Il lavoro di ricerca esplora la fortuna e la ricezione del cobogó in Italia negli anni ’50 e ’60. Nel 1953, in un momento di effervescente dibattito sulle espressioni della nuova architettura del Brasile, Gio Ponti dedica un articolo ai “graticci brasiliani” – libera traduzione dell’acronimo –, attraverso il quale invita a introdurre questo elemento costruttivo nella pratica edilizia corrente. I “graticci” risolvono in modo nuovo una serie di problemi funzionali legati allo spazio, alla luce e alla ventilazione degli ambienti architettonici, rispecchiando una sensibilità estetica per le superfici e i materiali moderni in linea con le più aggiornate tendenze artistiche concretiste e di sintesi delle arti. Inoltre, suggeriscono richiami all’esperienza modernista degli anni Trenta e vernacolare al contempo. Il cobogó trova un’ampia e diversificata diffusione nel panorama architettonico italiano, incarnando, da una parte, una soluzione estetico-formale che rappresenta una sorta di sigla del modernismo e di un nuovo modo di costruire; dall’altra, una esigenza di definire gli spazi dello svago con un tocco di esotismo. La ricerca si fonda sullo spoglio delle riviste di settore, sulla consultazione degli archivi privati degli architetti e di quelli delle aziende italiane che acquistarono il brevetto brasiliano, in modo da costituire un repertorio visivo di immagini fotografiche documentarie, divulgative e pubblicitarie. Il loro montaggio restituisce sequenze di forme che mettono in luce varietà tipologiche, influenze, filiazioni, soluzioni tra loro collegate, tracciando una sorta di mappa della propagazione di questi manufatti.
Forme del Nuovo Mondo : i "Graticci Brasiliani" nell'architettura italiana del secondo dopoguerra / P. Rusconi. ((Intervento presentato al convegno Italiani sull'oceano : relazioni artistiche tra Italia e Brasile nel '900 tenutosi a Milano nel 2016.
Forme del Nuovo Mondo : i "Graticci Brasiliani" nell'architettura italiana del secondo dopoguerra
P. RusconiPrimo
2016
Abstract
Il lavoro di ricerca esplora la fortuna e la ricezione del cobogó in Italia negli anni ’50 e ’60. Nel 1953, in un momento di effervescente dibattito sulle espressioni della nuova architettura del Brasile, Gio Ponti dedica un articolo ai “graticci brasiliani” – libera traduzione dell’acronimo –, attraverso il quale invita a introdurre questo elemento costruttivo nella pratica edilizia corrente. I “graticci” risolvono in modo nuovo una serie di problemi funzionali legati allo spazio, alla luce e alla ventilazione degli ambienti architettonici, rispecchiando una sensibilità estetica per le superfici e i materiali moderni in linea con le più aggiornate tendenze artistiche concretiste e di sintesi delle arti. Inoltre, suggeriscono richiami all’esperienza modernista degli anni Trenta e vernacolare al contempo. Il cobogó trova un’ampia e diversificata diffusione nel panorama architettonico italiano, incarnando, da una parte, una soluzione estetico-formale che rappresenta una sorta di sigla del modernismo e di un nuovo modo di costruire; dall’altra, una esigenza di definire gli spazi dello svago con un tocco di esotismo. La ricerca si fonda sullo spoglio delle riviste di settore, sulla consultazione degli archivi privati degli architetti e di quelli delle aziende italiane che acquistarono il brevetto brasiliano, in modo da costituire un repertorio visivo di immagini fotografiche documentarie, divulgative e pubblicitarie. Il loro montaggio restituisce sequenze di forme che mettono in luce varietà tipologiche, influenze, filiazioni, soluzioni tra loro collegate, tracciando una sorta di mappa della propagazione di questi manufatti.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
inglese.pdf
accesso riservato
Tipologia:
Altro
Dimensione
241.21 kB
Formato
Adobe PDF
|
241.21 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.