La mucosa del tratto intestinale costituisce la più grande superficie del corpo umano in contatto con l’ambiente esterno (200-300 m2). Con la nascita il tubo digerente del feto, fino a quel momento sterile, viene colonizzato dai microrganismi presenti nel tratto vaginale materno e nell’ambiente esterno dando così origine al microbiota intestinale. Nei primi mesi di vita la composizione del microbiota si modifica progressivamente risultando paragonabile a quella dell’adulto alla fine del primo anno di vita. Nel tratto intestinale umano è presente una densità di microrganismi pari a 1011-1012/ml di contenuto luminale, appartenenti a più di 400 specie batteriche differenti. La maggior parte di tali batteri è costituita da anaerobi dei generi Bacteroides, Bifidobacterium, Fusobacterium e Peptostreptococcus (presenti soprattutto nell’intestino crasso), mentre i batteri aerobi e anaerobi facoltativi come Enterobacteriaceae e Lactobacillus sono presenti in minor concentrazione. Sempre più evidenze indicano un ruolo del microbiota intestinale nel favorire e mantenere un buono stato di salute dell’uomo, ad esempio attraverso la difesa verso i patogeni intestinali. Dall’altra parte gli studi scientifici indicano un possibile ruolo patogenetico della disbiosi intestinale, cioè l’alterazione della composizione del microbiota, in diverse malattie sia intestinali sia extraintestinali. Gli studi sui meccanismi di resistenza del microbiota alle infezioni sono stati condotti in vitro e riguardano principalmente i bifidobatteri e i lattobacilli. In particolare i ceppi appartenenti a questi due generi svolgono un’attività antagonistica nei confronti dei patogeni intestinali sia diretta attraverso la propria adesione all’epitelio intestinale e l’inibizione dell’adesione dei batteri patogeni, la produzione di perossido di idrogeno, di acidi, di biosurfattante e di molecole antimicrobiche, sia indiretta, promuovendo lo sviluppo del sistema immunitario e attraverso la sua immunomodulazione. È importante sottolineare come i diversi meccanismi antimicrobici siano ceppo-specifici e non possono essere riferiti ad altri ceppi anche se appartenenti allo stesso genere. Alcuni studi hanno evidenziato una correlazione tra malattia celiachia (MC) e disbiosi intestinale. In particolare nei bambini con MC in fase attiva non in dietoterapia, la concentrazione di batteri Gram negativi è risultata significativamente superiore rispetto al gruppo di controllo. Inoltre i lattobacilli e bifidobatteri sono risultati significativamente meno rappresentati, mentre il gruppo dei Bacteroides-Prevotella e E. coli (batteri potenzialmente pro-infiammatori) sono significativamente più presenti nei bambini con MC non trattata. I soggetti in dietoterapia presentano una composizione del microbiota intermedia tra quelli con MC attiva e i sani, suggerendo quindi che la dieta priva di glutine non è in grado di normalizzare completamente il microbiota. La caratterizzazione delle specie batteriche predominanti nelle biopsie duodenali di bambini con MC ha mostrato una diversa composizione dei generi Bacteroides e Bifidobacterium e del gruppo dei batteri acido lattici. In particolare la variabilità delle specie di Bacteroides è risultata maggiore tra i bambini sani rispetto ai bambini con MC, per cui è possibile ipotizzare che la maggior abbondanza dei Bacteroides nei pazienti con MC mostrata dagli studi citati coinvolga solo un limitato numero di specie il cui effetto risulta quindi amplificato. B. distasonis, B. fragilis/B. thetaiotaomicron, B. uniformis e B. ovatu sono risultati maggiormente rappresentati nel gruppo di controllo, mentre B. dorei è risultato più comune nei bambini con celiachia attiva. Il profilo delle specie di Bacteroides dei pazienti con MC in dietoterapia è risultato più simile a quello dei pazienti con MC attiva piuttosto