La letteratura che si è occupata del movimento di early music – soprattutto nei paesi in cui questo è stato parte importante della cultura musicale (Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Olanda) – ne ha messo in evidenza caratteri di alterità rispetto alla ‘musica classica’ e al suo establishment fin dal primo Novecento. In particolare, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, le modalità della historically informed performance, la vicinanza di alcuni interpreti di musica antica ai partiti di sinistra e le connessioni con il folk e la popular music sono sembrate naturali risposte alle urgenze politiche, sociali e culturali di quegli anni. Ciò che può essere macroscopicamente osservato per il panorama internazionale è più difficilmente rilevabile in ambito italiano, dove il fenomeno – che aveva preso avvio da pochi decenni e in maniera molto meno significativa – comincia ad apparire considerevole solo dalla seconda metà degli anni Settanta. Situata tra storiografia ed etnografia, la mia indagine mira a mettere in luce le caratteristiche di un movimento che non è ancora stato oggetto di studio in modo dettagliato e sistematico. Se è vero che il movimento early music non ha avuto un legame manifesto con la situazione politica e sociale di quegli anni come altre esperienze musicali – l’impegno dei compositori contemporanei nel PCI, il folk-revival e il canto sociale, il rock progressive nelle contestazioni del ’77 – la sua essenza di movimento giovanile, lo stimolo che diede a una nuova idea di didattica musicale, la condivisione di interpreti, modalità e spazi d’esecuzione con generi musicali quali il folk e il jazz ne hanno fatto a tutti gli effetti una «forma di pensiero differente» [Laura Alvini, 1978], incarnando lo Zeitgeist del Sessantotto italiano.
Tra Folkstudio e circolo Arci : il ruolo della musica antica nel Sessantotto italiano / C. Malatesta. ((Intervento presentato al 21. convegno Il Saggiatore Musicale : Incontro dei Dottorati di Ricerca in Discipline musicali tenutosi a Bologna nel 2017.
Tra Folkstudio e circolo Arci : il ruolo della musica antica nel Sessantotto italiano
C. Malatesta
2017
Abstract
La letteratura che si è occupata del movimento di early music – soprattutto nei paesi in cui questo è stato parte importante della cultura musicale (Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Olanda) – ne ha messo in evidenza caratteri di alterità rispetto alla ‘musica classica’ e al suo establishment fin dal primo Novecento. In particolare, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, le modalità della historically informed performance, la vicinanza di alcuni interpreti di musica antica ai partiti di sinistra e le connessioni con il folk e la popular music sono sembrate naturali risposte alle urgenze politiche, sociali e culturali di quegli anni. Ciò che può essere macroscopicamente osservato per il panorama internazionale è più difficilmente rilevabile in ambito italiano, dove il fenomeno – che aveva preso avvio da pochi decenni e in maniera molto meno significativa – comincia ad apparire considerevole solo dalla seconda metà degli anni Settanta. Situata tra storiografia ed etnografia, la mia indagine mira a mettere in luce le caratteristiche di un movimento che non è ancora stato oggetto di studio in modo dettagliato e sistematico. Se è vero che il movimento early music non ha avuto un legame manifesto con la situazione politica e sociale di quegli anni come altre esperienze musicali – l’impegno dei compositori contemporanei nel PCI, il folk-revival e il canto sociale, il rock progressive nelle contestazioni del ’77 – la sua essenza di movimento giovanile, lo stimolo che diede a una nuova idea di didattica musicale, la condivisione di interpreti, modalità e spazi d’esecuzione con generi musicali quali il folk e il jazz ne hanno fatto a tutti gli effetti una «forma di pensiero differente» [Laura Alvini, 1978], incarnando lo Zeitgeist del Sessantotto italiano.Pubblicazioni consigliate
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