Riguardo alla configurabilità di una responsabilità per esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento (art. 2497, comma 1, c.c.) in capo alla persona fisica, con il presente paper si cerca di offrire qualche spunto di riflessione nell’intento di superare le ambiguità e le incongruenze della disciplina codicistica, onde garantire la massima tutela ad alcuni dei soggetti più “deboli” all’interno dei gruppi di società: i soci e i creditori “esterni” della holding, “estranei”, tuttavia, anche alla disciplina di legge, che si preoccupa di considerare soltanto la posizione dei soci e creditori “esterni” dell’eterodiretta. In quest’ottica, oltre a valorizzare un significato di tipo etimologico del termine “ente” (ossia “ciò che è”, comprensivo dunque sia della persona giuridica che della persona fisica), si svolgono alcune considerazioni di carattere sistematico, evidenziando come l’art. 2497, comma 1, c.c., si distingua, in sostanza, per essere l’unica disposizione di legge capace di dare adito a contrasti sulla configurabilità di una holding persona fisica, sebbene la ratio di tutto l’impianto normativo concernente i gruppi societari sia, a ben vedere, la medesima: evitare che il perseguimento di certe politiche “di gruppo” venga pagato soltanto dagli anelli deboli della catena. Sulla base, poi, della considerazione che la direzione e coordinamento è un’attività intercorrente tra le persone fisiche “interne” al controllo delle società del gruppo, se ne evidenziano le affinità con l’istituto dell’amministrazione di fatto, sia sulla base dell’impostazione di parte della giurisprudenza - di legittimità e di merito – sia sulla scorta di un’analisi comparatistica, attraverso la quale si è potuto notare che le persone fisiche che esercitano l’eterodirezione (cd. “holders”) sono fortemente responsabilizzate tanto negli ordinamenti che non prevedono una specifica disciplina di legge in tema di gruppi societari (ove la responsabilità dei soggetti capogruppo è attribuita ricorrendo alla figura dell’amministratore di fatto) quanto in quelli che la prevedono (come ad esempio in Germania). Si condivide dunque l’impostazione della recente giurisprudenza di merito che ha affermato la responsabilità ex art. 2497, comma 1, c.c. della persona fisica holder a prescindere dalla circostanza che tale soggetto rivesta o meno la qualifica di imprenditore commerciale. E ciò in via del tutto corretta, giacché è opportuno distinguere il piano della fallibilità da quello della responsabilità, non essendo plausibile che la mancata qualificazione “esterno”, giacché le altre forme di tutela apprestate dal nostro ordinamento non si rivelano altrettanto soddisfacenti: né (a) l’affermazione di una responsabilità solidale degli holders ex art. 2497, comma 2, c.c. con la capogruppo, poiché significa imputare la responsabilità ex art. 2497, comma 1, c.c. in capo a quest’ultima anche nel caso in cui l’eterodirezione non sia svolta nel suo interesse; né (b) un’azione di diritto comune basata sull’art. 2043 c.c. poiché, prevedendo il nostro ordinamento una disciplina specifica in tema di gruppi societari, non sembra in particolare condivisibile, sul presupposto che l’attività di direzione e coordinamento sia imputabile anche a una persona fisica, concludere che tale attività, una volta accertata, non determini la correlativa responsabilità, ma una più generica responsabilità da fatto illecito di diritto comune ex art. 2043 c.c.; né, infine, (c) una tutela ex post, cioè un’azione di risarcimento del danno contro le persone fisiche “interne” che abbiano esercitato la direzione unitaria predatoria (ai sensi degli artt. 2393-bis, 2476 o 2395 c.c.), dopo che la capogruppo abbia subìto la condanna ex art. 2497, comma 1, c.c., giacché tali azioni – peraltro “strutturalmente” inadeguate – non solo non sono in grado di evitare ex ante al socio “esterno” della holding un pregiudizio al valore della partecipazione conseguente alla condanna della holding, ma addirittura si rivelano capaci di aggravarlo: infatti, l’esperimento di una delle suddette azioni dopo che la capogruppo è già stata “messa alla gogna” dal giudizio ex art. 2497, commi 1 e 2, c.c., contribuirà a dare alla stessa il colpo di grazia, portando la sfiducia del mercato a un livello non facilmente recuperabile. Inoltre, proprio perché tali azioni sono proponibili solo dopo l’esperimento vittorioso dell’azione giudiziale di responsabilità avverso la capogruppo ex art. 2497, comma 1, c.c., non si può non osservare che una tesi che negasse l’imputabilità della responsabilità da direzione unitaria predatoria in capo all’holder si rivelerebbe non molto rispondente al principio costituzionale di economia dei giudizi, espressione di quello, fondamentale, di ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.). A conclusione del lavoro, si affaccia qualche breve considerazione di carattere processuale, poiché l’ammissione – nelle ipotesi considerate – di una responsabilità esclusiva del soggetto “interno” alla holding in luogo della stessa porta conseguentemente a domandarsi se la capogruppo, chiamata in giudizio ex art. 2497, comma 1, c.c., abbia la possibilità di sottrarsi alla responsabilità da direzione unitaria attraverso la chiamata in causa (ex art. 106 c.p.c.) dei soggetti ad essa “interni” e la richiesta (ex art. 108 c.p.c.) della propria estromissione dal giudizio.

Responsabilità e tutele nell’ambito della direzione e coordinamento di società / G. Fantoni. ((Intervento presentato al convegno La Responsabilità da direzione e coordinamento di società : Seminario di diritto commerciale : 12 novembre tenutosi a Padova nel 2014.