che a quello dei bambini sani. La dieta priva di glutine non ripristina quindi completamente l’equilibrio tra le specie di Bacteroides. La 58 15 Congresso Nazionale Siaip 2013 variabilità delle specie di Bifidobacterium è risultata maggiore mentre quella dei batteri acido lattici minore nei pazienti con MC rispetto ai controlli. Bifidobacterium adolescentis e Bifidobacterium animalis subsp lactis sono risultati maggiormente prevalenti nei pazienti con MC attiva rispetto ai soggetti in dietoterapia o al gruppo senza MC. Nelle feci dei pazienti pediatrici affetti da MC è stata inoltre riscontrata una minor variabilità delle specie di Enterobacteriaceae, con una maggior prevalenza di E. coli. L’analisi dei 4 gruppi filogenetici di E. coli (A, B1 a cui appartengono i ceppi commensali e B2, D a cui appartengono i ceppi patogeni) ha mostrato come nei bambini sani ci sia una equa distribuzione di tali gruppi mentre nei bambini con MC sia presente uno squilibrio con una maggior prevalenza del gruppo A e, tra i gruppi virulenti, del B2 nei pazienti con malattia in fase attiva e del D nei pazienti in dietoterapia. Infine i ceppi di E. coli dei gruppi virulenti (B2+D) isolati dai pazienti con MC sia con malattia attiva che inattiva, sono risultati portatori di un numero di geni di virulenza più alto rispetto a quello dei soggetti sani. Questi risultati supportano l’ipotesi che la disbiosi intestinale non sia una conseguenza della MC ma piuttosto un fattore patogenetico che contribuisce alla sua piena espressione clinica. Gli studi riguardanti la composizione del microbiota nei pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile (IBS) riguardano principalmente la popolazione adulta e i risultati dimostrano come ci sia una diversa composizione del microbiota in tali pazienti rispetto ai controlli sani, ma non permettono di identificare un pattern specifico. Se si considerano i diversi sottotipi di IBS, definiti secondo i criteri di Roma III, la composizione del microbiota dei soggetti con IBS con alvo diarroico (IBS-D) sembra discostarsi maggiormente da quella dei soggetti sani, mentre quella dei soggetti con alvo stitico (IBS-C) sembra essere più simile. Infine i soggetti con IBS-D sembrano avere una maggior presenza di Streptococci e una diversa composizione di Clostridia. I dati riguardanti la popolazione pediatrica sono limitati; nello studio condotto da Sauliner e coll. il microbioma dei bambini con IBS è risultato caratterizzato da una concentrazione significativamente maggiore di batteri della classe Gammaproteobacteria e dei generi Haemophilus e Dorea (alcuni ceppi sono produttori di ac. formico e sono stati ritrovati con maggior abbondanza in pazienti affetti da colite ulcerosa). Gli Eubacteria e le specie Bacteroides vulgatus sono invece risultati più rappresentati nei bambini sani. Infine nei bambini e adolescenti con IBS-D è stato riscontrato una minor concentrazione di Bifidobacterium e maggiore di Veilonella, Prevotella e Lactobacillus rispetto ai controlli sani. Alcune evidenze mostrano come la disbiosi intestinale sia uno dei fattori patogenetici dell’IBS, in particolare studi animali dimostrano come essa causi un’alterazione della motilità intestinale e della percezione del dolore viscerale attraverso un aumento della sostanza P nel plesso mioenterico e dell’attività mieloperossidasica tissutale. Sempre più dati indicano come nei soggetti con IBS vi sia un’attivazione del sistema immune che determina un basso grado di infiammazione nell’intestino; è stato ipotizzato che la disbiosi intestinale abbia un ruolo nel causare e mantenere l’infiammazione responsabile a sua volta delle disfunzioni intestinali e dei sintomatologia presentata. Infine è stato ipotizzato che la disbiosi intestinale possa avere un ruolo nel determinare i sintomi tipici della IBS (come dolore o discomfort addominale), attraverso l’aumento della produzione di acidi grassi a corta catena quali l’acido acetico e propionico. L’enterocolite necrotizzante del neonato (NEC) è una patologia tipica del pretermine e in particolare del neonato molto piccolo per età gestazionale, in cui si verifica con un’incidenza pari circa il 7-14%. I neonati prematuri mostrano pattern di colonizzazione dell’intestino differenti da quelli del neonato a termine a causa della diversa espressione delle glicoproteine dell’epitelio intestinale immaturo (implicate nell’adesione dei batteri) e a causa di fattori ambientali come il maggior ricorso al taglio cesareo, il maggior impiego di antibiotici ad ampio spettro, la prolungata ospedalizzazione, il ritardo nell’alimentazione enterale. Il microbiota del neonato prematuro è caratterizzato da un minor numero di specie presenti e quelle predominanti includono Enterococci, Enterobacteriaceae, E. coli, Staphylococci, Streptococci, Clostridium e Bacteroides. Tale pattern, simile a quello dei neonati a termine alimentati con latte adattato, si caratterizza nei prematuri per la maggior persistenza delle specie patogene e la più lenta colonizzazione da parte di ceppi benefici come i bifidobatteri. Sempre più Autori sono a favore dell’ipotesi che l’inappropriata colonizzazione dell’intestino del pretermine da parte di ceppi patogeni svolga un ruolo cruciale nello sviluppo della NEC. Negli ultimi decenni alcuni studi hanno supportato il ruolo patogenetico di determinate specie di Clostridia (tra cui Clostridium perfringens, Clostridium butyricum, e Clostridium neonatale), suggerendo che la pneumatosi intestinale che si verifica in corso di NEC sia associata produzione di gas da parte di tali specie. Sono poi stati associati alla NEC altri microrganismi quali Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli, Enterobacter spp, Pseudomonas spp, C. difficile e Staphylococcus epidermidis. Il riscontro di questi batteri anche in neonati sani e la mancanza di conferma di tale associazione da parte di altri studi, suggeriscono che non vi sia un singolo patogeno responsabile della NEC ma che siano coinvolti più microrganismi. Le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) comprendono un gruppo eterogeneo di disordini infiammatori cronici del tratto digestivo e le due principali entità sono rappresentate dalla malattia di Crohn (CD) e dalla Colite Ulcerosa (UC). Sebbene il picco di incidenza si verifichi nei giovani adulti, circa il 25-30% dei pazienti ha una diagnosi in età pediatrica. Sempre più evidenze sostengono un ruolo del microbiota nella patogenesi delle IBD. In particolare nella UC l’infiammazione si sviluppa principalmente nei segmenti intestinali con maggior concentrazione di batteri, il trattamento con antibiotici quali metronidazolo e ciprofloxacina determina un miglioramento dei sintomi nei pazienti affetti da IBD, nei topi germ-free non si sviluppa un quadro di colite, i pazienti affetti da IBD (in particolare quelli con CD) mostrano la presenza di anticorpi sierici diretti contro antigeni batterici come gli oligomannani di Saccharomyces cerevisiae (ASCA), presenti nel 50-60% dei pazienti con CD), le porine C della membrana esterna di Escherichia coli (OmpC), le sequenze I2 di Pseudomonas fluorescens. Relazioni 59 L’ipotesi patogenetica più accreditata è che nei pazienti con IBD vi sia un’alterata risposta infiammatoria e una perdita dei meccanismi di tolleranza verso la flora intestinale residente. Studi recenti, condotti sulla popolazione adulta, hanno mostrato un’alterata composizione e attività del microbiota intestinale nei pazienti affetti da IBD; esso infatti è caratterizzato da una minor concentrazione dei batteri dominanti, da una minor presenza di Firmicutes e Bacteroides (quest’ultimo dato non è stato confermato in alcuni studi) e da un aumento di Proteobacteria e Actinobacteria rispetto ai controlli non-IBD. In particolare la minor abbondanza del phylum Firmicutes, sarebbe causata dalla diminuzione della popolazione dei gruppi di Clostridium IXa e IV, che determina una relativa abbondanza di Enterobacteriaceae. I Clostridium e Bacteroides sono i principali produttori degli acidi grassi a corta catena nel colon umano, e in particolare i clostridi dei gruppi IV e XIVa producono acido butirrico che rappresenta la principale fonte di energia per i colonociti, possiede un’azione inibitoria sull’espressione delle citochine pro-infiammatorie nella mucosa intestinale, induce una maggior produzione di mucine e peptidi antimicrobici e una maggior espressione di tight-junction nell’epitelio intestinale. Una diminuzione dei livelli di butirrato potrebbe quindi essere implicata nell’aumentata risposta infiammatoria caratteristica delle IBD. Faecalibacterium prausnitzii, uno dei membri principali del microbiota intestinale umano appartenente al gruppo di clostridia IV, di cui sono state dimostrate in vitro e in modelli animali proprietà anti-infiammatorie e anti-colite, è risultato meno rappresentato nel microbiota dei pazienti con IBD. Nei pazienti IBD, in particolare in quelli con UC e paucite, è infine stata dimostrata un’aumentata crescita di batteri solfato-riducenti (SRB); tali batteri metabolizzano il solfato ad acido solfidrico, che possiede un’azione tossica sui colonociti, interferisce con l’utilizzo del butirrato e inibisce la fagocitosi e il killing dei batteri.

Malattie intestinali pediatriche: dai meccanismi di resistenza alle infezioni alla patologia / D. Dilillo, E. Galli, G.V. Zuccotti. ((Intervento presentato al 15. convegno SIAIP tenutosi a Napoli nel 2013.

Malattie intestinali pediatriche: dai meccanismi di resistenza alle infezioni alla patologia

G.V. Zuccotti
Ultimo
2013

Abstract

La mucosa del tratto intestinale costituisce la più grande superficie del corpo umano in contatto con l’ambiente esterno (200-300 m2). Con la nascita il tubo digerente del feto, fino a quel momento sterile, viene colonizzato dai microrganismi presenti nel tratto vaginale materno e nell’ambiente esterno dando così origine al microbiota intestinale. Nei primi mesi di vita la composizione del microbiota si modifica progressivamente risultando paragonabile a quella dell’adulto alla fine del primo anno di vita. Nel tratto intestinale umano è presente una densità di microrganismi pari a 1011-1012/ml di contenuto luminale, appartenenti a più di 400 specie batteriche differenti. La maggior parte di tali batteri è costituita da anaerobi dei generi Bacteroides, Bifidobacterium, Fusobacterium e Peptostreptococcus (presenti soprattutto nell’intestino crasso), mentre i batteri aerobi e anaerobi facoltativi come Enterobacteriaceae e Lactobacillus sono presenti in minor concentrazione. Sempre più evidenze indicano un ruolo del microbiota intestinale nel favorire e mantenere un buono stato di salute dell’uomo, ad esempio attraverso la difesa verso i patogeni intestinali. Dall’altra parte gli studi scientifici indicano un possibile ruolo patogenetico della disbiosi intestinale, cioè l’alterazione della composizione del microbiota, in diverse malattie sia intestinali sia extraintestinali. Gli studi sui meccanismi di resistenza del microbiota alle infezioni sono stati condotti in vitro e riguardano principalmente i bifidobatteri e i lattobacilli. In particolare i ceppi appartenenti a questi due generi svolgono un’attività antagonistica nei confronti dei patogeni intestinali sia diretta attraverso la propria adesione all’epitelio intestinale e l’inibizione dell’adesione dei batteri patogeni, la produzione di perossido di idrogeno, di acidi, di biosurfattante e di molecole antimicrobiche, sia indiretta, promuovendo lo sviluppo del sistema