This PhD thesis studies the discipline of heterogeneous transformation of entities (corporate as well as non-corporate). Starting from a diachronic path from the Italian discipline, up to the company law reform of 2003, and subsequent interventions, even with a comparative look, trying to develop the idea that the systematic framework of Italian law allows an open vision of 'institution of heterogeneous transformation. Therefore, a given asset with its purpose and its legal form, can change both the legal form that the purpose, with some restrictions to protect the coinvolit interests (members or participants, creditors and third parties). Also practical cases they have been developed including the transformation of G.E.I.E. to trust and vice versa and at the enterprise network committee, as a limited liability company to a sole proprietorship and vice versa, and to a limited liability company committee.

L’esame dell’istituto della trasformazione rende evidente l’evoluzione giuridica della disciplina dovuta alla previsione delle ipotesi eterogenee, introdotte dalla riforma: tra queste, alcune presentano una coerenza sistematica; altre, invece, sono portatrici di un “vento di cambiamento” e ciò, in particolare, con riferimento alla trasformazione da e in comunione di azienda. L’apertura del sistema, desumibile anche solo dal dato letterale, pone all’interprete il compito di valutare se l’istituto abbia carattere statico e quindi preveda casi tassativi, ovvero si configuri a geometria variabile, fornendo la possibilità di “intravedere” ulteriori ipotesi e applicazioni, alcune, per vero, già emerse nel passato, altre da esplorare e approfondire. La sua vis expansiva, potrebbe essere colta già dalla lettura del dato normativo, traguardo di una lunga stagione interpretativa, sia della giurisprudenza che della dottrina. L’obiettivo che si vuole perseguire attraverso la presente ricerca è comprendere la reale portata dell’istituto, valutandone dapprima il carattere aperto o meno, per poi, una volta appurato il suo intrinseco assetto variabile, indagare i suoi ambiti e limiti, per concludere con l’analizzare, cercando di fornire una visione sistematica, alcune macro categorie di forme atipiche e/o innominate di trasformazione eterogenea. Si verificherà se sia possibile estendere questo poliedrico istituto a casi non previsti dalla legge, in modo da giungere a sostenere che un ente, rispettando determinati limiti, possa “indossare la veste giuridico-economica” più appropriata, anche da un punto di vista diacronico evolutivo e/o regressivo, senza doversi sciogliere e liquidare il patrimonio, per poi ricostituirne uno nuovo con il relativo conferimento. Occorre a tal fine tener conto dei diversi interessi coinvolti nell’operazione: la tutela dei soci, anche se dissenzienti, con la previsione di quorum deliberativi (fino all’unanimità); i diritti dei creditori, assistiti dall’azione di opposizione e, anche, dei terzi, per mezzo delle forme (eventualmente anche doppie) di pubblicità negli opportuni registri. La trasformazione verrebbe così a essere delineata e apprezzata come vicenda di modifica delle regole organizzative, che comunque non muta il vincolo di destinazione impresso a un dato patrimonio. Come si avrà modo di vedere, si possono individuare alcuni pilastri giuridici dell’istituto che, a vario titolo, ne costituiscono le fondamenta, tra cui la continuità dei rapporti giuridici, le norme che regolano la decisione di trasformazione, l’opposizione dei creditori e le forme di pubblicità; questi elementi fondanti sono esattamente sovrapponibili con le esigenze di tutela degli interessi coinvolti nell’operazione, ossia quelli dei soci, dei creditori, e dei terzi. Questi profili sono emersi dall’analisi dell’evoluzione normativa, della dottrina e della giurisprudenza che, sinteticamente, sembrerebbe aver percorso il seguente iter. Nel codice di commercio era prevista una sola ipotesi di trasformazione, rectius, era disciplinata una generica variazione della specie societaria (artt. 108 e 158, cod. comm. del 1882). Il codice civile riportava sia nelle norme relative alla trasformazione che in altre disposizioni dello stesso, vicende modificative riferite ai soli tipi societari. La giurisprudenza, nella sua evoluzione, anche sul fondamento di alcune leggi speciali, incominciò ad ammettere ulteriori ipotesi, ponendo come limite dell’operazione l’omogeneità causale. La dottrina si spinse oltre, estendendo l’ambito di applicazione dell’istituto, avendo però cura e, quindi, tracciando come limite, la tutela dei creditori, il cui interesse doveva essere tenuto presente nel mutamento del codice organizzativo quando si volgeva verso enti che offrivano una minore tutela. Sempre gli studiosi della materia, vagliarono ulteriori ipotesi di applicazione, cogliendo l’aspetto della continuità dell’impresa oltre che quello patrimoniale. Il legislatore della riforma, “stravolgendo” l’istituto, introdusse nuovi casi, ampliando la disciplina: alcuni di questi seguivano un percorso logico-diacronico, altri sembravano estranei alla nuova collocazione, come la trasformazione da e in comunione di azienda. Per cercare comunque di cogliere nelle diverse - e così distanti - ipotesi previste un qualche fil rouge, questo potrebbe risiedere nella “continuità”. Sembra proprio che sia la continuità nei rapporti giuridici, colorata dal vincolo impresso al patrimonio, il dato a cui il legislatore sembra aver posto la sua attenzione nel riformulare la norma. La continuità può anche essere interpretata come prosecuzione dell’attività e, quindi, dell’impresa. Si cercherà, in tal caso e spingendosi poco oltre, di verificare se il limite ultimo non sia la continuità dell’attività, ma la “continuità patrimoniale”. Questo significherebbe che un dato patrimonio, come un’universalità, “a un qualche scopo destinato”, possa mutare “veste giuridica”, anche al di fuori dell’ambito di un’attività, senza però scalfirne i vincoli interni ed esterni. Sarebbe quindi il patrimonio nella sua composizione e nei suoi rapporti interni ed esterni a trovarsi al centro dell’istituto: gli elementi dello stesso sarebbero connessi tra di loro in ragione di una funzione che li rende interdipendenti tra di loro proprio al fine di uno scopo, comune e mutevole, che non ogni singola entità ha, ma che nell’insieme hanno tutte, come un unico elemento composito. Quindi sarebbe la “funzionalità patrimoniale” a caratterizzare il fenomeno e al tempo stesso, insieme agli altri limiti, a determinare i confini della fattispecie. In questo percorso, che si proverà a tracciare, emergono chiaramente i diversi interessi in gioco, i quali riguardano i soci, i creditori e i terzi, a cui bisognerà prestare attenzione e tutela ogni volta che si andrà a vagliare un’ipotesi di trasformazione. Proprio dall’esame della disciplina della vicenda modificativa eterogenea, si nota come il legislatore abbia posto l’attenzione su questi aspetti; provando a procedere verso un istituto a carattere aperto, si manterranno proprio queste linee guida, in modo da vagliare e comprendere fin dove l’estensione della normativa possa giungere, arrestandosi nel momento in cui non si riescano più a garantire tutele a questi interessi. Si vuole anticipare, in modo sintetico, che gli argomenti a favore della sussistenza di un sistema a carattere aperto possono individuarsi in diversi profili. Il dato letterale non contiene limitazioni e, oltremodo, prevede casi di trasformazione in diverse fattispecie anche topograficamente lontane nel codice, non racchiudendo in un unico elenco tutte le ipotesi; questi elementi non agevolerebbero la tesi dell’eventuale carattere chiuso e tassativo del sistema. Concorre inoltre a supportare la tesi la ratio di tutela di esigenze di semplificazione e di efficienza degli atti giuridici ed economici, per cui se a un risultato, lecito, si possa giungere “eliminando” alcuni passaggi, non si comprende come questo possa essere vietato, imponendo invece una pluralità di atti. Pertanto, se la trasformazione dall’ente A a B non è prevista, ma sono disciplinate quelle tra A e C e tra C e B, si dovrebbe poter sostenere la piena liceità di una diretta operazione in un unico passaggio (da A a B). Inoltre, la tendenza della stessa evoluzione, nel tempo, dell’istituto e del suo ambito di applicazione, sembrano far propendere per una “vis expansiva” della fattispecie e quindi per un suo intrinseco carattere aperto: si manifestò in principio attraverso una “quasi” previsione normativa, per poi continuare a espandersi, sia per merito e della giurisprudenza e della dottrina, sia per mano del legislatore che nel percorso diacronico è intervenuto. Quest’ultimo, però, non ha compiutamente portato a temine quanto fino a quel momento sostenuto dalla dottrina e ammesso dalla giurisprudenza, con la conseguenza che sussistono ipotesi di trasformazione implicite, della cui legittimità, almeno per alcune, quasi non si discute, mentre ne permangono altre della cui liceità si dibatte. Da ultimo, si osserva l’importanza della necessità di individuare strumenti di tutela per i soci, per i creditori e per i terzi tali per cui lo stesso rimedio può essere anche visto come il limite all’operatività dell’istituto. L’intento di procedere oltre il dato letterale della norma non può sicuramente condurre a una disciplina senza confini; le stesse soluzioni di tutela degli interessi in gioco, già individuate dal legislatore, avranno la duplice funzione e di salvaguardia dei soggetti coinvolti e di limite della vis expansiva della trasformazione. Per chiarezza espositiva si precisa che la riforma ha definito la “trasformazione eterogenea” e, pertanto, si farà riferimento nel proseguo a questo dato, laddove, in precedenza, si consideravano eterogenee le trasformazioni da società di persone in società di capitali e viceversa, come anche le operazioni straordinarie che avessero elementi, sia della fusione, sia della trasformazione.

LE FORME ATIPICHE DI TRASFORMAZIONE ETEROGENEA / G. Varrasi ; tutor: M. Cian ; referente del curriculum: R. Sacchi. DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO, 2017 Jan 02. 28. ciclo, Anno Accademico 2015. [10.13130/varrasi-gabriele_phd2017-01-02].

LE FORME ATIPICHE DI TRASFORMAZIONE ETEROGENEA

G. Varrasi
2017

Abstract

This PhD thesis studies the discipline of heterogeneous transformation of entities (corporate as well as non-corporate). Starting from a diachronic path from the Italian discipline, up to the company law reform of 2003, and subsequent interventions, even with a comparative look, trying to develop the idea that the systematic framework of Italian law allows an open vision of 'institution of heterogeneous transformation. Therefore, a given asset with its purpose and its legal form, can change both the legal form that the purpose, with some restrictions to protect the coinvolit interests (members or participants, creditors and third parties). Also practical cases they have been developed including the transformation of G.E.I.E. to trust and vice versa and at the enterprise network committee, as a limited liability company to a sole proprietorship and vice versa, and to a limited liability company committee.
2-gen-2017
L’esame dell’istituto della trasformazione rende evidente l’evoluzione giuridica della disciplina dovuta alla previsione delle ipotesi eterogenee, introdotte dalla riforma: tra queste, alcune presentano una coerenza sistematica; altre, invece, sono portatrici di un “vento di cambiamento” e ciò, in particolare, con riferimento alla trasformazione da e in comunione di azienda. L’apertura del sistema, desumibile anche solo dal dato letterale, pone all’interprete il compito di valutare se l’istituto abbia carattere statico e quindi preveda casi tassativi, ovvero si configuri a geometria variabile, fornendo la possibilità di “intravedere” ulteriori ipotesi e applicazioni, alcune, per vero, già emerse nel passato, altre da esplorare e approfondire. La sua vis expansiva, potrebbe essere colta già dalla lettura del dato normativo, traguardo di una lunga stagione interpretativa, sia della giurisprudenza che della dottrina. L’obiettivo che si vuole perseguire attraverso la presente ricerca è comprendere la reale portata dell’istituto, valutandone dapprima il carattere aperto o meno, per poi, una volta appurato il suo intrinseco assetto variabile, indagare i suoi ambiti e limiti, per concludere con l’analizzare, cercando di fornire una visione sistematica, alcune macro categorie di forme atipiche e/o innominate di trasformazione eterogenea. Si verificherà se sia possibile estendere questo poliedrico istituto a casi non previsti dalla legge, in modo da giungere a sostenere che un ente, rispettando determinati limiti, possa “indossare la veste giuridico-economica” più appropriata, anche da un punto di vista diacronico evolutivo e/o regressivo, senza doversi sciogliere e liquidare il patrimonio, per poi ricostituirne uno nuovo con il relativo conferimento. Occorre a tal fine tener conto dei diversi interessi coinvolti nell’operazione: la tutela dei soci, anche se dissenzienti, con la previsione di quorum deliberativi (fino all’unanimità); i diritti dei creditori, assistiti dall’azione di opposizione e, anche, dei terzi, per mezzo delle forme (eventualmente anche doppie) di pubblicità negli opportuni registri. La trasformazione verrebbe così a essere delineata e apprezzata come vicenda di modifica delle regole organizzative, che comunque non muta il vincolo di destinazione impresso a un dato patrimonio. Come si avrà modo di vedere, si possono individuare alcuni pilastri giuridici dell’istituto che, a vario titolo, ne costituiscono le fondamenta, tra cui la continuità dei rapporti giuridici, le norme che regolano la decisione di trasformazione, l’opposizione dei creditori e le forme di pubblicità; questi elementi fondanti sono esattamente sovrapponibili con le esigenze di tutela degli interessi coinvolti nell’operazione, ossia quelli dei soci, dei creditori, e dei terzi. Questi profili sono emersi dall’analisi dell’evoluzione normativa, della dottrina e della giurisprudenza che, sinteticamente, sembrerebbe aver percorso il seguente iter. Nel codice di commercio era prevista una sola ipotesi di trasformazione, rectius, era disciplinata una generica variazione della specie societaria (artt. 108 e 158, cod. comm. del 1882). Il codice civile riportava sia nelle norme relative alla trasformazione che in altre disposizioni dello stesso, vicende modificative riferite ai soli tipi societari. La giurisprudenza, nella sua evoluzione, anche sul fondamento di alcune leggi speciali, incominciò ad ammettere ulteriori ipotesi, ponendo come limite dell’operazione l’omogeneità causale. La dottrina si spinse oltre, estendendo l’ambito di applicazione dell’istituto, avendo però cura e, quindi, tracciando come limite, la tutela dei creditori, il cui interesse doveva essere tenuto presente nel mutamento del codice organizzativo quando si volgeva verso enti che offrivano una minore tutela. Sempre gli studiosi della materia, vagliarono ulteriori ipotesi di applicazione, cogliendo l’aspetto della continuità dell’impresa oltre che quello patrimoniale. Il legislatore della riforma, “stravolgendo” l’istituto, introdusse nuovi casi, ampliando la disciplina: alcuni di questi seguivano un percorso logico-diacronico, altri sembravano estranei alla nuova collocazione, come la trasformazione da e in comunione di azienda. Per cercare comunque di cogliere nelle diverse - e così distanti - ipotesi previste un qualche fil rouge, questo potrebbe risiedere nella “continuità”. Sembra proprio che sia la continuità nei rapporti giuridici, colorata dal vincolo impresso al patrimonio, il dato a cui il legislatore sembra aver posto la sua attenzione nel riformulare la norma. La continuità può anche essere interpretata come prosecuzione dell’attività e, quindi, dell’impresa. Si cercherà, in tal caso e spingendosi poco oltre, di verificare se il limite ultimo non sia la continuità dell’attività, ma la “continuità patrimoniale”. Questo significherebbe che un dato patrimonio, come un’universalità, “a un qualche scopo destinato”, possa mutare “veste giuridica”, anche al di fuori dell’ambito di un’attività, senza però scalfirne i vincoli interni ed esterni. Sarebbe quindi il patrimonio nella sua composizione e nei suoi rapporti interni ed esterni a trovarsi al centro dell’istituto: gli elementi dello stesso sarebbero connessi tra di loro in ragione di una funzione che li rende interdipendenti tra di loro proprio al fine di uno scopo, comune e mutevole, che non ogni singola entità ha, ma che nell’insieme hanno tutte, come un unico elemento composito. Quindi sarebbe la “funzionalità patrimoniale” a caratterizzare il fenomeno e al tempo stesso, insieme agli altri limiti, a determinare i confini della fattispecie. In questo percorso, che si proverà a tracciare, emergono chiaramente i diversi interessi in gioco, i quali riguardano i soci, i creditori e i terzi, a cui bisognerà prestare attenzione e tutela ogni volta che si andrà a vagliare un’ipotesi di trasformazione. Proprio dall’esame della disciplina della vicenda modificativa eterogenea, si nota come il legislatore abbia posto l’attenzione su questi aspetti; provando a procedere verso un istituto a carattere aperto, si manterranno proprio queste linee guida, in modo da vagliare e comprendere fin dove l’estensione della normativa possa giungere, arrestandosi nel momento in cui non si riescano più a garantire tutele a questi interessi. Si vuole anticipare, in modo sintetico, che gli argomenti a favore della sussistenza di un sistema a carattere aperto possono individuarsi in diversi profili. Il dato letterale non contiene limitazioni e, oltremodo, prevede casi di trasformazione in diverse fattispecie anche topograficamente lontane nel codice, non racchiudendo in un unico elenco tutte le ipotesi; questi elementi non agevolerebbero la tesi dell’eventuale carattere chiuso e tassativo del sistema. Concorre inoltre a supportare la tesi la ratio di tutela di esigenze di semplificazione e di efficienza degli atti giuridici ed economici, per cui se a un risultato, lecito, si possa giungere “eliminando” alcuni passaggi, non si comprende come questo possa essere vietato, imponendo invece una pluralità di atti. Pertanto, se la trasformazione dall’ente A a B non è prevista, ma sono disciplinate quelle tra A e C e tra C e B, si dovrebbe poter sostenere la piena liceità di una diretta operazione in un unico passaggio (da A a B). Inoltre, la tendenza della stessa evoluzione, nel tempo, dell’istituto e del suo ambito di applicazione, sembrano far propendere per una “vis expansiva” della fattispecie e quindi per un suo intrinseco carattere aperto: si manifestò in principio attraverso una “quasi” previsione normativa, per poi continuare a espandersi, sia per merito e della giurisprudenza e della dottrina, sia per mano del legislatore che nel percorso diacronico è intervenuto. Quest’ultimo, però, non ha compiutamente portato a temine quanto fino a quel momento sostenuto dalla dottrina e ammesso dalla giurisprudenza, con la conseguenza che sussistono ipotesi di trasformazione implicite, della cui legittimità, almeno per alcune, quasi non si discute, mentre ne permangono altre della cui liceità si dibatte. Da ultimo, si osserva l’importanza della necessità di individuare strumenti di tutela per i soci, per i creditori e per i terzi tali per cui lo stesso rimedio può essere anche visto come il limite all’operatività dell’istituto. L’intento di procedere oltre il dato letterale della norma non può sicuramente condurre a una disciplina senza confini; le stesse soluzioni di tutela degli interessi in gioco, già individuate dal legislatore, avranno la duplice funzione e di salvaguardia dei soggetti coinvolti e di limite della vis expansiva della trasformazione. Per chiarezza espositiva si precisa che la riforma ha definito la “trasformazione eterogenea” e, pertanto, si farà riferimento nel proseguo a questo dato, laddove, in precedenza, si consideravano eterogenee le trasformazioni da società di persone in società di capitali e viceversa, come anche le operazioni straordinarie che avessero elementi, sia della fusione, sia della trasformazione.
Settore IUS/04 - Diritto Commerciale
Trasformazione ; eterogenea ; atipica ; atipiche ; trust ; comunione di azienda
SACCHI, ROBERTO
Doctoral Thesis
LE FORME ATIPICHE DI TRASFORMAZIONE ETEROGENEA / G. Varrasi ; tutor: M. Cian ; referente del curriculum: R. Sacchi. DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO, 2017 Jan 02. 28. ciclo, Anno Accademico 2015. [10.13130/varrasi-gabriele_phd2017-01-02].
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
phd_unimi_R10365.pdf

accesso aperto

Tipologia: Tesi di dottorato completa
Dimensione 1.83 MB
Formato Adobe PDF
1.83 MB Adobe PDF Visualizza/Apri
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/465324
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact