicurare al de cuius la più ampia libertà di revoca delle disposizioni relative alla propria successione. In relazione al primo aspetto, si è evidenziato come le testimonianze pervenuteci sembrino avanzare giudizi di immoralità solo relativamente al patto successorio rinunciativo, a quello dispositivo e alle obbligazioni di istituire erede. In relazione al secondo rilievo, si è messo in luce come la revocabilità del testamento e il riconoscimento dell’importanza della libertà di revoca siano stati raggiunti in seguito a un’evoluzione storica dell’istituto. A tal proposito si è altresì analizzato il famoso principio ambulatoria est voluntas defuncti usque ad vitae supremum exitum (D. 34.4.4), la cui portata deve essere in realtà ridimensionata e ricondotta al contesto cui è riferita. La tesi si conclude tentando di individuare la ragione o, meglio, le ragioni poste alla base del divieto dei patti successori istitutivi a titolo universale nel diritto romano.
26-set-2017
Settore IUS/18 - Diritto Romano e Diritti dell'Antichita'
GAGLIARDI, LORENZO
Doctoral Thesis
Ambulatoria est voluntas defuncti? Ricerche sui 'patti successori' istitutivi / S. Lo Iacono ; Tutor Universität Bern: I. Fargnoli. DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO, 2017 Sep 26. 29. ciclo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/524042
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