immunitario e attraverso la sua immunomodulazione. È importante sottolineare come i diversi meccanismi antimicrobici siano ceppo-specifici e non possono essere riferiti ad altri ceppi anche se appartenenti allo stesso genere. Alcuni studi hanno evidenziato una correlazione tra malattia celiachia (MC) e disbiosi intestinale. In particolare nei bambini con MC in fase attiva non in dietoterapia, la concentrazione di batteri Gram negativi è risultata significativamente superiore rispetto al gruppo di controllo. Inoltre i lattobacilli e bifidobatteri sono risultati significativamente meno rappresentati, mentre il gruppo dei Bacteroides-Prevotella e E. coli (batteri potenzialmente pro-infiammatori) sono significativamente più presenti nei bambini con MC non trattata. I soggetti in dietoterapia presentano una composizione del microbiota intermedia tra quelli con MC attiva e i sani, suggerendo quindi che la dieta priva di glutine non è in grado di normalizzare completamente il microbiota. La caratterizzazione delle specie batteriche predominanti nelle biopsie duodenali di bambini con MC ha mostrato una diversa composizione dei generi Bacteroides e Bifidobacterium e del gruppo dei batteri acido lattici. In particolare la variabilità delle specie di Bacteroides è risultata maggiore tra i bambini sani rispetto ai bambini con MC, per cui è possibile ipotizzare che la maggior abbondanza dei Bacteroides nei pazienti con MC mostrata dagli studi citati coinvolga solo un limitato numero di specie il cui effetto risulta quindi amplificato. B. distasonis, B. fragilis/B. thetaiotaomicron, B. uniformis e B. ovatu sono risultati maggiormente rappresentati nel gruppo di controllo, mentre B. dorei è risultato più comune nei bambini con celiachia attiva. Il profilo delle specie di Bacteroides dei pazienti con MC in dietoterapia è risultato più simile a quello dei pazienti con MC attiva piuttosto che a quello dei bambini sani. La dieta priva di glutine non ripristina quindi completamente l’equilibrio tra le specie di Bacteroides. La 58 15 Congresso Nazionale Siaip 2013 variabilità delle specie di Bifidobacterium è risultata maggiore mentre quella dei batteri acido lattici minore nei pazienti con MC rispetto ai controlli. Bifidobacterium adolescentis e Bifidobacterium animalis subsp lactis sono risultati maggiormente prevalenti nei pazienti con MC attiva rispetto ai soggetti in dietoterapia o al gruppo senza MC. Nelle feci dei pazienti pediatrici affetti da MC è stata inoltre riscontrata una minor variabilità delle specie di Enterobacteriaceae, con una maggior prevalenza di E. coli. L’analisi dei 4 gruppi filogenetici di E. coli (A, B1 a cui appartengono i ceppi commensali e B2, D a cui appartengono i ceppi patogeni) ha mostrato come nei bambini sani ci sia una equa distribuzione di tali gruppi mentre nei bambini con MC sia presente uno squilibrio con una maggior prevalenza del gruppo A e, tra i gruppi virulenti, del B2 nei pazienti con malattia in fase attiva e del D nei pazienti in dietoterapia. Infine i ceppi di E. coli dei gruppi virulenti (B2+D) isolati dai pazienti con MC sia con malattia attiva che inattiva, sono risultati portatori di un numero di geni di virulenza più alto rispetto a quello dei soggetti sani. Questi risultati supportano l’ipotesi che la disbiosi intestinale non sia una conseguenza della MC ma piuttosto un fattore patogenetico che contribuisce alla sua piena espressione clinica. Gli studi riguardanti la composizione del microbiota nei pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile (IBS) riguardano principalmente la popolazione adulta e i risultati dimostrano come ci sia una diversa composizione del microbiota in tali pazienti rispetto ai controlli sani, ma non permettono di identificare un pattern specifico. Se si considerano i diversi sottotipi di IBS, definiti secondo i criteri di Roma III, la composizione del microbiota dei soggetti con IBS con alvo diarroico (IBS-D) sembra discostarsi maggiormente da quella dei soggetti sani, mentre quella dei soggetti con alvo stitico (IBS-C) sembra essere più simile. Infine i soggetti con IBS-D sembrano avere una maggior presenza di Streptococci e una diversa composizione di Clostridia. I dati riguardanti la popolazione pediatrica sono limitati; nello studio condotto da Sauliner e coll. il microbioma dei bambini con IBS è risultato caratterizzato da una concentrazione significativamente maggiore di batteri della classe Gammaproteobacteria e dei generi Haemophilus e Dorea (alcuni ceppi sono produttori di ac. formico e sono stati ritrovati con maggior abbondanza in pazienti affetti da colite ulcerosa). Gli Eubacteria e le specie Bacteroides vulgatus sono invece risultati più rappresentati nei bambini sani. Infine nei bambini e adolescenti con IBS-D è stato riscontrato una minor concentrazione di Bifidobacterium e maggiore di Veilonella, Prevotella e Lactobacillus rispetto ai controlli sani. Alcune evidenze mostrano come la disbiosi intestinale sia uno dei fattori patogenetici dell’IBS, in particolare studi animali dimostrano come essa causi un’alterazione della motilità intestinale e della percezione del dolore viscerale attraverso un aumento della sostanza P nel plesso mioenterico e dell’attività mieloperossidasica tissutale. Sempre più dati indicano come nei soggetti con IBS vi sia un’attivazione del sistema immune che determina un basso grado di infiammazione nell’intestino; è stato ipotizzato che la disbiosi intestinale abbia un ruolo nel causare e mantenere l’infiammazione responsabile a sua volta delle disfunzioni intestinali e dei sintomatologia presentata. Infine è stato ipotizzato che la disbiosi intestinale possa avere un ruolo nel determinare i sintomi tipici della IBS (come dolore o discomfort addominale), attraverso l’aumento della produzione di acidi grassi a corta catena quali l’acido acetico e propionico. L’enterocolite necrotizzante del neonato (NEC) è una patologia tipica del pretermine e in particolare del neonato molto piccolo per età gestazionale, in cui si verifica con un’incidenza pari circa il 7-14%. I neonati prematuri mostrano pattern di colonizzazione dell’intestino differenti da quelli del neonato a termine a causa della diversa espressione delle glicoproteine dell’epitelio intestinale immaturo (implicate nell’adesione dei batteri) e a causa di fattori ambientali come il maggior ricorso al taglio cesareo, il maggior impiego di antibiotici ad ampio spettro, la prolungata ospedalizzazione, il ritardo nell’alimentazione enterale. Il microbiota del neonato prematuro è caratterizzato da un minor numero di specie presenti e quelle predominanti includono Enterococci, Enterobacteriaceae, E. coli, Staphylococci, Streptococci, Clostridium e Bacteroides. Tale pattern, simile a quello dei neonati a termine alimentati con latte adattato, si caratterizza nei prematuri per la maggior persistenza delle specie patogene e la più lenta colonizzazione da parte di ceppi benefici come i bifidobatteri. Sempre più Autori sono a favore dell’ipotesi che l’inappropriata colonizzazione dell’intestino del pretermine da parte di ceppi patogeni svolga un ruolo cruciale nello sviluppo della NEC. Negli ultimi decenni alcuni studi hanno supportato il ruolo patogenetico di determinate specie di Clostridia (tra cui Clostridium perfringens, Clostridium butyricum, e Clostridium neonatale), suggerendo che la pneumatosi intestinale che si verifica in corso di NEC sia associata produzione di gas da parte di tali specie. Sono poi stati associati alla NEC altri microrganismi quali Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli, Enterobacter spp, Pseudomonas spp, C. difficile e Staphylococcus epidermidis. Il riscontro di questi batteri anche in neonati sani e la mancanza di conferma di tale associazione da parte di altri studi, suggeriscono che non vi sia un singolo patogeno responsabile della NEC ma che siano coinvolti più microrganismi. Le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) comprendono un gruppo eterogeneo di disordini infiammatori cronici del tratto digestivo e le due principali entità sono rappresentate dalla malattia di Crohn (CD) e dalla Colite Ulcerosa (UC). Sebbene il picco di incidenza si verifichi nei giovani adulti, circa il 25-30% dei pazienti ha una diagnosi in età pediatrica. Sempre più evidenze sostengono un ruolo del microbiota nella patogenesi delle IBD. In particolare nella UC l’infiammazione si sviluppa principalmente nei segmenti intestinali con maggior concentrazione di batteri, il trattamento con antibiotici quali metronidazolo e ciprofloxacina determina un miglioramento dei sintomi nei pazienti affetti da IBD, nei topi germ-free non si sviluppa un quadro di colite, i pazienti affetti da IBD (in particolare quelli con CD) mostrano la presenza di anticorpi sierici diretti contro antigeni batterici come gli oligomannani di Saccharomyces cerevisiae (ASCA), presenti nel 50-60% dei pazienti con CD), le porine C della membrana esterna di Escherichia coli (OmpC), le sequenze I2 di Pseudomonas fluorescens. Relazioni 59 L’ipotesi patogenetica più accreditata è che nei pazienti con IBD vi sia un’alterata risposta infiammatoria e una perdita dei meccanismi di tolleranza verso la flora intestinale residente. Studi recenti, condotti sulla popolazione adulta, hanno mostrato un’alterata composizione e attività del microbiota intestinale nei pazienti affetti da IBD; esso infatti è caratterizzato da una minor concentrazione dei batteri dominanti, da una minor presenza di Firmicutes e Bacteroides (quest’ultimo dato non è stato confermato in alcuni studi) e da un aumento di Proteobacteria e Actinobacteria rispetto ai controlli non-IBD. In particolare la minor abbondanza del phylum Firmicutes, sarebbe causata dalla diminuzione della popolazione dei gruppi di Clostridium IXa e IV, che determina una relativa abbondanza di Enterobacteriaceae. I Clostridium e Bacteroides sono i principali produttori degli acidi grassi a corta catena nel colon umano, e in particolare i clostridi dei gruppi IV e XIVa producono acido butirrico che rappresenta la principale fonte di energia per i colonociti, possiede un’azione inibitoria sull’espressione delle citochine pro-infiammatorie nella mucosa intestinale, induce una maggior produzione di mucine e peptidi antimicrobici e una maggior espressione di tight-junction nell’epitelio intestinale. Una diminuzione dei livelli di butirrato potrebbe quindi essere implicata nell’aumentata risposta infiammatoria caratteristica delle IBD. Faecalibacterium prausnitzii, uno dei membri principali del microbiota intestinale umano appartenente al gruppo di clostridia IV, di cui sono state dimostrate in vitro e in modelli animali proprietà anti-infiammatorie e anti-colite, è risultato meno rappresentato nel microbiota dei pazienti con IBD. Nei pazienti IBD, in particolare in quelli con UC e paucite, è infine stata dimostrata un’aumentata crescita di batteri solfato-riducenti (SRB); tali batteri metabolizzano il solfato ad acido solfidrico, che possiede un’azione tossica sui colonociti, interferisce con l’utilizzo del butirrato e inibisce la fagocitosi e il killing dei batteri.
giu-2013
Settore MED/38 - Pediatria Generale e Specialistica
Malattie intestinali pediatriche: dai meccanismi di resistenza alle infezioni alla patologia / D. Dilillo, E. Galli, G.V. Zuccotti. ((Intervento presentato al 15. convegno SIAIP tenutosi a Napoli nel 2013.
Conference Object
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/436118
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact