L'applicazione efficace delle norme rappresenta un elemento di importanza cruciale per l’operatività dell'ordinamento giuridico dell'UE, la cui implementazione dipende dagli Stati Membri; a questi ultimi e alle autorità nazionali è imposto di assicurare il rispetto del diritto dell'Unione e di sanzionarne le violazioni. Il rispetto del principio di autonomia implica che gli Stati Membri dispongono di ampia libertà nella selezione e nella determinazione degli strumenti necessari a questi scopi, e crea una sostanziale dicotomia tra l‘applicazione sostanzialmente uniforme della normativa comunitaria nei vari ambiti nazionali e un quadro potenzialmente assai divergente e disarmonico per quel che riguarda i vari regimi di enforcement. Pur se nei vari Stati Membri vengono implementate regole analoghe o identiche, la loro violazione può produrre effetti assai diversi a seconda dei singoli ordinamenti nazionali e può comportare, di conseguenza, una differenziazione dell’efficacia della normativa considerata nei vari Paesi dell’Unione. Quanto descritto appare di immediata rilevanza per il diritto del lavoro comunitario: la maggior parte della normativa in materia è infatti costituita da direttive che, come noto, sono vincolanti per gli Stati Membri quanto al risultato da raggiungere, ma lasciano alle autorità nazionali la libertà di scegliere la forma e il metodo per perseguire questo obiettivo. Inoltre, pur definendo la legittimità (o meno) di determinati comportamenti, o prevedendo la protezione di specifiche situazioni, le discipline comunitarie in questione non stabiliscono di norma le regole relative a strumenti sanzionatori e procedure attraverso i quali dare piena effettività al loro contenuto, rimandando nella maggior parte dei casi all’ordinamento interno; di conseguenza l’effetto prodotto è quello di un’armonizzazione a livello della disciplina sostanziale ma non di quella sanzionatoria. La mancata armonizzazione in materia, indipendentemente dagli obiettivi perseguiti con l’uso delle forme di lavoro sommerso, può comportare una rilevante diversificazione dei gradi di tutela e dei meccanismi preventivi e sanzionatori tra i vari Paesi dell’Ue, limitando in questo modo la portata e l’efficacia delle indicazioni elaborate a livello comunitario. Inoltre, con specifico riferimento ai singoli ambiti nazionali, se il sistema dei controlli appare poco incisivo o inefficiente, la propensione ad utilizzare forme di lavoro parzialmente/totalmente sommerso può trovare spazio e comportare altresì l’emersione di specifiche forme di elusione e di law shopping intracomunitario in materia di controlli e sanzioni. In ambiti come quello della regolazione dei mercati finanziari e del diritto ambientale, l’attività normativa delle istituzioni comunitarie è riuscita a produrre non solo un quadro tendenzialmente armonizzato non solo di norme prudenziali e specifiche regole di condotta per gli attori, ma anche da un migliorament della stabilità e omogeneità del monitoraggio e dell’applicazione delle sanzioni tramite il coinvolgimento ed il coordinamento dell’azione delle autorità nazionali preposte all’attività preventiva e sanzionatoria con l’intervento delle autorità di vigilanza istituite a livello comunitario e attraverso interventi armonizzatori diretti ad istituire un livello sanzionatorio minimo rispetto a determinate attività poste in essere in violazione della normativa comunitaria, ivi compresa la previsione dell’introduzione negli ordinamenti nazionali della possibilità di pene detentive nelle ipotesi più gravi di abuso; per quanto riguarda la politica sociale, le normative comunitarie basate sull’art. 153 TUE che contengono riferimenti alle sanzioni presentano un grado decisamente ridotto di armonizzazione relativamente ai sistemi preventivi e sanzionatori collegati all’enforcement della disciplina comunitaria, richiedendo semplicemente l’aderenza del sistema di sanzioni nazionali ai criteri di effettività, proporzionalità e dissuasività. Pur se l’assetto delle competenze e dei poteri dell’Unione non preclude, in linea di principio, interventi in questo specifico settore, e quindi l’assenza di interventi per quel che riguarda gli apparati sanzionatori non deve essere considerata una specialità dell’ambito della politica sociale rispetto alla generalità delle normative di derivazione comunitaria, le ridotte competenze in questo settore rendono più difficile definire principi comuni relativi ai sistemi sanzionatori, e la mancanza in particolare di consenso sul tema tra gli Stati Membri ha impedito che venisse stabilito un sistema di specifiche procedure, rimedi e sanzioni armonizzate a livello comunitario nell’ambito del diritto del lavoro. In questo senso vanno anche sottolineati i diversi approcci e risultati della giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di regimi sanzionatori nazionali nel definire dei principi generali sui criteri di valutazione relativi all’appropriatezza in senso comunitario delle sanzioni previste dai singoli ordinamenti, in particolare per quanto riguarda il significato e il contenuto specifico dei requisiti di efficacia, proporzionalità e capacità dissuasiva delle misure nazionali; il riferimento in questo caso è da un lato alla costante elaborazione sul tema specifico di sanzioni e rimedi nell’ambito del diritto antidiscriminatorio (si veda in particolare la causa C-81/12 Accept nella qule la Cgue ripercorre una serie di snodi teorici particolarmente rilevanti facendo consistenti riferimenti a precedenti pronunce), e dall’altro la grande discrezionalità lasciata alle autorità degli Stati Membri per quanto riguarda la previsione di misure preventive dell’abuso del ricorso ai contratti a tempo determinato - che pure rappresenta uno degli obiettivi specifici perseguiti dall’accordo quadro - e il conferimento al giudice del rinvio di specifici obblighi di verifica della presenza di sanzioni adeguate ed effettive, tesi a valutare se le condizioni di applicazione e l’applicazione effettiva delle disposizioni nazionali rendano il sistema adeguato ai suoi scopi preventivi e sanzionatori dell’utilizzo abusivo di contratti/rapporti a tempo determinato. Spetta quindi al giudice nazionale determinare il il rispetto dei principi di effettività e di equivalenza; il processo di valutazione imposto dalla Cgue alle corti nazionali si basa sui concetti fondamentali di coerenza della disposizione interna con le regole di analoga natura presenti nell’ordinamento e di effettiva dissuasività della specifica misura sanzionatoria. Va tuttavia considerato come nell’elaborazione di tali criteri, la CGE abbia fornito una serie di requisiti che non sono caratterizzati da un elevato grado di specificità, pervasività e capacità di influenza negli ordinamenti nazionali, e in particolare non sembrano essere in grado di produrre un effetto di uniformazione delle valutazioni dei giudici nazionali negli aspetti considerati sia tra i vari Stati Membri che all’interno dei singoli ordinamenti considerati; le caratteristiche e le specifiche disposizioni previste nei vari contesti nazionali conservano la loro rilevanza rispetto ad una caratterizzazione in senso “comunitario” in particolare del principio di effettività; in questo senso il ricorso alla formula “sanzioni effettive proporzionate e dissuasive” non sembra quindi aver consentito un’uniformazione delle tutele ma abbia prodotto una serie differenziata di risultati. L’ultimo aspetto che è possibile sottolineare è quello relativo alla previsione di strumenti accessori che, pur non influendo necessariamente sul quadro specifico di sanzioni previsto a livello nazionale, siano in grado di aumentare la chiarezza ed effettività dei controlli delle autorità nazionali e delle tutele accordate ai lavoratori e produrre di conseguenza un effetto antiabusivo e influire positivamente sulla regolazione e la protezione dei diritti dei lavoratori. In questo senso procede la Direttiva 2014/67 sull’applicazione della Direttiva 96/71, sulla base di due direttrici fondamentali: da un lato la specificazione delle modalità relative all’accesso alle informazioni, alla cooperazione amministrativa tra le autorità nazionali e ai meccanismi di controllo imposti ai prestatori di servizi e la previsione di criteri ai fini dell’individuazione di un distacco “autentico”. Dall’altro la previsione di specifici meccanismi rimediali - e in particolare, il regime della responsabilità solidale per i crediti da lavoro - e la disciplina di un sistema di esecuzione transfrontaliera delle sanzioni amministrative, basato su obblighi di informazione e cooperazione tra le autorità dei vari Stati Membri. Gli strumenti e le procedure della Direttiva 2014/67 interagiscono quindi con l’ordinamento degli Stati Membri da un lato chiarendo o specificando le previsioni della Direttiva 96/71 riguardo le modalità utilizzate e i criteri seguiti dalle autorità e servizi ispettivi nelle varie attività di monitoraggio e controllo del lavoro tramite distacco, e dall’altro innovando per quanto riguarda gli apparati per la tutela degli abusi che devono essere stabiliti a livello nazionale al fine di predisporre una una tutela effettiva per i lavoratori coinvolti in questa specifica forma di mobilità intracomunitaria.

Sistemi sanzionatori nazionali ed effettività della disciplina comunitaria / S. Guadagno. ((Intervento presentato al convegno Le Politiche Europee di Contrasto al Lavoro Sommerso tenutosi a Milano nel 2015.