Responsabilità e tutele nell’ambito della direzione e coordinamento di società

G. Fantoni
Primo
2014

Abstract

Riguardo alla configurabilità di una responsabilità per esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento (art. 2497, comma 1, c.c.) in capo alla persona fisica, con il presente paper si cerca di offrire qualche spunto di riflessione nell’intento di superare le ambiguità e le incongruenze della disciplina codicistica, onde garantire la massima tutela ad alcuni dei soggetti più “deboli” all’interno dei gruppi di società: i soci e i creditori “esterni” della holding, “estranei”, tuttavia, anche alla disciplina di legge, che si preoccupa di considerare soltanto la posizione dei soci e creditori “esterni” dell’eterodiretta. In quest’ottica, oltre a valorizzare un significato di tipo etimologico del termine “ente” (ossia “ciò che è”, comprensivo dunque sia della persona giuridica che della persona fisica), si svolgono alcune considerazioni di carattere sistematico, evidenziando come l’art. 2497, comma 1, c.c., si distingua, in sostanza, per essere l’unica disposizione di legge capace di dare adito a contrasti sulla configurabilità di una holding persona fisica, sebbene la ratio di tutto l’impianto normativo concernente i gruppi societari sia, a ben vedere, la medesima: evitare che il perseguimento di certe politiche “di gruppo” venga pagato soltanto dagli anelli deboli della catena. Sulla base, poi, della considerazione che la direzione e coordinamento è un’attività intercorrente tra le persone fisiche “interne” al controllo delle società del gruppo, se ne evidenziano le affinità con l’istituto dell’amministrazione di fatto, sia sulla base dell’impostazione di parte della giurisprudenza - di legittimità e di merito – sia sulla scorta di un’analisi comparatistica, attraverso la quale si è potuto notare che le persone fisiche che esercitano l’eterodirezione (cd. “holders”) sono fortemente responsabilizzate tanto negli ordinamenti che non prevedono una specifica disciplina di legge in tema di gruppi societari (ove la responsabilità dei soggetti capogruppo è attribuita ricorrendo alla figura dell’amministratore di fatto) quanto in quelli che la prevedono (come ad esempio in Germania). Si condivide dunque l’impostazione della recente giurisprudenza di merito che ha affermato la responsabilità ex art. 2497, comma 1, c.c. della persona fisica holder a prescindere dalla circostanza che tale soggetto rivesta o meno la qualifica di imprenditore commerciale. E ciò in via del tutto corretta, giacché è opportuno distinguere il piano della fallibilità da quello della responsabilità, non essendo plausibile che la mancata qualificazione “esterno”, giacché le altre forme di tutela apprestate dal nostro ordinamento non si rivelano altrettanto soddisfacenti: né (a) l’affermazione di una responsabilità solidale degli holders ex art. 2497, comma 2, c.c. con la capogruppo, poiché significa imputare la responsabilità ex art. 2497, comma 1, c.c. in capo a quest’ultima anche nel caso in cui l’eterodirezione non sia svolta nel suo interesse; né (b) un’azione di diritto comune basata sull’art. 2043 c.c. poiché, prevedendo il nostro ordinamento una disciplina specifica in tema di gruppi societari, non sembra in particolare condivisibile, sul presupposto che l’attività di direzione e coordinamento sia imputabile anche a una persona fisica, concludere che tale attività, una volta accertata, non determini la correlativa responsabilità, ma una più generica responsabilità da fatto illecito di diritto comune ex art. 2043 c.c.; né, infine, (c) una tutela ex post, cioè un’azione di risarcimento del danno contro le persone fisiche “interne” che abbiano esercitato la direzione unitaria predatoria (ai sensi degli artt. 2393-bis, 2476 o 2395 c.c.), dopo che la capogruppo abbia subìto la condanna ex art. 2497, comma 1, c.c., giacché tali azioni – peraltro “strutturalmente” inadeguate – non solo non sono in grado di evitare ex ante al socio “esterno” della holding un pregiudizio al valore della partecipazione conseguente alla condanna della holding, ma addirittura si rivelano capaci di aggravarlo: infatti, l’esperimento di una delle suddette azioni dopo che la capogruppo è già stata “messa alla gogna” dal giudizio ex art. 2497, commi 1 e 2, c.c., contribuirà a dare alla stessa il colpo di grazia, portando la sfiducia del mercato a un livello non facilmente recuperabile. Inoltre, proprio perché tali azioni sono proponibili solo dopo l’esperimento vittorioso dell’azione giudiziale di responsabilità avverso la capogruppo ex art. 2497, comma 1, c.c., non si può non osservare che una tesi che negasse l’imputabilità della responsabilità da direzione unitaria predatoria in capo all’holder si rivelerebbe non molto rispondente al principio costituzionale di economia dei giudizi, espressione di quello, fondamentale, di ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.). A conclusione del lavoro, si affaccia qualche breve considerazione di carattere processuale, poiché l’ammissione – nelle ipotesi considerate – di una responsabilità esclusiva del soggetto “interno” alla holding in luogo della stessa porta conseguentemente a domandarsi se la capogruppo, chiamata in giudizio ex art. 2497, comma 1, c.c., abbia la possibilità di sottrarsi alla responsabilità da direzione unitaria attraverso la chiamata in causa (ex art. 106 c.p.c.) dei soggetti ad essa “interni” e la richiesta (ex art. 108 c.p.c.) della propria estromissione dal giudizio.
12-nov-2014
Settore IUS/04 - Diritto Commerciale
Università degli studi di Padova
Responsabilità e tutele nell’ambito della direzione e coordinamento di società / G. Fantoni. ((Intervento presentato al convegno La Responsabilità da direzione e coordinamento di società : Seminario di diritto commerciale : 12 novembre tenutosi a Padova nel 2014.
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