On account of the collective fascination for it prevailing in the West, Japan is mostly seen in terms of a dichotomy between age-old aspects (the past, hence tradition) and technological excellence (the present, hence modernity). The first of these two cognitive macro-categories includes references to a people that is ‘genetically disciplined’ as only the descendants of the samurai can be, to a spontaneously understated aesthetics of everyday life bearing the distinctive mark of zen, to an innate inclination for contemplation, while the second cognitive macro-category encompasses futuristic urban spaces, robotics experiments as well as a multifarious variety of fashionable trends and products. However, it would be naive to think that Japan may have been, and still be, the merely passive object of a ‘romantic’ need for consolatory exoticism. This introductory foreword to this special issue of LCM on the common places of Japan provides an overview of some crucial historical stages in which Japan, finding itself in a position to conquer (or re-conquer) international consent (as an acknowledgement of its ethnic, political, economic dignity), deliberately made recourse to cultural tòpoi regarding its own distinctive way of being and thinking.

Per la fascinazione collettiva dell’Occidente, al Giappone è assegnata una dicotomia fra aspetti millenari (il passato, e quindi la tradizione), e virtù tecnologiche (il presente, e dunque la modernità). Se nel primo di questi due macro-contenitori percettivi infallibilmente trovano spazio riferimenti a un popolo ‘geneticamente disciplinato’ come solo una progenie di samurai saprebbe essere, un’estetica del quotidiano spontaneamente sobria con il timbro distintivo dello zen, un’attitudine congenita a contemplazione e rispetto della natura, nel secondo confluiscono spazi urbani futuristici, sperimentazioni robotiche, nonché una variopinta babele di tendenze e prodotti alla moda. Tuttavia, sarebbe ingenuo ritenere che il Giappone sia stato, e sia, mero oggetto passivo di un ‘romantico’ bisogno di confortante esotismo. La premessa introduttiva al volume percorre a volo d’uccello alcune fasi storiche cruciali in cui il Giappone, trovandosi nella necessità di conquistare (o riconquistare) un consenso internazionale (riconoscimento di dignità etnica, politico, economico), ha consapevolmente fatto ricorso a tòpoi culturali sul proprio, distinto modo di essere e di pensare.

In principio furono i samurai … / V. Sica. - In: LINGUE CULTURE MEDIAZIONI. - ISSN 2284-1881. - 3:2(2016 Dec), pp. 11-22. [10.7358/lcm-2016-002-sica]

In principio furono i samurai …

V. Sica
Primo
2016

Abstract

On account of the collective fascination for it prevailing in the West, Japan is mostly seen in terms of a dichotomy between age-old aspects (the past, hence tradition) and technological excellence (the present, hence modernity). The first of these two cognitive macro-categories includes references to a people that is ‘genetically disciplined’ as only the descendants of the samurai can be, to a spontaneously understated aesthetics of everyday life bearing the distinctive mark of zen, to an innate inclination for contemplation, while the second cognitive macro-category encompasses futuristic urban spaces, robotics experiments as well as a multifarious variety of fashionable trends and products. However, it would be naive to think that Japan may have been, and still be, the merely passive object of a ‘romantic’ need for consolatory exoticism. This introductory foreword to this special issue of LCM on the common places of Japan provides an overview of some crucial historical stages in which Japan, finding itself in a position to conquer (or re-conquer) international consent (as an acknowledgement of its ethnic, political, economic dignity), deliberately made recourse to cultural tòpoi regarding its own distinctive way of being and thinking.
Per la fascinazione collettiva dell’Occidente, al Giappone è assegnata una dicotomia fra aspetti millenari (il passato, e quindi la tradizione), e virtù tecnologiche (il presente, e dunque la modernità). Se nel primo di questi due macro-contenitori percettivi infallibilmente trovano spazio riferimenti a un popolo ‘geneticamente disciplinato’ come solo una progenie di samurai saprebbe essere, un’estetica del quotidiano spontaneamente sobria con il timbro distintivo dello zen, un’attitudine congenita a contemplazione e rispetto della natura, nel secondo confluiscono spazi urbani futuristici, sperimentazioni robotiche, nonché una variopinta babele di tendenze e prodotti alla moda. Tuttavia, sarebbe ingenuo ritenere che il Giappone sia stato, e sia, mero oggetto passivo di un ‘romantico’ bisogno di confortante esotismo. La premessa introduttiva al volume percorre a volo d’uccello alcune fasi storiche cruciali in cui il Giappone, trovandosi nella necessità di conquistare (o riconquistare) un consenso internazionale (riconoscimento di dignità etnica, politico, economico), ha consapevolmente fatto ricorso a tòpoi culturali sul proprio, distinto modo di essere e di pensare.
Meiji period; stereotyped samurai; rhetoric of bushidō; zen cliché
Settore L-OR/22 - Lingue e Letterature del Giappone e della Corea
dic-2016
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