Sistemi sanzionatori nazionali ed effettività della disciplina comunitaria

S. Guadagno
2015

Abstract

L'applicazione efficace delle norme rappresenta un elemento di importanza cruciale per l’operatività dell'ordinamento giuridico dell'UE, la cui implementazione dipende dagli Stati Membri; a questi ultimi e alle autorità nazionali è imposto di assicurare il rispetto del diritto dell'Unione e di sanzionarne le violazioni. Il rispetto del principio di autonomia implica che gli Stati Membri dispongono di ampia libertà nella selezione e nella determinazione degli strumenti necessari a questi scopi, e crea una sostanziale dicotomia tra l‘applicazione sostanzialmente uniforme della normativa comunitaria nei vari ambiti nazionali e un quadro potenzialmente assai divergente e disarmonico per quel che riguarda i vari regimi di enforcement. Pur se nei vari Stati Membri vengono implementate regole analoghe o identiche, la loro violazione può produrre effetti assai diversi a seconda dei singoli ordinamenti nazionali e può comportare, di conseguenza, una differenziazione dell’efficacia della normativa considerata nei vari Paesi dell’Unione. Quanto descritto appare di immediata rilevanza per il diritto del lavoro comunitario: la maggior parte della normativa in materia è infatti costituita da direttive che, come noto, sono vincolanti per gli Stati Membri quanto al risultato da raggiungere, ma lasciano alle autorità nazionali la libertà di scegliere la forma e il metodo per perseguire questo obiettivo. Inoltre, pur definendo la legittimità (o meno) di determinati comportamenti, o prevedendo la protezione di specifiche situazioni, le discipline comunitarie in questione non stabiliscono di norma le regole relative a strumenti sanzionatori e procedure attraverso i quali dare piena effettività al loro contenuto, rimandando nella maggior parte dei casi all’ordinamento interno; di conseguenza l’effetto prodotto è quello di un’armonizzazione a livello della disciplina sostanziale ma non di quella sanzionatoria. La mancata armonizzazione in materia, indipendentemente dagli obiettivi perseguiti con l’uso delle forme di lavoro sommerso, può comportare una rilevante diversificazione dei gradi di tutela e dei meccanismi preventivi e sanzionatori tra i vari Paesi dell’Ue, limitando in questo modo la portata e l’efficacia delle indicazioni elaborate a livello comunitario. Inoltre, con specifico riferimento ai singoli ambiti nazionali, se il sistema dei controlli appare poco incisivo o inefficiente, la propensione ad utilizzare forme di lavoro parzialmente/totalmente sommerso può trovare spazio e comportare altresì l’emersione di specifiche forme di elusione e di law shopping intracomunitario in materia di controlli e sanzioni. In ambiti come quello della regolazione dei mercati finanziari e del diritto ambientale, l’attività normativa delle istituzioni comunitarie è riuscita a produrre non solo un quadro tendenzialmente armonizzato non solo di norme prudenziali e specifiche regole di condotta per gli attori, ma anche da un migliorament della stabilità e omogeneità del monitoraggio e dell’applicazione delle sanzioni tramite il coinvolgimento ed il coordinamento dell’azione delle autorità nazionali preposte all’attività preventiva e sanzionatoria con l’intervento delle autorità di vigilanza istituite a livello comunitario e attraverso interventi armonizzatori diretti ad istituire un livello sanzionatorio minimo rispetto a determinate attività poste in essere in violazione della normativa comunitaria, ivi compresa la previsione dell’introduzione negli ordinamenti nazionali della possibilità di pene detentive nelle ipotesi più gravi di abuso; per quanto riguarda la politica sociale, le normative comunitarie basate sull’art. 153 TUE che contengono riferimenti alle sanzioni presentano un grado decisamente ridotto di armonizzazione relativamente ai sistemi preventivi e sanzionatori collegati all’enforcement della disciplina comunitaria, richiedendo semplicemente l’aderenza del sistema di sanzioni nazionali ai criteri di effettività, proporzionalità e dissuasività. Pur se l’assetto delle competenze e dei poteri dell’Unione non preclude, in linea di principio, interventi in questo specifico settore, e quindi l’assenza di interventi per quel che riguarda gli apparati sanzionatori non deve essere considerata una specialità dell’ambito della politica sociale rispetto alla generalità delle normative di derivazione comunitaria, le ridotte competenze in questo settore rendono più difficile definire principi comuni relativi ai sistemi sanzionatori, e la mancanza in particolare di consenso sul tema tra gli Stati Membri ha impedito che venisse stabilito un sistema di specifiche procedure, rimedi e sanzioni armonizzate a livello comunitario nell’ambito del diritto del lavoro. In questo senso vanno anche sottolineati i diversi approcci e risultati della giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di regimi sanzionatori nazionali nel definire dei principi generali sui criteri di valutazione relativi all’appropriatezza in senso comunitario delle sanzioni previste dai singoli ordinamenti, in particolare per quanto riguarda il significato e il contenuto specifico dei requisiti di efficacia, proporzionalità e capacità dissuasiva delle misure nazionali; il riferimento in questo caso è da un lato alla costante elaborazione sul tema specifico di sanzioni e rimedi nell’ambito del diritto antidiscriminatorio (si veda in particolare la causa C-81/12 Accept nella qule la Cgue ripercorre una serie di snodi teorici particolarmente rilevanti facendo consistenti riferimenti a precedenti pronunce), e dall’altro la grande discrezionalità lasciata alle autorità degli Stati Membri per quanto riguarda la previsione di misure preventive dell’abuso del ricorso ai contratti a tempo determinato - che pure rappresenta uno degli obiettivi specifici perseguiti dall’accordo quadro - e il conferimento al giudice del rinvio di specifici obblighi di verifica della presenza di sanzioni adeguate ed effettive, tesi a valutare se le condizioni di applicazione e l’applicazione effettiva delle disposizioni nazionali rendano il sistema adeguato ai suoi scopi preventivi e sanzionatori dell’utilizzo abusivo di contratti/rapporti a tempo determinato. Spetta quindi al giudice nazionale determinare il il rispetto dei principi di effettività e di equivalenza; il processo di valutazione imposto dalla Cgue alle corti nazionali si basa sui concetti fondamentali di coerenza della disposizione interna con le regole di analoga natura presenti nell’ordinamento e di effettiva dissuasività della specifica misura sanzionatoria. Va tuttavia considerato come nell’elaborazione di tali criteri, la CGE abbia fornito una serie di requisiti che non sono caratterizzati da un elevato grado di specificità, pervasività e capacità di influenza negli ordinamenti nazionali, e in particolare non sembrano essere in grado di produrre un effetto di uniformazione delle valutazioni dei giudici nazionali negli aspetti considerati sia tra i vari Stati Membri che all’interno dei singoli ordinamenti considerati; le caratteristiche e le specifiche disposizioni previste nei vari contesti nazionali conservano la loro rilevanza rispetto ad una caratterizzazione in senso “comunitario” in particolare del principio di effettività; in questo senso il ricorso alla formula “sanzioni effettive proporzionate e dissuasive” non sembra quindi aver consentito un’uniformazione delle tutele ma abbia prodotto una serie differenziata di risultati. L’ultimo aspetto che è possibile sottolineare è quello relativo alla previsione di strumenti accessori che, pur non influendo necessariamente sul quadro specifico di sanzioni previsto a livello nazionale, siano in grado di aumentare la chiarezza ed effettività dei controlli delle autorità nazionali e delle tutele accordate ai lavoratori e produrre di conseguenza un effetto antiabusivo e influire positivamente sulla regolazione e la protezione dei diritti dei lavoratori. In questo senso procede la Direttiva 2014/67 sull’applicazione della Direttiva 96/71, sulla base di due direttrici fondamentali: da un lato la specificazione delle modalità relative all’accesso alle informazioni, alla cooperazione amministrativa tra le autorità nazionali e ai meccanismi di controllo imposti ai prestatori di servizi e la previsione di criteri ai fini dell’individuazione di un distacco “autentico”. Dall’altro la previsione di specifici meccanismi rimediali - e in particolare, il regime della responsabilità solidale per i crediti da lavoro - e la disciplina di un sistema di esecuzione transfrontaliera delle sanzioni amministrative, basato su obblighi di informazione e cooperazione tra le autorità dei vari Stati Membri. Gli strumenti e le procedure della Direttiva 2014/67 interagiscono quindi con l’ordinamento degli Stati Membri da un lato chiarendo o specificando le previsioni della Direttiva 96/71 riguardo le modalità utilizzate e i criteri seguiti dalle autorità e servizi ispettivi nelle varie attività di monitoraggio e controllo del lavoro tramite distacco, e dall’altro innovando per quanto riguarda gli apparati per la tutela degli abusi che devono essere stabiliti a livello nazionale al fine di predisporre una una tutela effettiva per i lavoratori coinvolti in questa specifica forma di mobilità intracomunitaria.
19-nov-2015
Sanzioni; lavoro sommerso; distacco; Enforcement Directive; CGUE; lavoro a termine
Settore IUS/07 - Diritto del Lavoro
Sistemi sanzionatori nazionali ed effettività della disciplina comunitaria / S. Guadagno. ((Intervento presentato al convegno Le Politiche Europee di Contrasto al Lavoro Sommerso tenutosi a Milano nel 2015.
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